In Croazia quasi 80 mila firme contro i maschi ultracattolici

Cresce l’opposizione al fenomeno degli “inginocchiati” e dei loro raduni pubblici di preghiera per soli uomini: per i sottoscrittori della petizione è un simbolo del patriarcato

Stefano Giantin
Una delle sedute pubbliche di preghiera
Una delle sedute pubbliche di preghiera

Innocui raduni di preghiera. Oppure il simbolo di un sistema maschilista e patriarcale che non deve più trovare spazio, in un Paese dove sono stati tanti, troppi, i femminicidi, sostengono decine di migliaia di cittadine e cittadini. Sono le due campane che risuonano e fanno discutere la Croazia, dove è tornato prepotentemente d’attualità il fenomeno dei cosiddetti “klečavaci”, letteralmente gli “inginocchiati”.

Così vengono definiti con un certo spregio i maschi legati al movimento ultracattolico “Muževni budite” (“Comportatevi da uomini”, un richiamo alla Prima lettera di Paolo ai Corinzi) che, da tre anni, porta in piazza in tutto il Paese un numero crescente di maschi di tutte le età.

A far che? Ogni primo sabato del mese, gli adepti – esclusivamente uomini – si ritrovano in sedute pubbliche di preghiera in piazze centralissime come la Trg Jelačić, il cuore di Zagabria, a sgranare il rosario, spesso portando con sé bandiere e drappi con invocazioni alla Madonna. Poi, genuflessi, iniziano a pregare, con le invocazioni trasmesse attraverso altoparlanti. Invocazioni dietro cui si nasconde un movimento ultraconservatore, dalle posizioni politiche sicuramente controverse.

I maschi ultracattolici croati, negli anni passati, hanno infatti espresso la loro contrarietà al diritto all’aborto, auspicato che le donne si vestano in maniera non provocante e si oppongono al sesso prematrimoniale. Rigettano tuttavia con forza le accuse di essere nostalgici del regime ustascia – «siamo apolitici» – e di essere contro le donne – «noi preghiamo per essere migliori uomini, mariti e padri», assicurano.

Ma in Croazia un numero crescente di persone guarda con sempre maggior insofferenza alla testimonianza ostentata dei klečavaci. E sono ormai quasi 80 mila i croati che hanno sottoscritto una petizione, già presentata in Parlamento, per chiedere che le preghiere pubbliche per soli maschi vengano vietate, «in nome delle diciotto donne uccise nel 2025», il titolo dell’istanza, iniziativa dell’attivista e femminista Sanja Sarnavka.

La petizione – nata dopo l’ennesimo femminicidio di una ragazza di 22 anni a Fiume e dopo l’omicidio di una donna incinta e il ferimento di sua sorella – suggerisce un collegamento diretto tra le violenze sulle donne e il sistema patriarcale che viene, più o meno indirettamente, propagandato dai maschi in preghiera. Le donne vengono ammazzate mentre quegli uomini, «protetti dalla polizia e dal loro servizio d’ordine», nelle piazze si augurano che «le donne siano sottomesse ai maschi, umili e silenziose», arringa la petizione.

Preghiere, si legge sempre nel testo, che in realtà sarebbero «un incoraggiamento alle donne a non denunciare le violenze, a rimanere in relazioni tossiche che alla fine portano alla morte», ma anche una «violazione della Costituzione che definisce l’uguaglianza tra i sessi come uno dei valori più alti».

La raccolta di firme, una volta raggiunta quota 60 mila, è stata consegnata al governo, alla Consulta e alla commissione parlamentare per l’uguaglianza di genere. Nel frattempo, le polemiche infiammano. Gli “inginocchiati”, attraverso “Muževni budite”, hanno presentato denuncia contro Sarnavka per «incitamento all’odio» e violazione del «diritto di assemblea e la libertà di religione». Sulle barricate, a fianco degli “inginocchiati”, anche Ivan Penava, leader del Movimento patriottico, al governo, che ha bollato la petizione come espressione di «totalitarismo», suggerendo che sarebbe meglio invece spostare iniziative come il Gay Pride «nelle foreste, per non irritare la maggioranza dei croati».

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