Il David di Donatello delle donne con il ciclone Pupi Avati
La 70esima edizione del premio è stata quella delle prime volte da Maura Delpero (prima donna regista a ricevere la preziosa statuetta) a Margherita Vicario. Il vero fuori programma è andato in scena con Avati che non ha risparmiato nessuno. Per il Berlinguer di Segre il premio a Elio Germano come miglior attore

È stato il David di Donatello delle donne e delle prime volte. Ma anche di bacchettate politiche e appelli pacifisti.
La 70esima edizione dei premi dell’Accademia del Cinema Italiano si è presa “il tempo che ci vuole” (come il titolo del film di Francesca Comencini, uno dei più belli dell’anno, colpevolmente snobbato …), trascinandosi per quasi 4 ore. Tra infiniti speech di ringraziamento, David speciali (a Tornatore e a Ornella Muti, che non c’era), intrattenimento musicale (Cocciante “scocciato” che ricomincia da capo la propria esibizione, infastidito da un problema tecnico) e ospiti internazionali (da Timothée Chalamet, profondamente connesso all’Italia, a Luca Guadagnino e anche a Francesco Totti, fino al trionfatore degli Oscar, Sean Baker con il suo “Anora”), la serata si fa notte e l’attesa, stanchezza.
La prima volta di Delpero
Maura Delpero entra nella storia per essere la prima donna a vincere il David di Donatello come miglior regista e il suo “Vermiglio” (già Gran Premio della Giuria a Venezia nel 2024), conquista altri 6 premi (su 14 candidature): miglior film, produzione, sceneggiatura originale (ancora Delpero), fotografia, suono e casting (categoria introdotta per la prima volta quest’anno).

Ma è anche la serata della cantautrice Margherita Vicario che, al suo debutto dietro la macchina da presa con “Gloria!” (ispirato alle orfane del Pio Ospedale della Pietà di Venezia, ma girato principalmente in Friuli), vince 3 David come miglior regista esordiente, autrice e interprete della canzone “Aria!” e compositrice della colonna sonora.
Il Berlinguer di Segre
Andrea Segre e la sua squadra di padovani (Roberto Citran candidato come miglior attore non protagonista, Francesco Bonsembiante alla produzione e Marco Pettenello alla scrittura) devono accontentarsi solo di due David per “Berlinguer. La grande ambizione” (su 15 nomination; ma “Parthenope” di Paolo Sorrentino, con lo stesso numero di candidature, esce a mani vuote): quello per il montaggio (un emozionato Jacopo Quadri) ma, soprattutto, quello al miglior attore Elio Germano che, nel ricevere il premio per la sua interpretazione dello storico segretario del PCI, ha parlato di dignità, la stessa che un palestinese dovrebbe avere rispetto a un israeliano.

L’argine politico è rotto e il grido di dolore per le guerre che stanno infiammando il mondo entrano nei discorsi di altri vincitori: dalla giornalista Francesca Mannocchi per il suo doc. “Lirica Ucraina” alla stessa Maura Delpero che ricorda l’antimilitarismo del suo film.
Il fuoriprogramma di Pupi Avati
Ma il vero fuori programma arriva da Pupi Avati, salito sul palco per ritirare il David alla carriere. L’86enne regista emiliano (nelle prossime settimane a Jesolo per girare il suo nuovo film) è un fiume in piena. Prima rimprovera Piera Detassis (Presidente dell’Accademia) per il riconoscimento un po’ tardivo.

Poi, si rivolge a Lucia Borgonzoni (Sottosegretaria alla Cultura) seduta in platea, invitandola ad investire di più nel cinema italiano (al di là degli specchietti per le allodole dei biglietti scontati in estate) che - ammonisce - è tutt’altro che opulento come la serata dei David vorrebbe far credere ma, anzi, annaspa nella endemica carenza di fondi. E non sarà solo Avati a rivolgersi alla senatrice per chiedere maggiori investimenti e più attenzione alla cultura.
L’arte della gioia
Tornando alla cerimonia, “L’arte della gioia” chiude il cerchio vincente la femminile: la serie tv diretta da Valeria Golino, sbarcata anche al cinema, sdogana il prodotto seriale ai David, vincendone tre: miglior attrice protagonista (Tecla Insolia), non protagonista (una sempre ironica Valeria Bruni Tedeschi che scherza sulle sue rughe) e sceneggiatura non originale.

Un premio, quest’ultimo, che suggella la riscoperta della grande scrittrice siciliana Goliarda Sapienza che, in un suggestivo cortocircuito, sarà interpretata proprio da Valeria Golino nel film “Fuori” di Mario Martone, unica opera italiana in concorso a Cannes tra qualche giorno.
C’è ancora tempo per consegnare a “Le Déluge” di Gianluca Jodice 4 (su 4 nomination) David “tecnici” (trucco, acconciature, costumi e scenografie) e a “Napoli-New York di Gabriele Salvatores il David Giovani e quello per gli effetti speciali.

A questo punto, la prima statuetta (quella conquistata da Francesco Di Leva per “Familia” come miglior attore non protagonista) consegnata a inizio serata sembra, ormai, appartenere a un altro tempo. E quando, finalmente, l’inedita coppia di presentatori - una emozionata Elena Sofia Ricci e Mika (adorabile, ma con gli occhi perennemente sgranati sul gobbo) – tira un sospiro di sollievo per la fine dei giochi, è quasi notte fonde e la magia della sala del Teatro 5 di Cinecittà, che fu il regno di Fellini, è già evaporata da un po’.
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