Liverani (Generali Deutschland) la Germania scommette su Trieste come nuovo avamposto sul Mediterraneo

L'intervista
Giovanni Liverani, 56 anni, è dal 2015 Ceo di Generali Deutschland, secondo gruppo assicurativo in Germania, che conta circa 14 miliardi di premi e oltre 9.000 dipendenti. La società tedesca del Leone è il primo investimento italiano in assoluto nel Paese.
Liverani siede anche nel Consiglio direttivo della Camera di commercio Italo-tedesca di Monaco di Baviera. Ingegnere del Politecnico di Milano, nel 1994 ha fondato Genertel, l’assicurazione online in Italia, e quest’anno festeggia 30 di vita professionale nel gruppo, dei quali sei trascorsi in Germania, dopo aver seguito 14 paesi.
Liverani, qual è l’impatto della pandemia in Germania?
«In Germania il lockdown è molto rigido anche se il ritmo dei contagi è inferiore a quello dell’Italia. Purtroppo anche qui il piano di vaccinazioni procede ancora a rilento. Gli oltre 9.000 dipendenti di Generali Deutschland operano in remote working dal marzo dello scorso anno. Solo il 5% del personale, impegnato in particolare nell’Information Technology e nella gestione degli immobili, lavora in sede. Non abbiamo avuto un impatto sulla produttività che anzi è aumentata».
Cosa accadrà nel post-pandemia?
«Faremo diventare questo nuovo modo di lavorare strutturale coinvolgendo il 70% dei nostri uffici amministrativi. Ci sarà un risparmio importante sui costi di gestione e sui viaggi di lavoro. La nostra sarà così una compagnia molto più sostenibile anche sul piano ambientale. Lavoreremo così in modo flessibile da remoto. Ma attenzione: le case dei nostri dipendenti non devono trasformarsi in un ufficio! Sarebbe un’occasione perduta». Siete stati coinvolti nei piani di vaccinazione? «Si. Siamo pronti in tutte le nostre sedi per vaccinare prima i dipendenti e poi i loro familiari. Abbiamo già disponibili i medici e i frigoriferi speciali per la conservazione dei vaccini a -70 gradi, mancano solo le dosi e il via libera del governo federale».
Come è andato il 2020 di Generali Deutschland?
«Nonostante le sfide della pandemia è andato molto bene. Nel novembre 2018, alla presentazione del piano strategico insieme a Philippe Donnet, avevo promesso, per quanto riguarda la Germania, che saremmo diventati numeri uno nella crescita profittevole, nel ritorno sul capitale investito e nell’innovazione. Nel 2020, abbiamo registrato un utile netto record di 611 milioni euro (+16,5%) e un risultato operativo di 905 milioni (+8,7%) grazie alle ristrutturazioni degli ultimi anni, al rafforzamento della potenza distributiva con il conferimento dei nostri agenti nella Dvag, dove siamo soci insieme alla famiglia Pohl, e alla leadership nel canale diretto con Cosmos. Questa crescita degli utili insieme alla vendita del portafoglio garantito di Generali Leben ci ha consentito di far crescere il ritorno sul capitale investito dagli azionisti a ben il 32%, nonostante i tassi a zero. Alla casa madre abbiamo pagato un dividendo ordinario di 525 milioni che sommati alle rimesse di cassa del 2019, ha già superato in due anni l’obiettivo di 2,5 miliardi nel triennio del piano 2019-2021 presentato all’Investor Day. A fine piano prevedo che andremo ben oltre i 3 miliardi».
Avete molte risorse da investire. In tempi di pandemia la prevenzione sanitaria è cruciale. A cosa state pensando?
«É il momento di conquistare nuovi mercati e clienti attraverso l’innovazione tecnologica. L’ultima è Generali Vital Signs&Care, un’applicazione che misura con lo smartphone i parametri vitali tra cui la saturazione di ossigeno nel sangue. C’è poi Generali Vitality che incentiva stili di vita più salutari. La quota di polizze assicurative smart viaggia ormai sul 20-25% della nuova produzione».
Lei siede anche nel Consiglio direttivo della Camera di commercio Italo-tedesca di Monaco di Baviera. Secondo un rapporto dell’istituto di Norimberga l’economia tedesca subirà le conseguenze della pandemia almeno fino al 2025. Che ne pensa?
«Dopo una crescita di oltre 10 anni, l’economia tedesca strutturalmente molto solida soffre, come prevedibile, l’impatto di una recessione innescata dalla pandemia ma mostra una fortissima resilienza grazie all’elevata solidità della finanza pubblica. Ad esempio i ristoranti in Germania sono chiusi dal 15 dicembre ma ricevono regolarmente importanti ristori che compensano il danno economico. La pandemia ha messo in luce le fragilità dell’Europa e della stessa Germania che però sta prendendo le sue contromisure».
Come? Ripensando profondamente il modello della catena produttiva. La Germania, dopo l’epoca delle delocalizzazioni verso l’Asia, anche a seguito delle guerre commerciali Usa-Cina e sulla scorta dell’esperienza fatta di recente nella produzione dei vaccini, sta seriamente valutando di riportare in Europa parte delle catene del valore. Questo può avvantaggiare molto l’industria italiana dove la qualità dei prodotti è molto elevata. I segnali già ci sono. Il porto di Trieste ha stretto un’alleanza con il principale terminalista del porto di Amburgo (Hhla). É un altro segnale?
«Certamente. Questo accordo è un’opportunità eccezionale per l’economia triestina e di tutta la regione e si fonda anche su affinità di tipo economico e culturale. Sbaglia chi parla di “germanizzazione” del porto di Trieste che ha l’occasione di diventare il porto naturale della Baviera, cuore pulsante dell’economia europea con la sua industria a cui interessa una sbocco per le sue merci nel Mediterraneo. Siamo un Paese grande fornitore di prodotti, tecnologia, design e dobbiamo sfruttare questa opportunità perchè sul mercato tedesco si stanno riaprendo grandi possibilità per le forniture italiane. E Trieste diventa il terminal geopolitico di questa strategia. Questo accordo apre opportunità straordinarie di interscambio commerciale. Non dobbiamo farcele sfuggire. Tra Italia e Germania le parola chiave sono amicizia e collaborazione».—
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