L’industria delle cave, settore strategico per il territorio
Il Veneto è la seconda regione in Italia per presenza di siti estrattivi. L’industria genera un valore di 495 milioni di euro e ne distribuisce per 429 milioni

Il settore estrattivo, che è alla base di tutta la filiera delle costruzioni e dell’industria, è strategico sotto molteplici punti di vista: dalle infrastrutture e l’edilizia, al recupero dei materiali e la gestione dei rifiuti e, non ultimo, per il ruolo che i siti di cava giocano per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per le azioni di contrasto alle emergenze idriche. Per questo motivo deve essere valorizzato attraverso il giusto equilibrio tra interessi ambientali e sviluppo economico.
Di questi temi si è occupato l’incontro, che si è tenuto a Vicenza presso Palazzo Bonin Longare, organizzato da Confindustria Veneto e l’Albo Cavatori del Veneto a cui hanno partecipato: Elisabetta Mainetti (Presidente Albo Cavatori del Veneto), Silvia Oliva (Fondazione Nord Est), Stefano Pasinato (Referente attività estrattive Confindustria Veneto), Silvia Rizzotto (Presidente Seconda Commissione del Consiglio Regionale del Veneto), Elena Donazzan (Assessore al Lavoro della Regione Veneto), con un intervento di Adolfo Urso (Ministro delle Imprese e del Made in Italy).
I commenti
«Vogliamo presentare le opportunità per l’economia e il territorio che l’industria estrattiva è in grado di generare – sostiene Elisabetta Mainetti, Presidente Albo Cavatori del Veneto –. Possiamo dare un contributo importante all’ambiente e alla comunità, diventando partner nella definizione della strategia dei fabbisogni di materiali, necessari per tutta la catena costruttiva e l’indotto dell’edilizia, e nell’esecuzione di grandi opere infrastrutturali. Il materiale estratto dalle cave è ancora essenziale a molti settori della nostra economia, a partire dalle costruzioni».
«I dati mostrano come l’Industria Estrattiva rappresenti un settore di pubblica utilità, di traino per le costruzioni e strategico per le filiere collegate- ha aggiunto Stefano Pasinato, referente attività estrattive Confindustria Veneto –. Per questo settore, inoltre, è in corso una transizione vera e propria che ha spostato il piano delle discussioni sui nuovi temi delle economie circolari, dei cambiamenti climatici, degli aspetti socio-economici e della digitalizzazione. Su questi temi, la partita è aperta, nel senso che il nostro settore è in grado produrre diversi effetti positivi, con una valenza generale e su ampia scala. Questa partita si giocherà soprattutto su come l’attività estrattiva sarà interpretata e gestita dalle varie Imprese; su come il Legislatore interpreterà e normerà questo settore, soprattutto in termini di vincoli; e su come gli effetti di questo settore saranno percepiti dall’opinione pubblica. Le Imprese sono pronte a fare la loro parte».
«Un settore rilevante per l’economia del territorio, che ha un impatto ambientale che abbisogna di sempre maggiori competenze, di formazione di qualità sia dal punto di vista della conoscenza che della sua declinazione pratica e operativa. Un segmento della formazione specialistica che in questi anni in Veneto ha saputo veramente fare un salto di qualità significativo – è la sottolineatura di Elena Donazzan, assessore al Lavoro del Veneto –, sfruttando anche i tempi di calo del lavoro, facendo i conti con un approccio superficiale e ideologico da cui guardarsi e la cui risposta più efficace è la qualità del lavoro e della formazione dedicata».
Con l’obiettivo di fare chiarezza sul ruolo del settore estrattivo, proponendosi come partner attivi e propositivi verso la Regione Veneto, è stato presentato lo studio “Il sistema delle cave in Veneto”, realizzato dalla Fondazione Nord Est, che ha misurato il peso dell’industria e dell’indotto generato, individuando i filoni che ne stanno tracciando l’evoluzione (es. sostenibilità, investimenti in nuove tecnologie, automazione e sicurezza).
Con 351 siti attivi al 2020, il Veneto è la seconda regione in Italia per presenza di siti estrattivi per una produzione di oltre 6 milioni di metri cubi che genera circa 241 milioni di euro di fatturato e 90 milioni di valore aggiunto, grazie anche ad investimenti per 108 milioni.
Data la rilevanza delle cifre, Fondazione Nord Est ha elaborato una stima del settore e del valore economico generato e distribuito sul territorio: le imprese estrattive venete hanno realizzato un valore della produzione di circa 492 milioni di euro nel 2021 (+16% sul 2020), 70 milioni di EBITDA (+38,2%) e 17,5 milioni di utili (+18,8%). Ne deriva un valore economico direttamente generato vicino ai 495 milioni di euro; e distribuito pari a 429 milioni (per il 72,5% ai fornitori e per il 12,5% ai collaboratori). Agli enti locali sono tornati circa 4,7 milioni di euro, sotto forma di canone per l’attività estrattiva (4,1 milioni ai Comuni, oltre 600 mila euro alla Regione).
Il principale ambito di attività dei cavatori veneti è quello dell’estrazione di sabbia e ghiaia (c.a. 1,7 milioni di metri cubi estratti nel 2022), seguito da quello del calcare (c.a. 493 mila metri cubi). La quasi totalità delle imprese estrae e lavora un unico materiale. Oltre un terzo delle imprese (36%) utilizza o vende materiale riciclato.
La strategicità del settore per l’economia locale è ben visibile, in quanto il 70% degli acquisti e il 75% del fatturato si lega all’ambito regionale.
L’indagine ha analizzato anche alcuni temi rilevanti per il settore estrattivo veneto. Oggi, infatti, c’è un’attenzione crescente verso i temi del riciclo, della cura del territorio, del rispetto delle comunità e più in generale della riduzione dell’impatto sull’ambiente, che passa attraverso una legislazione più stringente, ma anche per scelte imprenditoriali specifiche. Le cave devono e possono contribuire in modo significativo a questo processo con un effetto benefico anche sui settori a valle.
e.delgiudice@gnn.it
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