Vince il reshoring, l’impresa ritorna a casa. E il Mediterraneo è al centro dei traffici

Le analisi del centro studi Srm-Intesa Sanpaolo e di Confindustria sulle rotte dello shipping mondiale. Porto di Trieste in primo piano

Piercarlo Fiumanò
Il porto vecchio di Trieste
Il porto vecchio di Trieste

Il ritorno a casa delle produzioni delle nostre imprese, favorito dall’accorciamento delle catene della logistica globale, può favorire un’espansione dei traffici nei porti del Mediterraneo. Secondo una recente analisi di Srm–Centro Studi collegato a Intesa Sanpaolo, l’Italia si piazza al secondo posto in Europa per casi di reshoring: «Il mercato domestico e il Mediterraneo tornano a essere una fonte di traino della crescita economica. Il 43% delle imprese hanno già fatto rientro dal Far East». Secondo il report nei porti del Mediterraneo c’è un altro fattore competitivo nelle zone economiche speciali: dove sono presenti il traffico container è cresciuto in media dell’8,4% e l’export del 4% annualmente. Non a caso il nostro Paese produce il 16% del valore aggiunto prodotto dall’economia marittima in Europa. Tuttavia lo scenariomacroeconomico è tornato difficile: nei prossimi anni la crescita della flotta container mondiale è destinata a rallentare con la frenata dell'economia globale (+0,2% nel 2024 contro una crescita media del 3,7% negli ultimi 10 anni).

Il valore delle zone economiche

Le Zes (Zone economiche speciali, cui il Pnrr assegna 630 milioni di euro a progetti logistico-portuali e di connessione ferroviaria, per il Srm sono la chiave di volta per consolidare i collegamenti tra i porti e le nuove zone industriali. Come ha sottolineato Massimo Deandreis, direttore generale del centro studi collegato a Intesa, «le zone economiche speciali (Zes) incentivano gli insediamenti produttivi». Trieste, dopo il riconoscimento da parte dello Stato della zona franca, ha già una marcia in più.

Il reshoring

Il report di Srm, presentato a un convegno di Unioncamere sulle infrastrutture, valorizza ancora una volta il ruolo centrale di Trieste (e Capodistria e Fiume) sulla scacchiera dei nuovi traffici. Il reshoring, il rientro in patria delle produzioni all'estero è diventato il nuovo processo provocato dalla guerra, dallo shock energetico, e dalla stretta sui tassi mondiale anti-inflazione. Una tendenza che investe il Nordest e questa regione. Come ha detto di recente al Sole Zeno D'Agostino, numero uno dell'Autorità di sistema portuale di Trieste e presidente di Espo (European sea ports organization), l'associazione che raggruppa i porti dell'Ue, uno degli effetti del reshoring, del nearshoring e soprattutto del dual sourcing (la redistribuzione della catena produttiva), sarà che «entro dieci anni la Cina non avrà più il ruolo centrale che oggi ricopre oggi. E per l'Europa acquisiranno sempre più importanza Paesi come la Turchia». Oltre al reshoring, fenomeno indotto dall’esplosione dei costi della logistica, nel report di Srm si analizzano altri fattori competitivi per l’Italia grazie alla ritrovata centralità del Mediterraneo: «Il Paese può essere favorito da catene della logistica più corte (supply chain). Inoltre le zone economiche speciali (Zes) come Trieste incentivano gli insediamenti produttivi». Un altro fattore competitivo sono i porti italiani «sempre più hub energetici» lungo la filiera della blue economy che per il nostro Paese vale 51,2 miliardi.

Gli scenari dei traffici

Secondo un'indagine del Centro studi Confindustria, presentata al primo summit organizzato da Lef, l'esperienza di Competence center nato oltre dieci anni fa da una iniziativa congiunta di Mc Kinsey e Confindustria Alto Adriatico, su un campione di 762 imprese nel periodo giugno 2021-febbraio 2022 (prima della guerra) quasi la metà di quelle con produzioni all'estero, nel complesso il 16% del panel, ha già riorientato le produzioni verso l'Italia o intende farlo entro 2-5 anni.

Come sottolinea un altro studio presentato di recente (“Processi di reshoring nella manifattura italiana”) realizzato dal Politecnico di Milano in collaborazione con Alsea (Associazione Lombardia Spedizionieri e Autotrasportatori), dopo il Veneto, la regione italiana maggiormente esposta al fenomeno, è proprio il Friuli Venezia Giulia che si colloca al settimo posto con sette rilocalizzazioni già avvenute. Come ha sottolineato Deandreis nei prossimi anni la crescita della flotta container mondiale è destinata a rallentare con la frenata dell'economia globale (+0,2% nel 2024 contro una crescita media del 3,7% negli ultimi 10 anni).

Le super-container

Nel frattempo le nuove portacontainer sono sempre più giganti in uno scenario di traffici in diminuzione a causa dei venti di recessione. Secondo Srm il commercio globale quest’anno crescerà solo dell’1,5% nonostante la pressione sulle catene di approvvigionamento globale siano rallentate a dicembre e la recrudescenza della pandemia in Cina (dopo l’allentamento delle misure di restrizione) sta provocando nuovi ritardi e congestione nei porti: «Nell’ultimo decennio il contributo degli scambi commerciali al Pil mondiale è diminuito progressivamente». L’integrazione verticale della logistica accelera la spinta alle concentrazioni degli operatori. 

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