Riecco Dracula, ma stavolta è innamorato

Da mercoledì 29 ottobre esce nelle sale il mito vampiresco riletto da Luc Besson in chiave sentimentale. Una versione travolgente dell’horror intramontabile: 140 le sue rappresentazioni

Elena Grassi
Caleb Landry Jones interpreta Dracula
Caleb Landry Jones interpreta Dracula

«Dracula è una storia d’amore: non c’è niente di più romantico di un uomo in grado di aspettare 400 anni per rivedere l’unica donna che desidera e che gli è stata tolta da Dio. Quando uscì il romanzo di Bram Stoker a fine Ottocento, la gente era affascinata dalla dimensione fantastica e dalla sete di sangue. La tragicità di Dracula e il lato inquietante del personaggio ci sono ancora, ma il film si concentra soprattutto sulla sua relazione con Mina, per la quale è disposto a fare di tutto».

Parola di Luc Besson, che alla Festa del cinema di Roma ha presentato in anteprima la sua versione dell’eterno mito vampiresco, “Dracula: a Love Tale”, in uscita oggi nelle sale italiane con il titolo “Dracula: l’amore perduto”.

Dopo il “Nosferatu” di Robert Eggers, visto a gennaio, e il pastiche autoriale di Radu Jude in concorso al festival di Locarno, quello di Luc Besson è il terzo Dracula cinematografico del 2025, a testimonianza di quanto il conte Vlad continui ad affascinare i cineasti di ogni tempo, raggiungendo le centoquaranta rappresentazioni tra film e serie in tutto il mondo. Se Eggers ha operato un omaggio sentito e filologicamente fedele al “Nosferatu” di Murnau (capolavoro del muto del 1922), e Jude in “Dracula” (tutto girato con l’iPhone) ne ha beffato la leggenda rumena imbevendola di un alto tasso di pornografia (seppur non convenzionale), Besson ci presenta un’interpretazione sentimentale e pop, travolgente sia sul piano emotivo che visivo, anche grazie ad un cast che ingrana la marcia all’unisono, da Caleb Landry Jones, nei panni di Dracula, al due volte premio Oscar Christoph Waltz, il prete cacciatore di vampiri, con il controcanto femminile di Zoe Bleu (figlia di Patricia Arquette, agli esordi), che interpreta Mina, e Matilda De Angelis, l’amica Maria dagli aguzzi canini.

Un dandy pacifista

Transilvania, XV secolo. Il principe Vladimir, dopo la perdita improvvisa della moglie, rinnega Dio, ereditando così una maledizione eterna: diventare un vampiro. Condannato a vagare nei secoli, sfida il destino e la morte stessa, guidato da un’unica speranza: ritrovare l’amore perduto.

E il viaggio di Dracula nel tempo e nello spazio (in questa versione arriva a Parigi) è quasi un pretesto, sia di forma, per manifestare un immaginario barocco più che gotico (dalle contaminazioni pop che alleggeriscono l’austerità dell’iconografia di riferimento), sia di sostanza, per mandare messaggi alla nostra contemporaneità dominata dai conflitti. «La fonte d’ispirazione è stata più la figura del dandy che Nosferatu», continua Besson, «il mio Dracula è un esteta che ama le cose belle, i tessuti in seta, gli anelli, i profumi e i balli, ed è un buono, ovvero il contrario di ciò che ci si aspetta, perché in questo mondo oscuro c’è bisogno di più amore».

Un monito che arriva fin dalla prima scena del film, quando il conte Vlad viene interrotto in un momento d’intimità con la moglie e subitaneamente catapultato sul campo di battaglia, nel nome di un Dio che ripudierà proprio per opporsi alla guerra “santa”.

Gli antecedenti

L’uscita al cinema di “Dracula: l’amore perduto” coincide quindi con la settimana di Halloween, per celebrare sul grande schermo un personaggio emblematico dell’horror, sebbene nella sua trasfigurazione post moderna pacifista e romantica. Il vampiro continua ad appassionare un pubblico di ogni età perché custodisce potentemente l’esperienza estrema dell’umana esistenza nella fusione tra eros e thanatos, simboleggiata dall’atto sensualissimo del bacio sul collo che si trasforma in un morso mortifero, mise en abyme di tutta la cinematografia su Dracula.

Un genere che offre capolavori di grandi maestri della settima arte, dal “Nosferatu, il principe della notte” di Werner Herzog (Leone alla carriera della scorsa Mostra del cinema di Venezia), al “Dracula di Bram Stoker” di Francis Ford Coppola (diretto antecedente della rilettura di Luc Besson), ma anche operazioni più commerciali dettate dallo star system hollywoodiano, come “Intervista col vampiro” con Tom Cruise e Brad Pitt (diretto da Neil Jordan, 1994), e gustosissime parodie, da “Per favore non mordermi sul collo! ” di Roman Polanski (1966), a “Fracchia contro Dracula” con Paolo Villaggio per la regia di Neri Parenti (1985). Scene terrificanti o esilaranti, che continuano a nutrire i nostri sogni, risvegliando dall’inconscio le paure più recondite ma, forse, anche i desideri più segreti.

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