Il presidente Michel al forum di Bled: “Ampliamento dell’Ue ai Balcani entro il 2030”

BLED. Finalmente una scadenza per quello che rimane un processo storico, ma estremamente accidentato e lungo, l’allargamento dell’Unione europea ai Balcani. Allargamento che potrebbe finalmente concretizzarsi, se tutte le condizioni – anche quelle più dolorose – saranno soddisfatte, entro il 2030.
È questo il messaggio-promessa che dal Forum strategico di Bled, in Slovenia, ha lanciato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, intervenuto a quello che è l’appuntamento annuale del Gotha della politica europea e balcanica, in terra slovena. Il Forum è stato “utilizzato” da Michel - confermando in questo modo le voci che circolavano da tempo in merito - per fornire una data più certa in merito all’integrazione dei Balcani occidentali nella Unione, un passo più volte caldeggiato in particolare proprio dal padrone di casa del Forum, ossia il primo ministro sloveno Robert Golob.

Quest’anno il passo è stato fatto, con Michel che, in un discorso volutamente pomposo proprio per dare maggior risalto alle sue parole, ha assicurato che sia l’Unione europea sia i Balcani ancora fuori dal club dovranno farsi «trovare pronti» per la nuova fase di allargamento nel giro di sei anni e mezzo, «entro il 2030» appunto. Si tratta di un termine «ambizioso», ma è oggi «necessario» gettare il cuore oltre l’ostacolo. L’Ue infatti non vive più in tempi di pace e progresso, ma da anni «affronta crisi senza precedenti», dal Covid ai cambiamenti climatici, fino alla guerra in Ucraina e alla crisi dell’energia, definita da Michel «un missile di Putin» lanciato contro il Vecchio continente. E in questo quadro lasciare fuori dall’Europa che conta la “isola” balcanica, da anni circondata da Paesi membri, ma forse anche Ucraina, Moldova e Georgia sarebbe una scelta scellerata, lasciando queste nazioni, sinceramente europeiste, alla mercé degli appetiti di potenze straniere.
L’allargamento dunque «non è più un sogno» o una chimera, ma «è ora di andare avanti, anche se non sarà facile; dobbiamo però parlare di tempistiche», ha ribadito Michel a Bled. «Siamo di fronte a scelte da fare, dobbiamo diventare più potenti» sullo scenario globale e anche per questo «dobbiamo fare i conti con la sfida dell’allargamento», ha aggiunto.
E non sarebbero parole vuote, questa volta. L’ex premier belga ha infatti svelato alla platea di Bled di voler premere sull’acceleratore dell’inserimento nel prossimo bilancio a lungo termine della Ue di «obiettivi comuni», leggi che prendano in considerazione il futuro allargamento ed estendano già anche prima benefici economici ai Paesi balcanici, in testa in settori come energia e infrastrutture. Ma quell’essere pronti entro il 2030 evocato da Michel avrà un costo. Per i Paesi balcanici, in particolare, che dovranno accelerare sulle riforme, sul «rispetto dello stato di diritto, delle minoranze», sul rafforzamento «del sistema giudiziario indipendente». E soprattutto sulla riconciliazione. «Non c'è cooperazione senza riconciliazione, e devo dirlo chiaramente: non c'è spazio per i conflitti del passato all'interno dell'Ue», ha rimarcato il leader europeo guardando alla prima fila del Forum, dove stavano seduti i premier dei Balcani ancora fuori dall’Ue e di quelli già entrati nel club. Il riferimento sarà stato sicuramente colto dai leader di Serbia e Kosovo, rappresentati a Bled dalla premier Ana Brnabić e dal primo ministro Albin Kurti, Paesi che continuano a guardarsi in cagnesco e non riescono a risolvere atavici problemi.
Ma l’eco del discorso di Michel sarà risuonato ieri anche a Parigi. In Francia il presidente Emmanuel Macron ha ribadito invece la sua idea di una Ue «a più velocità», ha rimarcato la necessità di riformare l’Unione prima di procedere a ulteriori allargamenti e ha sottolineato che se il blocco fa fatica a prendere decisioni «a 27». Figurarsi se dovesse salire fino «a 32 membri o a 35»
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