Plitvice, in attesa di riuso la villa di Tito costruita dai prigionieri di Goli Otok

Saccheggiato e oggi in rovina, l’immobile è stato ceduto da Zagabria all’ente pubblico che gestisce il parco nazionale
Mauro Manzin
L'edificio situato nell’area di Plitvice
L'edificio situato nell’area di Plitvice

Immaginate una situazione in cui si ha a disposizione una destinazione di incredibile richiamo per i turisti, ma per le circostanze storiche della fine del Novecento (leggi Guerra patria in Croazia) è ritenuta politicamente “inadatta”. È il caso di Villa Izvor sui Laghi di Plitvice, che in tempi passati si chiamava Object 99, ma è meglio conosciuta come Villa di Tito. Questo è in realtà il suo problema più grande: è associata all'odiato nome del defunto leader dell’ex Jugoslavia, e in termini di turismo risulta impossibile valorizzarla in altro modo.

Dal 1948 al 1953, l'edificio fu costruito da migliaia di prigionieri a mani nude, 99 dei quali morirono durante la costruzione, e prese così il suo nome crudele. Erano per lo più prigionieri di Lepoglava e prigionieri politici del campo di detenzione di Goli otok. La villa per anni nell’allora Jugoslavia è stata usata come luogo di relax per l'élite politica e militare jugoslava. Durante la costruzione accanto alla villa fu edificato un vero e proprio campo di prigionia. Durante la Guerra di Patria, durante l'occupazione, e soprattutto dopo la liberazione di quella zona, l’edificio fu saccheggiato. Per più di 20 anni la Croazia non ha saputo cosa farsene, poi l’immobile quattro anni fa è stato consegnato all'ente pubblico che gestisce il parco nazionale più visitato in quel Paese, i Laghi di Plitvice. L’ente ha in programma di trasformare l'immobile in un centro scientifico che si occuperà dello studio del carsismo e dei cambiamenti climatici. Un progetto che però al momento sembra ancora allo stato di abbozzo.

In origine la funzione di Villa Izvor era quella di essere una sorta di ritiro in un luogo paradisiaco per Tito e i suoi amici. Sulla villa numerosi sono gli aneddoti che sono nel tempo diventati leggende. Si dice anche che Tito abbia fatto alcuni viaggi a Plitvice per incontrare le sue amanti. E quando Tito non c'era, la villa era custodita da fedeli compagni quali Jakov Blažević, Edvard Kardelj, Vladimir Bakarić, Aleksandar Ranković e generali dell’Armata popolare jugoslava, tutti entusiasti di Plitvice. La gente del posto sapeva quando era in corso una grande festa o quando stavano arrivando ospiti più importanti: lo capiva nel vedere arrivare pullman con vetri oscurati e personale in servizio per l’occasione, dai cuochi e camerieri, ai gruppi musicali. La milizia e le guardie erano intanto appostate dietro ogni albero assieme ai cani pastore tedesco della polizia che controllavano ogni cespuglio. Inoltre si dice che Tito amasse particolarmente i cani, amava giocare con i cani poliziotto. La villa è circondata da un bosco secolare di faggi e conifere, situato sopra la Grande cascata di Plitvice.

In quasi tre decenni comunque risulta che Tito abbia visitato la villa solo cinque volte. Il resto del tempo l’immobile serviva da luogo di riposo per i migliori compagni di partito. Per ragioni di sicurezza è stato scavato nella pietra viva un tunnel sotterraneo di 80 metri che dalla villa porta nel cuore della foresta. I camerieri e gli chef più anziani degli hotel di Plitvice hanno testimoniato che Tito sarebbe arrivato nell’edificio per riposarsi e divertirsi, e non per prendere decisioni chiave. Ci sono dieci uffici al pianoterra della residenza. La villa, dotata di impianto di riscaldamento centralizzato chiuso con due locali caldaia, era alimentata dall'elettricità proveniente da una sorgente fluviale in un profondo canyon sotto la villa. L'acqua era azionata da una pompa alimentata da una centrale idroelettrica privata.

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