L’economista Chiara Mio: «Il futuro è sostenibile grazie ai fondi europei, per sfruttarli serve coesione nel Nordest»

PORDENONE. La coesione territoriale come strada maestra per disegnare il futuro sostenibile del Friuli Venezia Giulia grazie alle possibilità offerte dall’Unione Europea.
Ne è convinta l’economista Chiara Mio, presidente di Crédit Agricole FriulAdria e professore ordinario del dipartimento di Management a Ca’ Foscari. Un monito per la politica ma anche per i singoli cittadini, per ritrovare fiducia nel futuro.
Presidente Mio, ci aiuti a capire come verranno usati, in concreto, i fondi di “Next Generation Europe” e come incideranno nella vita dei cittadini del Friuli Venezia Giulia.
«Cominciamo dal dire come non devono essere utilizzati questi soldi: non servono per spesa corrente come, ad esempio per ristori o cassa integrazione, perché sono a fondo perduto solo in parte. Diversamente, bisogna capire che il Covid è un’occasione per prendere consapevolezza della vivibilità dei territori.
Un esempio: pur in presenza di una condizione economica e di servizi molto simile a quella del Friuli Venezia Giulia, l’attrattività di Milano negli ultimi anni è stata elevatissima. Ma la differenza sta nella connessione di persone, merci e dati. Questi fondi sono l’occasione per ripensare questi rapporti.
Questo non significa vivere tutti in metropoli ma, al contrario, permettere anche a un comune di montagna dotato di una buona connessione dati di avere una didattica che attinge alle migliori risorse perché in collegamento con il mondo. Questo, per le aziende, si traduce in accessibilità».
Come si inserisce la politica, sia quella nazionale che quella regionale, in questo contesto?
«La politica nazionale oggi è confusa, ha imboccato una strada di concertazione molto ampia che però fatica a trovare la sintesi della decisione nei tempi giusti. Mi aspetto che una spinta importante arrivi dalla politica regionale o locale portando sul tavolo nazionale progetti condivisi a livello territoriale: bisogna evitare la polverizzazione.
Il Friuli Venezia Giulia dovrebbe riuscire a coagulare un progetto sul futuro assegnando un ruolo a ciascun capoluogo di provincia e a sua volta mettendosi in rete con Veneto, Emilia Romagna e Trentino».
E i sindaci? C’è spazio per loro in questo orizzonte?
«Contribuiscono a un progetto di lungo termine, assicurandosi che il loro territorio sia sinergico. Un esempio è la banda larga: hanno un ruolo di monitoraggio fondamentale».
Queste politiche devono essere tradotte in atti concreti. Ci sono le professionalità che possono consentirlo?
«La pubblica amministrazione è chiamata a un cambio di passo importante. Su questi temi – sostenibilità, digitalizzazione, circolarità – gli esempi più brillanti arrivano dal settore privato, salvo qualche caso isolato. L’Italia deve ripensare l’apparato che è retto da norme pensate per un mondo statico. Così come il privato si è fatto carico, finalmente, di una responsabilità sociale e ambientale anche al di fuori dei propri confini, il pubblico non può ragionare in maniera antica perché a pagare sono i più deboli».
Parlando di settore privato, qual è il ruolo degli istituti di credito in un’ottica sostenibile?
«La finanza ha già interiorizzato le opportunità della sostenibilità. Ad esempio Crédit Agricole ha partecipato al finanziamento di un’importante casa di moda indicando alcuni obiettivi di sostenibilità tra le condizioni per uno sconto di tasso. Anche i risparmiatori sono attenti a questi temi sia perché sono disponibili a rinunciare a una speculazione pur di avere un ritorno ambientale e sociale, sia perché hanno capito gli investimenti sostenibili sono meno rischiosi».
Torniamo al Friuli Venezia Giulia. Quali i punti di forza e quali le criticità?
«Ci sono diversi indicatori che misurano lo stato di salute dei territori: il nostro si presenta bene sotto il profilo ambientale come anche per la dotazione di servizi. Benissimo per quanto riguarda la partecipazione alla vita civica e al volontariato. Quello che è incredibile è la nostra stessa percezione, che è poco fiduciosa. Colmati i divari di connessione grazie a Next Generation Europe, bisogna trovare la forza di credere nel futuro». —
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