Tra arresti e ricorsi, in Italia è caos cannabis light: cosa sta succedendo
Arresti, ricorsi, scarcerazioni: il dl sicurezza ha provocato il caos nella filiera della canapa industriale. L’avvocato Simonetti: «Un ordigno normativo, ma il nodo resta l’efficacia drogante»

Una filiera nel caos. Da qualche mese le aziende che producono canapa industriale vivono nella paura e nell’incertezza. Il Dl sicurezza emanato dal governo, e convertito in legge le scorso giugno, infatti, di fatto ha reso illegale la lavorazione, la distribuzione e il commercio delle infiorescenze della canapa (la cannabis sativa). Dopo quasi dieci anni dalla legge 242/2016, che di fatto dava il via libera alla nascita del settore, il lavoro di decine di imprenditori sembra essere diventato, di colpo, fuori dalla legge.
Negli ultimi giorni, su tutto il territorio nazionale, si sono verificati diversi episodi di imprenditori arrestati proprio a causa di questa modifica legislativa, il cui obiettivo, come specificato dal governo, è quello di «evitare che l’assunzione di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa attraverso alterazioni dello stato psicofisico del soggetto assuntore, comportamenti che espongano a rischio la sicurezza o l’incolumità pubblica ovvero la sicurezza stradale».
Le sentenze dei giudici
Sembra tutto chiaro, insomma. In realtà non è così. Nelle ultime settimane la maggior parte dei giudici che si sono trovati a decidere sul tema, hanno emanato sentenze che vanno nella direzione opposta: la produzione e la vendita della cannabis sativa continuano a essere legali. Contrordine, dunque. Gli stessi imprenditori che arrestati qualche giorno prima dalla forza pubblica, spesso, sono stati rimandati a casa dopo poche ore con tante scuse.
Ma perché questo caos? «Si tratta di un problema linguistico, ma in realtà dal punto di vista giuridico non è cambiato nulla, spiega l’avvocato Lorenzo Simonetti, titolare dell’omonimo studio legale, tra i massimi esperti in Italia sul tema. “Il governo ha voluto espressamente inserire la parola “divieto” nel provvedimento e questa ha portato a un’interpretazione più restrittiva, ma il nodo chiave resta quello dell’efficacia drogante: se manca quest’ultima, la legge consente di continuare a produrre e commercializzare la cannabis sativa».
In altre parole, per essere illegali le infiorescenze di canapa devono essere in grado di alterare lo stato psicofisico di un individuo. Il dato scientifico resta dunque l’elemento chiave, ma il problema nasce dai narcotest che vengono effettuati dalle forze dell’ordine, che si limitano a rilevare o meno la presenza di cannabinoidi, senza quantificare il valore del Thc.
«Un ordigno normativo»
Il decreto sicurezza, poi divenuto legge, insomma, ha provocato quello che, secondo l’avvocato Simonetti, si può definire un “ordigno normativo”. «Con questa modifica, si va a esaltare un indirizzo restrittivo che determina tante incomprensioni . Molti imprenditori a causa di questa nuova norma sono stati costretti a cambiare il tipo di produzione, licenziare dipendenti, e in alcuni casi, delocalizzare verso altri Paesi europei.
Per questo, con il mio studio legale abbiamo citato lo Stato per danni, crediamo che limiti la libera circolazione del prodotto agricolo e che si tratti, dunque, di una palese violazione degli articoli 34 e 36 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. In parallelo, ho depositato una questione di legittimità costituzionale dell’articolo 18 che, spero, porti i suoi effetti», conclude Simonetti.
Cosa dice l’Europa
Mentre in Italia si fa strada la via proibizionista, decisamente diverso l’indirizzo indicato dall’Europa. Lo scorso luglio, la Commissione Agricoltura del Parlamento dell’Ue ha adottato un testo che invita la Commissione a stilare una definizione univoca di canapa legale. Circa un mese fa, la stessa Commissione Agricoltura ha votato emendamenti che riconoscono la piena legalità di ogni componente della pianta, compresi fiori e foglie, purché provenienti da varietà certificate a basso contenuto di Thc.
I due legislatori, insomma, vanno in direzioni opposte. E nel frattempo che qualcuno si chiarisca le idee, un settore che conta in Italia circa 3 mila aziende e 15 mila lavoratori non sa se stia operando all’interno o all’esterno della legge.
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