Rame, nichel, barite: anche nel Nordest ora scatta la ricerca dei metalli rari
Il ministro Urso ha annunciato l'imminente riapertura dei giacimenti. Il professor Nestola: «Le materie prime critiche servono al Paese»

Magnesio e rame in Veneto, nichel in Friuli, manganese, magnesio e barite in Trentino Alto Adige. Nei prossimi anni il Nordest sarà tra le zone protagoniste della corsa al nuovo oro, ossia gli elementi delle terre rare, soprattutto dopo l'annuncio del ministro Adolfo Urso dell'intenzione del governo di «riaprire le miniere» contro i «rischi evidenti» sull'approvvigionamento delle materie prime critiche, la cui domanda diventerà «esponenziale» per permettere la transizione ecologica e digitale.
«Stupisce un po' la modalità scelta dal governo per un annuncio così importante. Ma è chiaro che le materie prime critiche ci servono. L'Italia e l'Europa dovranno però essere bravi a trovare il giusto compromesso tra le esigenze di recupero di elementi necessari alla transizione ecologica e la tutela dell'ambiente». Ne è convinto Fabrizio Nestola, professore di Mineralogia all'università di Padova dove è stato anche direttore del Dipartimento di Geoscienze, che invita però a concentrarsi su un aspetto chiave: l'insufficienza della formazione e della ricerca scientifica nel campo dei giacimenti minerari.
«In Italia, come nel resto d'Europa», spiega, «abbiamo dimenticato come si fa, pensando che non fosse più necessario investire in ricerca in questo settore perché le materie prime si potevano comprare sul mercato, e non c'era la necessità strategica di sapere se le avevamo in casa nostra».
Nei mesi scorsi l'Unione europea ha definito 34 materie prime critiche, di cui 16 considerate anche strategiche per la loro rilevanza nella transizione ecologica e digitale, destinate all'aerospazio e alla difesa, ma anche importanti per il divario fra offerta globale e domanda prevista. In Italia possediamo 16 di queste 34 materie prime critiche indicate, in particolare quelle per batterie elettriche e pannelli solari, ma queste, si trovano in miniere che sono state chiuse oltre 30 anni fa, per il loro impatto ambientale o per i minori margini di guadagno. Ora il governo, per bocca del ministro Urso, ha annunciato provvedimenti imminenti per la riapertura delle miniere.
«Una decisione necessaria se l'Europa vuole rendersi indipendente», aggiunge il professor Nestola, «ma è necessario anche rispettare l'ambiente e quindi effettuare studi approfonditi per comprendere quanto può servire di ciascun elemento e regolarsi di conseguenza. Il problema è che oggi siamo carenti di competenze in questo settore. È quindi necessario predisporre un piano per ripopolare e rinforzare questo settore in modo mirato».
Per fare un esempio chiaro il professor Nestola cita il rame, sempre più utilizzato per le auto elettriche: i maggiori produttori mondiali sono il Cile (28%), il Perù (12%) e la Cina (8%). L'Unione europea, che ne consuma il 10% a livello globale, l'acquista dalla Poloni per il 20%, dal Cile (15%) e dal Brasile (10%). «In Italia il rame c'è nel Bellunese e in Trentino Alto-Adige», aggiunge il docente, «è evidente che le estrazioni interne sarebbero di grande utilità. Per non parlare del cobalto, il cui utilizzo è per il 57% destinato alle batterie elettriche: il maggiore produttore globale è il Congo (63%), seguito da Russia (7%) e Canada (4%)». A livello generale la Cina attualmente produce il 68% degli elementi delle terre rare per cui, in vista dell'inevitabile transizione ecologica, il governo ha annunciato di voler riaprire la caccia all'oro. Una caccia di cui il Nordest sarà inevitabilmente protagonista. «Ma si dovrà fare attenzione a trovare il giusto equilibrio con la tutela dell'ambiente», conclude Nestola.
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