Top 500 imprese a Treviso, crescere con il territorio

Folla d'imprenditori alla presentazione il 2 febbraio del dossier della Tribuna di Treviso con Pwc

TREVISO. «Il fatturato delle prime 500 aziende della Marca, 31,7 miliardi, con un +8,3% sull’anno precedente, supera quello di tutto il Friuli Venezia Giulia e quello di Padova e Venezia». L’applauso scrosciante all’auditorium Appiani accoglie l’introduzione del quarto dossier «Top 500», curato da Ca’ Foscari e Pwc per La tribuna di Treviso. E nello scatto spontaneo all’esordio di Moreno Mancin, docente di Ca’ Foscari, e Nicola Anzivino, partner di Pwc, c’è tutto l’orgoglio degli imprenditori trevigiani.

Un riconoscimento che lancia le imprese di Marca nel futuro: il duro guado di una crisi lunga è alle spalle. Gli utili e la marginalità (Ebitda 2,7 miliardi; Roa +8,6%), mentre cala l’indebitamento, a riscontro di una maggiore capitalizzazione l’aumento degli investimenti, sono più di un viatico. E’ la piattaforma su cui gli imprenditori vogliono creare nuovo sviluppo e occupazione, una crescita nell’era 2.0 che ricalchi modelli antichi (Appiani, a fine 800) e più recenti (dai ’70 ai ’90).

I dati molto positivi del 2015 - ma attenzione, le Pmi hanno pagato la stretta del credito più delle grandi imprese; e chi andava bene migliora, chi fra i piccoli stentava segna il passo – sono un’onda continuata nel 2016. Ci sono 4 indicatori ancora in crescita: produzione, occupazione, export, ordinativi. E gli esperti si sono già sbilanciati: sarà un altro anno di salute.

All’orizzonte un 2017 di aperture, movimenti, innovazione. La vocazione all’export nei mercati dove il Pil cresce quattro volte rispetto all’Italia dovrà sposarsi con l’automazione e la robotica del 4.0; l’attenzione alle risorse umane sarà la chiave per attirare i talenti cui domani affidare le imprese se i figli del paron non sapranno reggere la sfida. Ma si dovrà anche aprire il capitale, allearsi, stringere joint venture. La congiuntura global non premia, al di là dei settori traino, il piccolo che non in nova. Tira ancora, invece, la produzione dei macchinari pesanti.

E nel futuro non a caso si proietta, Maria Cristina Piovesana, presidente di Unindustria Treviso, quando anticipa il patto generazionale per l’occupazione giovanile, per non dover parlare di «una generazione perduta». Nella «consapevolezza prudente» della performance collettiva esaltata da Top 500, annuncia iniziative e idee alla Marca tutta.

«Una comunità, se è in grado di offrire lavoro e futuro ai giovani, non è degna di questo nome». Chiede responsabilità ai sindacati, soprattutto alla Fiom (con il contratto alla firma), ricorda il modello avanzato trevigiano di contrattazione che nel 2011 fu un riferimento per l’Italia; assicura «piena e leale collaborazione» alle istituzioni, ma chiede anche flessibilità e «superamento» di «regole superate, di garanzie e tutele che diventano abusi», citando i caso del docente rientrato per un giorno e censurato dalla preside di Padova.

E si impegna anche sul risanamento del territorio ferito («recuperare riqualificare e convertire»: addio capannoni vuoti?), apre all’ecologia. Suggestioni «verdi» non casuali, se spunteranno le piste ciclabili evocate da Fausto Pinarello, il tempo libero con Alberto Zanatta (Tecnica), il benessere degli integratori di Walter Bertin, il food and beverage di Fabrizio Zanetti (Hausbrandt 1892).

In un contesto che dovrà esaltare e tutelare le imprese più sane e innovative, come ha spiegato il prefetto nel suo saluto. Laura Lega ha omaggiato la «straordinaria capacità e il grande dinamismo dell’economia trevigiana», e ribadito come «legalità e sicurezza siano fattore economico, di competitività», perché assicurano «regole, trasparenza e correttezza al mercato».

E ha auspicato che «le aziende siano driver sociali, facendo ricadere direttamente i loro ottimi risultati su comunità e territorio in termini di occupazione e benessere». Prefetture, Anac e Stato sono al servizio delle imprese con le white list e rating di legalità.

All’uscita, nel cuore della cittadella di Botta nata laddove c’era il cuore della Appiani, aleggiava il modello di Graziano Appiani. Evocato e omaggiato in apertura dell’incontro da Paolo Possamai, direttore di Tribuna di Treviso, Mattino di Padova, Nuova Venezia e Corriere delle Alpi: arrivò a Treviso poco dopo i 20 anni, senza un soldo, ma con un brevetto per la cottura dei laterizi. Nordestino litteram, ma capace di pensare a una città nella città che chiamerà Eden, di dare lavoro e case, welfare, e di portare in città i telefoni e il tram. Un modello, e una sfida da raccogliere, 150 anni dopo, in un mondo globale e digitalizzato.

Treviso è pronta.

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