Tessuti, vini, bibite: ecco il Nordest che si rinventa

Si fa strada l'innovazione tra Veneto e Friuli Venezia Giulia: tra fare impresa, arte e vivere non c'è più confine. Nel territorio tutti gli esempi di chi va forte grazie a nuovi prodotti e processi

C’era una volta il trainante Nordest. La spina dorsale d’Italia, locomotiva economica di un Paese che cresceva a ritmi incessanti guardando con fiducia e ottimismo al futuro. Un Nordest che affondava le radici nella miriade di piccole e medie imprese nate e moltiplicatesi negli anni facendo leva su quello spirito industriale tipico del Settentrione dove, alla sicurezza del pubblico, si è quasi sempre preferito il gusto, e pure il rischio, del fare impresa. Un asse che univa l’estremo Ovest del Veneto, con un occhio sempre rivolto all’industriale Lombardia, al Friuli Venezia Giulia orientale, adagiato sulla Jugoslavia e capace di intercettare gli scellini austriaci e i marchi tedeschi. Ma anche un Nordest che, anno dopo anno, ha cominciato a segnare il passo. Specchiandosi in se stesso, non riuscendo a cogliere sempre in tempo le evoluzioni della storia e dei mercati.


Crisi e ripresa
Poi è arrivata la crisi del 2008, che ha sferzato con ancora più vigore il tessuto economico locale e il miracolo Nordest è evaporato. Non del tutto, però. Perché all’interno di un panorama con qualche ombra, esistono ancora persone che hanno saputo reinventarsi. Professionisti che hanno incarnato davvero e concretamente quel concetto di cui tanti si riempiono la bocca, ma che in pochi concretizzano: fare innovazione.
L’innovazione permette alle aziende non soltanto di stare sul mercato, ma anche di “fare soldi”. Non tanto in virtù di invenzioni in grado di innescare svolte epocali, ma attraverso un tipo di innovazione, con una base di tecnologie mature, in grado di rilanciare, rigenerandoli, quei settori di business tradizionali in cui il Nordest è specializzato da sempre: la meccanica, il tessile e l’abbigliamento, il mobile o l’agroalimentare. È un fenomeno che, però, dovrebbe essere incrementato maggiormente. Stando alla ricerca elaborata da Fondazione Impresa nell’agosto del 2015, infatti, in Italia si è registrata una globale ripresa del tasso di innovazione in tutte le aree geografiche tranne che nel Nordest.


La necessità di svoltare
A fronte di un dato medio del 23,2% di piccole imprese manifatturiere italiane con meno di 20 dipendenti che hanno innovato nel 2015, infatti, tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige il dato si ferma al 21,7%. E analizzando le spiegazioni dei perché non si innovi, alle nostre latitudini, balza agli occhi come per il 33,6% degli intervistati le novità non siano ritenute necessarie per soddisfare la clientela. Segno evidente, questo, di come, in molti casi, la crisi economica non abbia ancora fatto capire a tutti la necessità di svoltare. Prima di tutto mentalmente.
Innovazione, in provincia di Vicenza, fa rima con la Bonotto di Molvena. Azienda di manifattura tessile, fondata nel 1912 per la produzione di cappelli di paglia, è diventata, negli anni, una spa a ciclo completo, punto di riferimento internazionale nel campo della moda in cui lavorano oltre 200 artigiani. Giovanni e Lorenzo Bonotto, gli eredi di quarta generazione dell’impresa, hanno “annusato” prima degli altri come l’alfabeto del mondo stesse cambiando. E basandosi su tre domande chiave della clientela – perché si produce, perché si compra, perché si vive – hanno sfidato la standardizzazione della produzione lanciando la loro Fabbrica Lenta. Una sorta di sviluppo contemporaneo della bottega rinascimentale italiana, a Molvena, dove sono realizzati i campioni e le pezze, anche con l’utilizzo di telai a navetta dell’inizio del ’900 per la produzione limitata di tessuti con filati rari e di alto pregio come il cammello albino, il guanaco o la lepre selvatica della Patagonia. Il fatturato consolidato del Gruppo Bonotto è arrivato a 32,5 milioni di euro, mentre quello di Bonotto, strettamente inteso come brand, a 29,5 milioni. «Quando ero piccolo – ricorda Giovanni Bonotto – ho vissuto con tanti artisti che venivano a trovare mio padre. Grazie a loro per me tutto questo è diventato naturale: tra fare impresa, arte e vivere non c'è alcun confine. Quando le cose giravano bene per tutti ci capivano in pochi. Oggi, però, siamo uno dei pochi produttori rimasti in piedi nel tessile. Non solo, perché ci siamo pure ingranditi grazie a procedure di business administration, impollinate da un pensiero diverso da quello corrente che esce dalle università più blasonate».


Dall’Austria all’Islam
La storia racconta come lo spritz – una delle bevande più amate da veneti e friulani – trovi le sue origini a Venezia durante l’occupazione austriaca, visto che i soldati trovando particolarmente pesante il vino locale tendevano ad allungarlo con l’acqua. Una tradizione che nella campagna trevigiana ha trovato il modo di rinascere per conquistare anche i mercati di religione musulmana. Merito di Iris Vigneti che al “classico” Prosecco ha saputo abbinare prima uno spumante analcolico e, poi, appunto lo spritz “alcool free”. Un’intuizione di Isabella Spagnolo e del marito Loris Casonato, enologo e agronomo. E l’idea nasce da una consapevolezza: girando il mondo, in tanti non brindavano, a causa della loro religione, con il classico “cin cin” a bollicine. Risultato? Nasce, ed è brevettato dal 2011, lo spumante Isabella Ice: l’uva è quella del Prosecco. Il succo viene addizionato artificialmente con anidride carbonica regalando la stessa sensazione di una spremuta di acino d’uva senza essere pastorizzata. Poi è stata la volta dello spritz dello stesso tipo, imbottigliato già come cocktail, pronto all’uso e studiato su bottiglie specifiche a seconda del mercato preso in considerazione. Al momento Iris Vigneti produce 500 mila bottiglie all’anno. Tante e perfino non sufficienti a soddisfare l’enorme richiesta estera.


Ecofriendly
Nel mondo dell’imprenditoria, c’è chi festeggia con il sorriso sulle labbra. È il caso di uno dei marchi leader nel settore delle bevande analcoliche, conosciuto in tutto il mondo, ma con il cuore ancorato a Scorzé: San Benedetto. Il gruppo veneziano della famiglia Zoppas nel 2014 ha realizzato un fatturato di 680 milioni di euro stabile rispetto a quello del 2013, ed è il secondo in Italia per dimensioni, ma primo come singolo marchio. Un successo – con esportazioni in quasi 100 Paesi del mondo – che però non ha fatto dormire sugli allori la famiglia Zoppas. «Il nostro impegno nasce dal profondo legame che abbiamo con il territorio – racconta il presidente del gruppo, Enrico Zoppas – in cui operiamo e a partire dal quale cerchiamo di mettere a disposizione dei consumatori tutto il nostro bagaglio di esperienza: dalle tecnologie all’avanguardia al rispetto per l’ambiente, passando per la sicurezza e il benessere». Si muove, San Benedetto, con un occhio particolare a ulteriori acquisizioni – vedi lo stabilimento lucano di Fonte Cutolo Rionero – e una sensibilità specifica nel segno della sostenibilità ambientale.
Un esempio? Il lancio delle nuove bottiglie, da 1 Easy e 1,5 litri, della linea “progetto ecogreen”. Due formati che si presentano in maniera ancora meno impattante per l’ambiente – con un’ulteriore riduzione di Pet nella produzione – ma allo stesso tempo funzionali grazie alla shape innovativa e al tappo smart, dalle dimensioni e dal peso inferiori rispetto ai formati e ai prodotti tradizionali presenti sul mercato. «Questi due nuovi contenitori – spiega il direttore marketing Vincenzo Tundo – rappresentano un altro importante passo, in linea con l’approccio di innovazione ancorata alla sostenibilità ambientale del gruppo».

Acquistare con un clic

Acquistare un prodotto con un clic, ormai, è quasi automatico, ma la mestrina Ovs – società quotata di abbigliamento del gruppo Coin – fa qualcosa di più. Con l’apertura del negozio milanese in via Dante nel maggio 2014, infatti, ha attuato un nuovo approccio verso i clienti e ampliato il dialogo attraverso un’innovativa digital shopping experience. Un acquisto multicanale che prevede camerini virtuali, assistenti alla vendita muniti di iPad, totem multimediali e un potenziamento del servizio click&collect (ordine online e ritiro capi gratuito in negozio). Attraverso l’App i clienti possono accedere a tutte le informazioni che riguardano i prodotti, provare i diversi look nel camerino virtuale, specchiarsi fronte-retro, interagire con gli assistenti alla vendita, realizzare selfie e condividerli sui social network. Lo store di Corso Buenos Aires, aperto nel settembre 2015, rappresenta poi un ulteriore step sviluppato in collaborazione con Google. È infatti presente anche una “magic room” nello spazio bambino. Il nuovo concetto “all for kids” ospita inoltre la piattaforma “play your look”, un’esperienza digitale che permette al bambino di sperimentare il proprio stile musicale facendo letteralmente “suonare” i capi. Il tutto con un mercato che va: la società ha terminato il periodo febbraio-ottobre 2015 con un giro d’affari di 876,8 milioni, il 7,4% in più rispetto gli 816 milioni ottenuti negli stessi mesi dell’anno precedente.


Sviluppo dei medicinali
Nel Vicentino, poi, non si possono non citare due aziende che operano nel settore dei medicinali: Zeta Farmaceutici e Zambon Group. La prima, di Sandrigo, è una delle poche al mondo a fornire le farmacie di una nuovissima capsula molle per integratori che si scioglie più velocemente, è più digeribile e agisce con efficacia nel punto esatto del corpo umano che ne ha bisogno. Zeta Farmaceutici dà lavoro complessivamente a 244 dipendenti e nel 2014 ha registrato un fatturato di 84 milioni di euro, con una produzione pressoché equamente ripartita fra la manifattura per conto terzi e la sintesi di propri prodotti, ma vanta anche una particolarità significativa: il 75% del personale è femminile.
Per quanto riguarda Zambon, invece, parliamo di un’impresa familiare italiana che da 109 anni opera nell’industria farmaceutica e della chimica fine. Il gruppo è storicamente impegnato nell’area respiratoria, con un focus sul trattamento per la cura di patologie severe e nell’area terapeutica del sistema nervoso centrale con il nuovo farmaco Xadago per il trattamento della malattia di Parkinson. Commercializza i propri prodotti in 84 Paesi del mondo, conta su filiali in 15 Paesi, oltre 2 mila 700 dipendenti e unità produttive in Italia, Svizzera, Francia, Cina e Brasile. Il fatturato consolidato 2014 è stato di 601 milioni.


Tra innovazione e Borsa
A Limana, nel Bellunese, c’è la Sest, azienda leader a livello continentale nella produzione di evaporatori e condensatori per banchi frigoriferi ed è tra i maggiori produttori di batterie alettate di scambio termico per i settori della refrigerazione commerciale e del condizionamento con i suoi quattro siti produttivi. La Sest, inoltre, ha da poco presentato le prime applicazioni pratiche, frutto degli studi di laboratorio sul cosiddetto “effetto loto”. Nel caso della pianta, un meccanismo naturale di pulizia la protegge, grazie a una cera idrofobica naturale di dimensioni nanometriche. Nel caso delle batterie, una pellicola artificiale a nanoparticelle ricopre le superfici da proteggere: riduce la persistenza del ghiaccio negli evaporatori e la polvere nei condensatori, mantenendone inalterate le performance. L’azienda funziona tanto che, nel gennaio dello scorso anno, è sbarcata pure in Borsa nel segmento Aim Italia. E lo ha fatto attraverso un’operazione di integrazione con la multinazionale italiana Lu-Ve Group, di cui la Sest fa parte. Un gruppo, la Lu-Ve, che a fine 2014 impiegava mille e 528 dipendenti, di cui più di 624 in Italia e 904 all’estero, con un aumento di 113 unità rispetto al 2013 e un fatturato consolidato di 212 milioni, di cui quasi l’80% all’estero. Nel corso degli ultimi cinque anni, Lu-Ve ha pure registrato una crescita media annua del fatturato superiore al 9%. «L’approccio innovativo e la collaborazione con i politecnici che va avanti dalla fondazione dell’azienda – spiega l’ad Matteo Liberali – ci ha dato un forte vantaggio competitivo: siamo stati i primi nel 1994 a sviluppare una generazione di apparecchi a basso consumo energetico e nel 2001 abbiamo utilizzato per primi l’anidride carbonica come fluido di raffreddamento sostenibile dal punto di vista ambientale. Abbiamo anche messo a punto un silenziatore di ultima generazione per grossi impianti di refrigerazione e condizionamento sul modello di quelli usati in aeronautica».


Dalla Carnia al mondo
L’Eurotech di Amaro, in provincia di Udine, è la dimostrazione di come, se ci sono idee e volontà, non contano le difficoltà geografiche per competere con successo sui mercati globali. Il gruppo friulano, specializzato nella ricerca, sviluppo e produzione di computer miniaturizzati e di processori a elevate prestazioni, ha chiuso i primi nove mesi del 2015 con ricavi in aumento visto che si sono attestati a 47,26 milioni di euro contro i 45,95 dello stesso periodo dell’anno precedente. Un’azienda da 400 dipendenti, con filiali negli Stati Uniti, Inghilterra, Francia e Giappone e un centro di ricerca specializzato a Trento, su cui ha posato gli occhi anche il Viminale. Recentemente, infatti, il ministero dell’Interno ha chiesto a Eurotech di creare un super software per la lotta al terrorismo – e che potrebbe essere impiegato in particolare alle frontiere del Paese – modellato sui sistema di sicurezza, iperefficienti, utilizzati da Israele.


Spin off diventati business
A Udine esiste, dal 1999, un centro di ricerca e di trasferimento tecnologico che si trova all’interno del Distretto delle Tecnologie Digitali: Friuli Innovazione. In poco meno di un ventennio ha aiutato a nascere, e crescere, decine di aziende, ma due, nel nostro percorso, sono particolarmente significative. La prima si chiama Info Solution e ha creato un nuovo sistema hardware e software in grado di identificare e tracciare le sacche di sangue e degli emocomponenti negli spostamenti tra centri ospedalieri, centri di lavorazione, reparti e industria della lavorazione. Un esempio dei prodotti di questo tipo si chiama Palladio, che sta riscuotendo un grande successo: è infatti già applicato in tutte le Asl della Lombardia, nel distretto sanitario di Vicenza e nella Riviera ligure di Ponente. Si tratta di una soluzione basata sulla tecnologia a radiofrequenza Rfid applicata al processo trasfusionale che tiene traccia delle sacche di sangue dalla nascita, alla movimentazione, al trasporto, alla conservazione fino alla distribuzione in reparto per la trasfusione al paziente, aumentando la sicurezza per il ricevente e l’ottimizzazione delle scorte. «Tutte le componenti, dai contenitori, ai box fino alle schede elettroniche e ai sensori sono state realizzate attraverso una stretta sinergia con aziende del territorio friulano – ha specificato Angela Dosso, responsabile del progetto –. Il prossimo obiettivo è quello di portare la nostra innovazione tecnologica oltre confine e aprirci al mercato internazionale».
Advantech-Time è invece uno spin off dell’università di Udine nato nel 2014. Già nel primo anno di attività la società, che al momento conta su uno staff di otto persone, ha chiuso con un bilancio in pareggio e nel 2015 ha raddoppiato il fatturato. Una crescita promettente che deriva da servizi di consulenza ingegneristica e all’inserimento di strumenti digitali di ultima generazione all’interno dell’intero ciclo produttivo delle aziende clienti, in ambito sia tecnologico che gestionale. «L’azienda ha due anime – dice il presidente Luca Casarsa – che convivono sotto uno slogan che può essere sintetizzato nel concetto di innovazione applicata allo sviluppo dei processi e del prodotto».


Imprese in terra giuliana
Nel 1994 la definizione di startup non era in voga come oggi, ma con ogni probabilità avrebbe calzato perfettamente a Tecna, che, all’epoca, muoveva i primi passi nell’Area Science Park di Trieste. Nata da un piccolo gruppo di chimici e biologi, l’avventura imprenditoriale inizia con lo sviluppo di metodi per la rilevazione di residui di farmaci negli alimenti. Dal 2000 l’azienda allarga la propria attività verso la rilevazione delle microtossine, indirizzandosi poi sullo sviluppo di kit per allergeni. In questi anni Tecna si è affermata a livello italiano e internazionale nel mercato dei sistemi diagnostici per l’analisi dei contaminanti chimici negli alimenti e nei mangimi. Oggi conta 25 addetti, un ricavo dalle vendite 2013 di 2,3 milioni di euro, con una crescita del 14% sul 2012 e, per il 2015, un fatturato che ha fatto registrare il +10%. Niente male, in un periodo come questo, soprattutto nei mercati B2B, con l’azienda che è presente con i suoi prodotti in 40 Paesi e un volume di esportazioni pari al 35% degli affari. È conosciuta in tutto il mondo invece – e lavora pure negli ambienti di Formula 1 e MotoGp – Esteco, società specializzata in soluzioni software per il settore ingegneristico, impegnata nella ricerca e nello sviluppo di applicativi per l’ottimizzazione e per l’integrazione delle fasi del processo di design e simulazione.
Nel tempo l’azienda ha avuto un trend di crescita costante per quanto riguarda il personale. Con due controllate in India e negli Stati Uniti, Esteco vanta più di 200 clienti internazionali tra i quali Alenia Aermacchi, Ferrari, Daimler, Fiat, Ford, Honda, Jaguar Land Rover, Petrobras, Piaggio, Volvo Car Corporation. E oggi Esteco, con un fatturato di più o meno 5,5 milioni di euro, conta 55 dipendenti in Friuli Venezia Giulia a cui si aggiungono altri 16 tra Stati Uniti e India.
La sanità può aiutare a fare impresa e sviluppare, economicamente, il territorio? Sì, se parliamo del Centro di riferimento oncologico (Cro) di Aviano. Grazie alla collaborazione tra Cro e il Gruppo Giovani degli industriali della Destra Tagliamento, infatti, nel 2007 è nata SediciDodici, insediatasi nel Polo tecnologico di Pordenone dopo aver conquistato il terzo posto nazionale a Start Cup.


Sguardo al Pordenonese
SediciDodici, nel 2009 ha cominciato a rivoluzionare il comparto producendo un importante sistema di analisi salva-vita: SmartClot, un macchinario in grado di eseguire test sull’emostasi primaria, ovvero sul rischio trombotico ed emorragico. L’apparecchiatura è costituita da dispositivo, kit diagnostico e software di analisi, in grado con un semplice prelievo di valutare l’emostasi primaria, quindi il rischio trombotico ed emorragico, che è poi una delle principali cause delle malattie cardiovascolari e del sistema circolatorio. Il valore di questa apparecchiatura è intuibile se solo si pensa che ictus, trombosi venose, infarto del miocardio, embolie polmonari, malattie delle coronarie sono alcune gravi, e a volte mortali, patologie alle quali SmartClot garantisce risposte in termini di prevenzione, con tempistiche ed efficacia prima sconosciute. Sempre in terra Pordenonese, quindi, non si può non citare un brand leader a livello internazionale, ma che, per il proprio settore Professional, ha la sede mondiale in Friuli Venezia Giulia: Electrolux. Soltanto a Vallenoncello occupa centinaia di addetti in uno stabilimento che rappresenta il cuore pulsante dei sette mondiali, la cui produzione è destinata alle grandi catene alberghiere, comunità e ristoranti. Da sempre punto di riferimento globale nella produzione e distribuzione di soluzioni professionali destinate al settore della ristorazione e dell’ospitalità, Electrolux Professional reinveste una parte significativa del suo fatturato nel mantenimento di alti livelli di innovazione, nel cercare di soddisfare le richieste dei clienti ed essere sempre un passo avanti alla concorrenza. Il trend attuale, inoltre, vuole cercare di portare all’interno del settore domestico – quindi nelle abitazioni private – e della piccola distribuzione i prodotti finiti come già realizzato, ad esempio, con i macchinari per la cottura veloce di panini e toast nei vari autogrill italiani. Ad, aprile, inoltre, debutterà in Europa, e quindi anche in Italia, il forno Electrolux che si comanda dal cellulare. Con un tocco sullo schermo di smartphone o tablet, si potrà avviare la cottura, o il riscaldamento del cibo già messo in forno, e regolare temperatura e umidità. Il risultato sarà una cena perfetta, e già pronta, al momento in cui rientreremo in casa. Una svolta figlia dell’accordo con Google nell’ambito dell’Early Access Program.



 

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