Pierluigi Zamò: «In frenata l’economia a Nord Est. Puntare su digitale e innovazione»

«L’allarme sicurezza nel Mediterraneo è una minaccia per la competitività del Porto di Trieste». Sul rinnovo della presidenza di Confindustria «serve una candidatura condivisa da tutti»
Franco Vergnano
Pierluigi Zamò, presidente di Confindustria Fvg
Pierluigi Zamò, presidente di Confindustria Fvg

Dalla scorsa primavera Pierluigi Zamò, l’imprenditore delle cucine (con impianti pure in Slovenia e Romania e che negli anni scorsi era stato anche protagonista di una puntata a “Boss in incognito”), è presidente di Confindustria Friuli Venezia Giulia. Un osservatorio privilegiato per valutare il composito andamento dell’economia regionale che - con sette “cluster” - va dall’acciaio al legno, dalla cantieristica all’agroalimentare e al turismo.

Presidente Zamò, in questi giorni è tempo di consuntivi. Dopo un 2022 positivo in seguito all’effetto “rimbalzo” del post Covid, con aziende soddisfatte e che sono andate generalmente bene riequilibrando i bilanci, sembra che l’anno appena concluso sia risultato meno brillante. Oppure è stato a macchia di leopardo?

«Il 2023, sia pur con qualche distinguo, era iniziato con il piede giusto. Poi la Germania è andata in sofferenza e ha pesato la perdita del mercato russo».

Già nelle vostre indagini congiunturali, però, eravate cauti sulle conseguenze che l’innalzamento dei tassi di interesse avrebbe potuto avere.

«Sì, è così. E poi non vi era, all’orizzonte, un nuovo conflitto – quello israelo-palestinese – i cui effetti si stanno riverberando fino all’Adriatico. L’economia mondiale ha poi frenato».

Che cosa vi aspettate per il futuro? Siete ottimisti?

«Guardiamo ai segnali di ripresa 2024 dei tedeschi sostenuti da salari, spesa pubblica, industria della difesa. Ma anche a quelli provenienti dalla Bce. Stabilità dei tassi e fondi Pnrr dovrebbero creare le condizioni per la ripartenza».

In Friuli Venezia Giulia il crollo delle esportazioni del legno-arredo (il secondo principale settore manifatturiero della regione) sui mercati esteri preoccupa particolarmente gli operatori. Che cosa si può fare?

«La crescita dell’economia mondiale, come dicevo, è in frenata da mesi, la domanda si è contratta: un problema di ordini. C’è poi il versante interno: l’inflazione condiziona la richiesta. Riduzione dei consumi e incertezza incidono sul futuro: le imprese rimandano gli investimenti».

La Confindustria Friuli Venezia Giulia su quali binari si muove?

«In primo luogo monitoriamo costantemente la situazione e dialoghiamo con le istituzioni. La Regione fa uno sforzo significativo verso l’industria con lo stanziamento, nella legge di Stabilità 2024, di ulteriori fondi a favore di investimenti, lavoro e salvaguardia dell’occupazione. Mi riferisco, in particolare, ai contratti di solidarietà. Accanto, quindi, alle politiche di sviluppo industriale del territorio e di tenuta dell’occupazione sono stati inseriti nuovi importanti capitoli di tutela, a mio avviso ancora prudenziale, il cui utilizzo potrebbe essere richiesto nel caso di ulteriori turbolenze. L’augurio è che la curva di tendenza possa invertirsi quanto prima».

Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin, adesso c’è stato l’attacco del 7 ottobre ad Israele dei terroristi di Hamas. A queste due guerre, quasi nel cortile di casa, si è aggiunta la tensione dei ribelli yemeniti filoiraniani Houthi. Con il blocco dell’istmo di Suez che costringe le portacontainer a circumnavigare l’Africa, allungando il viaggio di 2-3 settimane e saltando Trieste a favore di Rotterdam, Anversa, Amburgo. Un doppio danno per noi, sia per l’industria sia per la nostra intermodalità?

«Condivido le forti preoccupazioni espresse dal presidente del porto di Trieste, Zeno D’Agostino, per una situazione venutasi a creare in un periodo in cui il Mediterraneo è ridivenuto centrale nelle rotte di navigazione e, con esso, l’Italia e lo scalo di Trieste. Una situazione che, se dovesse protrarsi, recherebbe danni per il forzato rallentamento della movimentazione merci. Abbiamo rappresentato a Confindustria nazionale, mossasi presso il governo che sta collaborando attivamente a un piano di protezione internazionale dagli attacchi Houthi, le nostre preoccupazioni che riguardano – contingenza nella contingenza – anche la contestuale perdita di competitività del porto giuliano rispetto ai competitor del Nord Europa».

Quali sono le prospettive?

«Guardi, la situazione si presenta particolarmente fluida. L’unica considerazione che posso formulare con gli elementi di cui disponiamo oggi è che questa imprevedibile criticità si risolva nel più breve tempo possibile».

Quali sono gli altri principali problemi che il Friuli Venezia Giulia deve affrontare?

«Ribalterei il concetto: in regione, come attesta l’indagine Istat sul benessere equo e sostenibile dei territori pubblicata a metà dicembre, i livelli di prosperità relativa sono più alti sia rispetto sia all’Italia, sia al complesso dei territori del Nord Est».

In un territorio in cui si sta obiettivamente bene, si lavora anche con più soddisfazione.

«D’altra parte, la nostra ultima indagine congiunturale, pur evidenziando una situazione complessa, ha rilevato opportunità di crescita o, comunque, di stabilità per i prossimi 12 mesi nella digitalizzazione, nella sostenibilità ambientale e nelle risorse umane, segno che l’economia è strutturalmente forte. Margini di miglioramento ce ne sono sempre ma questa è una fase in cui le variabili dipendono da dinamiche sovranazionali».

Dottor Zamò, in qualità di presidente regionale, lei è entrato anche a far parte del Consiglio generale dell’associazione datoriale. A primavera c’è da eleggere il prossimo presidente di Confindustria nazionale. Nelle precedenti tornate il Nord Est, per un motivo o per l’altro, non è riuscito a contare molto. Lei ha qualche idea? Vuole suggerire dei nomi?

«Va premesso anzitutto che, nonostante un periodo difficilissimo, la presidenza Bonomi è riuscita a traghettare l’associazione e ad impostare solide basi su cui poter proseguire il percorso di trasformazione in un’ottica di continuità. Confindustria Friuli Venezia Giulia è comunque un organismo super partes che raccoglierà le indicazioni delle associazioni territoriali. Ciò detto, non credo sia una questione di nomi ma di indirizzi quanto più largamente condivisi che tengano conto, accanto ad un generale riassetto, delle dinamiche mondiali e dell’effetto che esse hanno avuto o avranno sulla nostra regione. Ci sarà tempo e modo di parlarne con i colleghi imprenditori».

Vorrei insistere sul tema. E le chiedo se questa volta – dopo parecchi decenni che l’area non esprime un presidente (l’ultimo è stato Giuseppe Volpi, dal 1934 al 1943) – il Nord Est riuscirà a presentarsi con un candidato unitario e con delle possibilità di vittoria? O comunque in grado di influenzare i giochi?

In questi primi otto mesi ho stretto ottimi rapporti con i colleghi Enrico Carraro e Fausto Manzana e ciò mi consentirà, nei mesi che ci separano dall’elezione del nuovo presidente nazionale, di coltivare con loro un dialogo proficuo. Non è tuttavia una questione di nomi o di aree geografiche ma di convergenza su un programma di politica industriale del Paese».

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