Calderoli: «La montagna vive con lavoro e servizi, non costruendo fontane»
Il ministro difende la sua legge per le Terre alte da chi giudica insufficienti i finanziamenti: «Le nostre misure contrastano lo spopolamento»

La Giornata Internazionale della Montagna sarà celebrata l’11 dicembre a Belluno e il 12 a Cortina. Il Ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli arriverà con la Legge della Montagna, fresca di varo parlamentare. «Ora le risorse ci sono, l’importante è spenderle efficacemente, senza sprechi, Perché non sempre questo avviene», sottolinea il membro del Governo Meloni nella nostra intervista.
Ministro, nel passato la Giornata internazionale della Montagna veniva festeggiata al Quirinale. Perché lei ha deciso di portarla sulle terre alte?
«La montagna è la sua naturale destinazione. Il primo anno siamo stati ad Edolo dove ha sede Unimont, l’università della montagna che ha avuto il merito di realizzare la prima, straordinaria ricognizione sulle terre alte pubblicata in un volume: il Libro Bianco della Montagna. L’anno dopo siamo andati in Abruzzo, a Scanno e Villalago, due realtà che rappresentavano un po’ l’obiettivo della nostra Legge sulla montagna, allora allo studio, cioè paesi piccoli che hanno un po’ di turismo, ma dove prevale il disagio dei collegamenti, della mancanza di servizi. L’anno scorso siamo stati in Piemonte, alle Frabose Soprana e Sottana. Quest’anno veniamo in Veneto. Abbiamo scelto Belluno, perché è una delle tre province interamente montane, ma anche perché ci sono le Olimpiadi e quindi mi sembrava obbligatorio fare una giornata a Belluno e una a Cortina. E qui abbiamo trovato l’importante aiuto da parte del Collegio dei Maestri di sci, che ringrazio».
Sarà la prima Giornata Internazionale dopo il varo, recente, della nuova Legge della Montagna, una riforma attesa da 31 anni. Qual è la priorità che il Governo e il Parlamento le affidano?
«Il primo obiettivo è contrastare lo spopolamento e favorire il ritorno di chi se n’è andato. E quindi abbiamo individuato delle priorità da perseguire: i servizi essenziali per cui uno può vivere o non vivere in un certo posto. A partire dalla sanità, perché se uno non ha la possibilità di avere un medico, di essere assistito, di avere le medicine, è chiaro che inizia a pensarci su due volte se rimanere o meno. Abbiamo fatto un raddoppio del punteggio ai fini concorsuali per i medici e di tutto il personale sanitario. Abbiamo aumentato l’indennità, quindi guadagneranno di più, e nel caso di acquisto o di affitto della casa, avranno pure degli sgravi fiscali».
Analogo problema si pone per le scuole, gli insegnanti.
«Concordo. Infatti abbiamo previsto l’aumento del punteggio anche per quelli che vanno a insegnare in montagna, insieme a deducibilità e vantaggi fiscali per l’affitto o l’acquisto della casa. Ci siamo messi d’accordo col Miur per le università di montagna. Quella di Edolo, ad esempio, forma laureati, anche stranieri, che trovano subito lavoro».
Cosa fare per evitare che le scuole si chiudano per mancanza di bambini?
«Abbiamo portato a 10 il numero minimo degli alunni. E abbiamo introdotto forme sperimentali di asilo nido, anche a livello familiare oppure comunitario, per rispondere anche a queste esigenze sempre più frequenti».
Tra i servizi essenziali c’è la copertura internet.
«Interveniamo, infatti, per la banda larga. Nei paesi ci si arriva attraverso la fibra ottica oppure un sistema satellitare. La copertura è essenziale per scuola, famiglia, telelavoro, telemedicina e tante altre esigenze».
Il bonus bebè sarà unico?
«No. Il bonus bebè va a sommarsi al bonus nazionale».
Ci sono sempre più persone interessate a ritornare in montagna con il telelavoro.
«Abbiamo messo a disposizione ben 18 milioni e mezzo per quanti, sotto i 40 anni, vogliano fare il telelavoro. E per le giovani start up abbiamo destinato 20 milioni. Previsti anche 5 milioni per l’agricoltura di montagna, che è sempre più difficile. Insomma, sono davvero tante le risposte che la nuova legge garantisce contro lo spopolamento. Anche per le professioni, la tutela dei pascoli, il registro dei terreni silenti, gli alberi monumentali, la disciplina della caccia, la tutela dei rifugi. Una norma ad hoc c’è anche per l’uso delle strade forestali: prima avevamo tanto turismo con le bike, però i proprietari chiudevano le strade perché dovevano rispondere nel caso di un incidente. Adesso, chi va in montagna senza essere equipaggiato si assume anche la propria responsabilità».
Oggi il problema sociale più avvertito è quello della casa, che manca. Eppure in provincia ne abbiamo una su due che è chiusa.
«I 16 milioni della legge destinati ai giovani che vogliono ristrutturare a me sembra che siano un buon primo incentivo. Vanno a sommarsi a tutti gli altri benefici che ci sono, quindi è uno stimolo in più per il recupero di queste case».
C’è chi sostiene che il Fondo Fosmit da 200 milioni è insufficiente. E che bisognerebbe raddoppiarlo. Cosa risponde?
«Costoro dovrebbero ricordare che nel 2021 c’erano 6 milioni. Nel 2022 (anno di insediamento del governo Meloni, ndr) sono diventati 100 milioni. Dal 2023 sono saliti fino a ben 200 milioni all’anno. Quindi, dal nostro arrivo ad oggi, siamo vicini a 700 milioni messi a disposizione per la montagna. Detto questo, anch’io vorrei che ci fossero ulteriori risorse, ma intanto invito a spendere bene quelli disponibili».
Perché non sempre avviene?
«Questa legge ha il grande merito di aver fatto il riconoscimento dei Comuni montani. Visto che l’Italia ha il 35% del territorio montano, non si comprende perché il 55% dei comuni accedessero ai fondi della montagna. Ad esempio, in virtù di criteri molto discutibili, sono considerate montane città come Roma, Bologna e Palermo. Io invece ho voluto concentrarmi sulle realtà davvero montane, anche perché destinare i fondi della montagna a un paese che arriva al mare… anche no, grazie».
Scusi se insisto, lei riscontra situazioni in cui i soldi per la montagna non vengono spesi efficacemente?
«Io sono stanco di vedere la seconda o la terza fontana in uno stesso paese. Io voglio un qualcosa di strutturale dai Fondi per le terre alte, perché non è che la gente mi torni in montagna perché ho fatto la fontana. Ci torna se gli do il medico, la famiglia, l’istruzione, il lavoro. E su questo io ho puntato. Vorrei ricordare, tra l’altro, che Belluno, come altre Province, beneficiano dei Fondi di confine, con Trento e Bolzano, e con Il Friuli. E a chi mi ha chiesto una quota fissa più alta per ciascun Comune, ho obiettato: è inutile che mi facciate la quarta fontana, voglio progetti strutturali. A cominciare dalle infrastrutture necessarie per ripopolare la montagna. Basta finanziare la festa di paese o i fuochi d’artificio con questi Fondi, i cittadini hanno giustamente bisogno di altro».
Non è il caso di riordinare questi flussi di denaro?
«Esatto. E proprio per questo c’è un articolo della legge della montagna che attribuisce la delega al governo del riordino di tutti i fondi che sono destinati alle zone montane. Noi stiamo facendo il censimento di questi rivoli, che per lo più sono sconosciuti, per capire quanti soldi vengono dati effettivamente e soprattutto che fine fanno. Non voglio vedere cattedrali nel deserto, com’è successo ad esempio in Piemonte con i villaggi olimpici abbandonati e che nessuno riesce più a utilizzare. Il concetto che forse dovrebbe entrare in testa è che si tratta di soldi pubblici. Non sono i soldi di nessuno ma sono i soldi nostri, di tutti i cittadini, e quindi vanno spesi nell’interesse di tutti i cittadini. E non è che basta che ci siano, per cui posso anche sprecarli, ma devo sempre spenderli con ragionevolezza».
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