Negoziati di adesione all’Europa: Serbia al bivio sul nodo Kosovo

Il Consiglio pronto a inserire nel nuovo capitolo il tema del riconoscimento di Pristina da parte della Serbia

Stefano Giantin
il presidente serbo aleksandar Vučic
il presidente serbo aleksandar Vučic

BELGRADO Ha un nome strano, in serbo “Poglavlje 35”, capitolo 35. Ma si legge arma finale. È quella che potrebbe – ma è arduo oggi solo immaginarlo – costringere Belgrado a compiere un doloroso passo di “normalizzazione” nei rapporti con Pristina, un riconoscimento de facto o esplicito. Oppure allontanare definitivamente la Serbia dalla Ue. Il capitolo 35, quello dei negoziati d’adesione all’Ue, è tema sempre più caldo sull’asse tra Belgrado e Bruxelles. È il capitolo intitolato «altre questioni», nel quale il prossimo Consiglio europeo potrebbe inserire, chiedendo alla Commissione una decisione senza indugi, l’obbligo per la Serbia di rispettare alla lettera i cosiddetti accordi di Ocrida e loro allegati, concordati verbalmente – ma non firmati – dal presidente serbo Aleksandar Vučić e dal premier kosovaro Albin Kurti la scorsa primavera e pensati da Berlino e Parigi per tradursi in una pace di fatto tra i due nemici, sul modello delle due Germanie.

Gli accordi, ricordiamo, sulla carta dovrebbero spianare la strada al riconoscimento reciproco tra Belgrado e Pristina, vincolando le parti a sviluppare «normali relazioni di buon vicinato», a riconoscere «documenti e simboli nazionali, passaporti compresi», a rispettare «la rispettiva integrità territoriale». E la Serbia dovrebbe «non obiettare all’ingresso del Kosovo in alcuna organizzazione internazionale», Ue e Onu incluse.

Ora, con alta probabilità, hanno sostenuto media regionali ben informati, l’Ue va verso l’inserimento di Ocrida nel capitolo 35 dedicato alla Serbia, di fatto legando il rispetto dell’intesa – e la risoluzione del nodo Kosovo – all’adesione di Belgrado alla Ue. È quanto si leggerebbe in una «bozza delle conclusioni» del prossimo Consiglio europeo, ha assicurato ad esempio la televisione N1, aggiungendo che nel testo - ancora non pubblico - si menziona anche il gennaio 2024 come data per concretizzare l’intento europeo. Secondo i media regionali, l’ufficialità dovrebbe arrivare la settimana prossima, probabilmente dopo un nuovo vertice Ue-Balcani occidentali, atteso il 13 dicembre. Anche Radio Europa Libera, solitamente ben informata, ha confermato che l’Ue farà il gran passo «con urgenza» e che entro gennaio le modifiche al capitolo negoziale 35 saranno «recepite» ed entreranno in vigore.

Per scoprire se le anticipazioni sono reali bisognerà dunque aspettare, ma tanti segnali indicano che la Ue si è stancata di attendere. Le avvalorano, tra l’altro, le dure parole di Vučić, che ha da una parte ammesso di essere a conoscenza delle voci che circolano sul capitolo 35, ma di aver tenuto a ribadire che la Serbia (dove peraltro le elezioni sono in programma il 17 dicembre) non ha intenzione di scendere a compromessi, anche se ciò significasse l’abbandono delle velleità di ingresso nell’Unione. Se si vuol costringere Belgrado alla passiva «accettazione» del Kosovo «nelle Nazioni Unite, non se ne parla», ha detto Vučić, svelando in un’intervista al magazine Nin di averlo ripetuto di recente anche a «francesi, tedeschi, italiani, a tutti gli europei e agli americani». Se però la Ue andrà avanti, sarà allora chiaro a tutti che Bruxelles non vuole Belgrado nei suoi ranghi, ha suggerito, assicurando però di «non pensare» che l’Ue userà questi “mezzi”.

Moltissimi altri, nei Balcani e oltre, la pensano diversamente. «Non c’è dubbio» che l’accordo di Ocrida e annex «diventeranno parte del capitolo 35», anche se naturalmente «va visto come si formulerà» l’inserimento della clausola, ha assicurato ieri il politologo Stefan Surlić, ricordando che già oggi il testo richiama l’assoluta necessità del dialogo. Ma se si dovesse andare oltre, l’Ue rischia veramente di perdere la Serbia.

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