Giuggioli: sguardi sull’amore

L’attore torna sullo schermo in “Suspicious Minds”, la nostra intervista, dagli 883 nella serie Sky a “Billy” di Emilia Mazzacurati: «Il Veneto mi attira»

Marco Contino
Un frame del film “Suspicious Minds” di Emiliano Corapi
Un frame del film “Suspicious Minds” di Emiliano Corapi

Ha esordito al cinema con Francesca Archibugi (Gli sdraiati) nel 2017; è stato il figlio di Stefano Accorsi, giudice integerrimo, nella serie Vostro Onore; ha interpretato da protagonista Billy, film di esordio di Emilia Mazzacurati, una ballata al chiaro di luna ambientata tra Padova e provincia. Ha prestato il volto (e il corpo ballerino) per diventare Mauro Repetto degli 883 in una delle serie più viste e amate di questo autunno (Hanno ucciso l’Uomo Ragno di cui è già stata annunciata la seconda stagione). E ora è al cinema con Suspicious Minds di Emiliano Corapi, in un ruolo più ombroso ed enigmatico. Matteo Oscar Giuggioli è uno degli attori del momento e, insieme al regista che lo ha diretto in questo film-saggio sulla fedeltà di coppia, sarà a Padova, al Cinema MultiAstra, il 12 dicembre 20.30 per incontrare il pubblico.

Quasi un ritorno alle origini dopo i giorni trascorsi a Padova sul set di “Billy”. Giuggioli, rivedrà la sua regista Emilia Mazzacurati?

«Non lo so se ci incroceremo, ma Billy è stata una esperienza bellissima, dolcissima. Con Emilia si è instaurato, prima di tutto, un rapporto umano. Prima di girare con lei, mi sono visto tutti i film di suo padre Carlo, per provare a capirla di più. Poi Emilia ha fatto il suo film, molto personale e con un cast meraviglioso: da Carla Signoris, ad Alessandro Gassmann a Giuseppe Battiston. Oltre tutto in luoghi che ho amato molto perché sono affezionato al Veneto: una terra che mi ha sempre attirato».

Molti dei film di cui è stato protagonista sono diretti da donne. Un caso?

«È vero, è un dato di fatto. Forse sono uno dei pochi che può vantarlo: Archibugi, Mazzoleni, Mazzacurati, Buy. Sarà che sono cresciuto solo con donne, fatta eccezione per la presenza in casa di mio nonno. Evidentemente c’è una maggiore affinità, un linguaggio diverso che mi attrae. Alle volte, con registi uomini, posso entrare in competizione. Mi sento più a mio agio con le autrici. È un po’ come essere a casa».

In “Suspicious Minds” interpreta Daniele, un ragazzo innamoratissimo della propria compagna: una relazione piena di passione che entra in crisi quando la coppia “si specchia” in un’altra più matura e navigata. Che personaggio è Daniele e quanto è stato difficile entrarvi?

«È complesso. All’inizio avevo sbagliato strada perché gli davo torto e giudicare il personaggio che interpreti è uno degli errori più gravi che si possa commettere. Poi, lettura dopo lettura e confrontandomi con il regista, ho cambiato prospettiva. Con Amanda Campana, la mia fidanzata nel film, abbiamo legato molto e lavorato intensamente. La sequenza della litigata ha richiesto moltissimi ciak, tra pianti e urla durati otto ore. Questo modo di girare tira fuori il meglio di me: più sono stanco e sotto pressione, più sono soddisfatto della mia recitazione».

Nel film si riflette sulla fedeltà. Che rapporto ha con questo valore?

«Credo che la fedeltà sia necessaria per la vita di un rapporto. Vorrei poter dire di essere di mentalità più aperta ma penso di non essere così sicuro di me stesso per affermarlo. Poi, proprio adesso che sono fidanzato e innamorato, la fedeltà è importante. Ma non solo in amore, anche nelle amicizie».

A proposito, la serie “Hanno ucciso l’Uomo Ragno” è, prima che la storia degli 883, un inno all’amicizia. Ora che è riconosciuto da tutti, come è cambiata la sua vita?

«Gli amici, quelli storici, sono fondamentali nella mia vita, anche perché hanno compensato il mio essere figlio unico. Con alcuni ho un legame che è nato in prima elementare e dura, forte, ancora oggi. I conti con il successo non li faccio proprio. Non mi imbarazza il fatto di essere riconosciuto di più: mi diverte molto e posso dire che, in fondo, non è cambiato nulla. Ecco, ho sicuramente una agenda più fitta».

Anche il teatro è una sua grande passione: di recente ha riportato sul palco «Destinatario sconosciuto», ancora una storia di amicizia all’alba dell’Olocausto.

«Vengo dal teatro, è la mia casa e, negli anni, è stato un percorso quasi terapeutico perché sul palco stanchi il corpo e ho bisogno di questa componente fisica. La recitazione parte da lì: ho frequentato un master di tre mesi a Bristol, la scuola dove hanno studiato Olivia Colman e Daniel Day-Lewis. È la mia radice, di questo spettacolo vado particolarmente fiero. Mi piacerebbe portarlo in tournée, un’esperienza che mi manca. Sono giovane e voglio sperimentare ancora». Il 31 dicembre compirà 24 anni. Ha qualche desiderio?

«Vorrei continuare ad avere tanti impegni, a lavorare e studiare. Come regalo, vorrei avere la concentrazione per fare tutto e bene: in fondo sono molto secchione e mi impegnerò al massimo».

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