A Sarajevo un monumento per Bosko e Amina, i due fidanzati diventati simbolo dell’assedio

I giovani, lui serbo, lei musulmana, vennero uccisi dai cecchini nel 1993 sul ponte Vrbanja

Stefano Giantin
La tomba di Bosko e Admira a Sarajevo
La tomba di Bosko e Admira a Sarajevo

SARAJEVO Un monumento per onorare chi perse tragicamente la vita per mano di assassini ancora ignoti e non è mai stato dimenticato. È la via che prenderà Sarajevo per commemorare Bosko Brkić e Admira Ismić, due fra i simboli più tragici dell’assedio della città, durato 44 mesi, almeno 12 mila le vittime. Fra questi, anche Bosko e Admira, lui serbo, lei musulmana, una delle tante coppie miste che, fino alla guerra, vivevano tranquillamente in Bosnia.

I due giovani si erano conosciuti nel 1984, quando tutti gli occhi del mondo erano puntati su Sarajevo, città ospite delle Olimpiadi invernali, uno degli ultimi momenti felici della Jugoslavia ormai in fase calante, già fiaccata dalla crisi economica, politica e sociale che culminò poi con le guerre degli Anni Novanta e la dissoluzione del Paese.

I due giovani, coetanei, nati entrambi nel 1968 e tutti e due di Sarajevo, dopo quel primo bacio, nel Capodanno del 1984, vissero insieme. E, in un mondo completamente stravolto, nel maggio del 1993, ad assedio già iniziato, tentarono di lasciare la loro città attraversando il ponte Vrbanja. Non ci riuscirono, abbattuti dai cecchini. Il primo a cadere fu Bosko, mentre Amira, ferita, riuscì a raggiungere l’amato e poi spirò vicino a lui, dopo quindici minuti di sofferenza. E i loro corpi rimasero sul ponte, uno accanto all’altro, nella zona di nessuno, per giorni, prima che qualcuno potesse recuperarli e dare loro sepoltura.

Bosko e Admira sarebbero stati forse solo una delle tante storie drammatiche nella Sarajevo assediata, ma divennero il simbolo della tragedia attraverso le foto di Mark Milstein e gli articoli del Washington Post, che fecero il giro del mondo, mentre assediati e assedianti si scambiavano accuse reciproche su chi avesse premuto il grilletto e ammazzato i due ragazzi, subito battezzati dalla stampa internazionale i “Romeo e Giulietta di Sarajevo”. Fu questo un accostamento rigettato dalla madre di Bosko, che preferiva definire il figlio e la sua amata solo «simboli di pace», perché la loro unione non era mai stata avversata dalle famiglie.

Trent’anni dopo l’assassinio, saranno degnamente ricordati dalla città con una lapide, un progetto approvato dai familiari di Admira, disegnata dal celebre scultore bosniaco Adis Lukac. «Con questo atto», che dovrebbe essere finalizzato a settembre, «correggiamo una grande ingiustizia, una storia che ha fatto il giro del mondo avrà il suo posto permanente dove fu tragicamente compiuta», ha spiegato l’anima dell’iniziativa, il politico Srdjan Mandić.

Sulla lapide, ci saranno anche le parole di “Bosko e Admira”, commovente canzone degli Zabranjeno Pusenje, uno dei gruppi rock più celebri in Jugoslavia e poi nei Balcani. Che a chi la ascolta ancor oggi ricorda che «altro che Romeo e Giulietta, nessuno si era mai amato tanto» come Bosko e Admira e «nessuno lo farà più, finché l’acqua della Miljacka scorrerà» nel cuore di Sarajevo. 

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