Ponte Morandi, Mion: «Tutta la guerra fatta ai Benetton non ha portato ai 5S i voti che credevano»

L'ex presidente di Edizione e Alessandro intercettati dalla Gdf «Cerchiai era assolutamente contiguo al sistema»

GENOVA. Da una parte del telefono c'è Alessandro Benetton, figlio di Luciano. Dall'altra Gianni Mion, manager e storico braccio destro della famiglia di imprenditori trevigiani. Sono intercettati, ma non indagati, nel gennaio del 2020 nell'ambito dell'inchiesta della procura genovese sulle barriere fonoassorbenti pericolose della rete autostradale ligure.

Sullo sfondo, in quei giorni, si muove il braccio di ferro per il possibile passaggio di Autostrade per l'Italia dal controllo di Atlantia, gruppo la cui maggioranza appartiene ai Benetton, a quello di Cassa depositi e prestiti. Nelle due conversazioni, che potrebbero confluire anche nel fascicolo di indagine sul crollo del ponte Morandi e sulle 43 morti che quel disastro ha causato il 14 agosto 2018, i due ragionano a 360 gradi. A partire dal ruolo di Fabio Cerchiai, tuttora presidente di Atlantia e presidente della stessa Aspi durante la tragedia di Genova, poi dimissionario nel gennaio 2019.

«Era assolutamente contiguo al sistema» dice Benetton, figlio di Luciano «pur non direttamente coinvolto e consapevole». Poi il tema della possibile cessione di Aspi la fa da padrone, perché in gioco ci sono gli interessi della famiglia di imprenditori. Mion, all'epoca ancora presidente di Edizione (la holding cassaforte dei Benetton, azionista di Atlantia e di cui Alessandro è consigliere), ma sostituito lo scorso novembre, è chiaro: «Tutto porta a Cassa depositi e prestiti. Bisogna fare la verifica se ci vogliono o no. Ma è questa (Cdp, ndr) che ha insufflato tutti sti Cinque stelle per un anno e mezzo, per cacciarci a calci nel c...o».

E ricorda come «la Ministra ieri è andata a vedere i lavori da duecento e fischia milioni che sta facendo Aeroporti di Roma. È un fatto significativo, non è che ti ha messo la stigma del lazzarone da tutte le parti». Lo dice il 28 gennaio 2020.Il giorno prima, la ministra ai Trasporti Paola De Micheli aveva fatto visita al cantiere di ampliamento dell'aeroporto di Fiumicino, di Aeroporti di Roma. Altra controllata di Atlantia.

«Il Pd è lì che si barcamena fra questi scemi dei Cinque stelle» aggiunge Mion. Nello snervante tira e molla per definire il futuro di Aspi e dei Benetton, insomma, per Mion l'ostacolo è il M5S: «Pensavano che bastasse parlare del ponte e di Benetton e si aumentavano i voti del 15%, non mi sembra che abbiano avuto il 15% in più. Tutto sto battage anche in termini elettorali non gli porta niente».

Sempre intercettato dai finanzieri, coordinati dai pm Paolo D'Ovidio, Walter Cotugno e Massimo Terrile e diretti dai colonnelli Ivan Bixio (Primo Gruppo) e Giampaolo Lo Turco (nucleo metropolitano), Mion aveva detto che «il vero grande problema è che le manutenzioni (di Aspi, ndr) le abbiamo fatte in calare. E più passava il tempo e meno facevamo... E Gilberto (Benetton, morto nel 2018) e tutta la famiglia erano contenti...».

Per quanto riguarda Cerchiai, a infastidire i due è che non intervenga per allontanare dallo staff di Atlantia chi ancora è legato a Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Aspi e indagato nelle inchieste. Ecco perché i dubbi di Benetton sulla sua possibile contiguità «al sistema».

«Era stato messo lì per condizionare la mania egocentrica di Castellucci» dice Mion «Quando tuo zio (Gilberto, ndr) è caduto innamorato di Castellucci cosa ha fatto? Si è messo lì a non fare un c...o e ha fatto contenti entrambi. È che ha ammazzato tutto». Chi è legato ancora all'ex Ad, per Mion, «racconta in giro che Castellucci ha fatto sempre quello che gli dicevano i Benetton». --

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