Migranti, la rotta balcanica al contrario: «Respinti dalla Croazia alla Bosnia»
Trasportati in pullman fino al campo di Lipa, scortati da agenti. Zagabria: intesa fra i due Paesi, riammissioni regolari

ZAGABRIA Ospiti sgraditi, da rintracciare e spedire con maniere spicce oltre il limes Ue, in quei Balcani ancora fuori dal club europeo che conta e che tanti temono essere destinati a trasformarsi nei mesi a venire in “parcheggio” per chi, nell’Europa più ricca, è persona non grata. Presenze scomode, profughi e migranti in fuga da fame e guerre o in cerca di un futuro migliore, che stanno tornando prepotentemente d’attualità sull’asse tra Croazia e Bosnia-Erzegovina. Asse che è stato scosso da misteriosi trasferimenti di massa di stranieri da parte della polizia di Zagabria: migranti trasportati su autobus con scorte di agenti croati e consegnati direttamente alle autorità bosniache, che li hanno poi condotti in centri profughi, in testa quello di Lipa. Un centro quest’ultimo finanziato da Bruxelles, con l’Ue che ha più volte vantato l’opportunità di avere una struttura di accoglienza temporanea moderna, nel cuore dei Balcani, ora utilissima per parcheggiare i nuovi arrivati.
Per ora se ne sa pochissimo. Negli ultimi giorni di marzo due convogli hanno trasferito oltre 170 migranti dalla Croazia alla Bosnia. E potrebbe essere solo l’inizio, dato che «abbiamo informazioni» che parlano di «oltre 400» stranieri che giungeranno a Lipa, ha svelato a Radio Europa Libera Mustafa Ruznić, presidente del locale Cantone bosniaco, che ha aggiunto di pensare «che ciò non vada bene». «Chi lo ha permesso», si è chiesto Ruznić, aggiungendo di aver chiesto lumi alle autorità a Sarajevo, mentre i media locali hanno denunciato l’approssimarsi di una «nuova crisi» migratoria nella zona, questa volta non a causa di flussi irregolari da sud, via Rotta balcanica, ma per respingimenti da nord, dalla Croazia.
È tutto regolare, ha assicurato in seguito Zagabria, spiegando che «dopo sei anni» la Bosnia-Erzegovina ha semplicemente «cominciato ad applicare un’intesa per la riammissione» nel Paese balcanico «di persone che avevano attraversato illegalmente la frontiera» bosniaco-croata.
Ma la versione non convince chi ancora, sul campo, cerca di dare una mano ai migranti. Innanzitutto il Border Violence Monitoring Network, che si è detto «estremamente preoccupato», stigmatizzando la «nuova pratica allarmante» da parte della polizia croata che starebbe «intercettando, detenendo e deportando in massa» migranti irregolari in Bosnia. Sulle barricate anche gli attivisti di No Name Kitchen, che hanno aiutato e sfamato migliaia e migliaia di profughi nei Balcani negli anni passati: hanno postato sui social un documento rilasciato ai migranti espulsi dalla Croazia, in cui Zagabria chiede allo straniero di coprire «le spese sostenute» dallo Stato per la sua detenzione in Croazia e l’espulsione in Bosnia sui mezzi della polizia, qualcosa come 600 euro per 18 giorni d’alloggio e 147 per il trasporto. Le riammissioni collettive «sono illegittime», ha fatto eco anche la rete Rivolti ai Balcani, mentre il Centro per gli studi sulla pace (Cms) di Zagabria ha ricordato che, se i migranti avevano espresso intenzione di chiedere asilo in Croazia, le espulsioni sono da considerare illegali.
Espulsioni e respingimenti tra Croazia e Bosnia sono solo la punta dell’iceberg, mentre anche Lubiana ha promesso maggiori controlli di polizia e si lavora ancora al progetto di pattuglie miste italo-slovene-croate. Secondo una Ong belga, infatti, nel 2022 sarebbero stati oltre 200mila i respingimenti irregolari ai confini esterni Ue, dei quali oltre la metà tra Ungheria e Serbia, 26mila tra Grecia e Turchia. E “solo” 4mila tra Croazia e Bosnia, ma sarebbe, per la Ong, «solo una frazione del numero reale».
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