Ad Asiago una mostra sulla lana, una tradizione per ripercorrere il filo della storia
In esposizione al Museo “Le carceri” 238 reperti, 26 prestatori pubblici e privati, un percorso di dieci sezioni

Da sempre esiste uno stretto legame fra la città di Padova e l’altopiano dei Sette Comuni, sancito tra l’altro dall’appartenenza dell’agrocoro vicentino alla diocesi patavina; ma un filo (nel senso letterale del termine) ancora più antico collega quei monti alla città del Santo: la pastorizia e la lavorazione della lana; lo stesso filo che collegava l’antica Altino ai pascoli d’altura del Cansiglio e dei monti feltrini.
A questa complessa interazione fra la montagna e i due centri della pianura, e fra il passato e il presente di questa attività, è dedicata la mostra “Lanam fecit. L’economia della lana sul filo della storia”, aperta fino al 22 giugno al Museo “Le carceri” di Asiago nei weekend, con visite guidate su prenotazione per i gruppi anche durante la settimana.
La mostra
La mostra - promossa congiuntamente dal Comune di Asiago e dal Dipartimento Beni Culturali dell’Università di Padova e curata da Maria Stella Busana e da Michela Mario Rodeghiero (allestimento studio Busellato) – è inserita dalla Regione Veneto nel programma Grandi Eventi, in quanto collegata all’anniversario del primo trattato di alleanza tra Veneti e Romani, nel 225 a.C..
Tre le Soprintendenze coinvolte (Veneto, Friuli ed Emilia-Romagna), 26 i prestatori pubblici e privati dei 238 reperti in esposizione, suddivisi nelle dieci sezioni in cui si snoda il percorso espositivo, a partire dalla grande mappa del territorio che illustra le vie della transumanza e i luoghi della lavorazione della lana.

«La prima sezione è focalizzata – spiegano le curatrici – sulla vocazione del territorio per l’allevamento ovino e sullo sforzo dell’uomo nel selezionare le specie e nel gestire le greggi per ottenere lana più abbondante e di migliore qualità».
Si consideri che di razze di pecore ce ne sono oltre 1400, e che i reperti fossili ritrovati hanno mostrato nel corso dei secoli una crescita quasi costante nella corporatura degli ovini, passati dai 59-63 cm di altezza in epoca pre-romana agli 82-90 di oggi.
Le cinque sezioni successive della mostra sono incentrate sull’antichità, e sono dedicate alla produzione e alla lavorazione della lana, ai primi tessuti (che fino al 4mila a.C. erano solo di fibre vegetali), ai luoghi del lavoro nel Veneto pre-romano e romano (Padova e Altino erano rinomate per le loro lane in tutto l’Impero), al ruolo delle donne e alla connotazione simbolica legata a questa attività.
Il percorso prosegue quindi cronologicamente fino all’era medievale e moderna, quando Padova vide addirittura la nascita di una corporazione denominata Università della Lana, approfondisce le vicende che videro i Sette Comuni altopianesi opporsi fieramente alle spinte centripete di Vicenza, racconta la difficile vita dei pastori nelle terre alte e lo sviluppo della maggior impresa laniera italiana a Schio, ad opera della famiglia Rossi, originaria dell’altopiano.
L’ultima sezione, con gli arazzi di Renata Bonfanti e Cristina Busnelli, illustra le prospettive contemporanee dell’attività, mentre una serie di conferenze ne sta approfondendo alcuni aspetti specifici. I temi della mostra sono sviluppati nei 15 saggi di cui si compone il catalogo edito da Ronzani (pp. 292, € 26), con un esaustivo apparato fotografico e documentale relativo agli oggetti esposti. —
Riproduzione riservata © il Nord Est