L’economia comune per comune, Cittadella: infrastrutture e una vera forza nel digitale

«I dati al momento sono buoni, ma il futuro – se non nero – di sicuro è grigio».
Omer Vilnai, delegato Confindustria Veneto Est di Cittadella, non cede a facili ottimismi e rilancia su due sfide: «Digitale e infrastrutture». Una premessa: «Quasi tutte le imprese della classifica Top 30 sono associate a Confindustria (qui il nostro speciale con tutti i dati), ovviamente il gruppo Gabrielli è leader. Si tratta di realtà con sede legale a Cittadella, quindi mancano diverse realtà – con fatturati importanti – della nostra zona più vasta, oltre i confini della città murata».

In questi cinque anni cosa è successo?
«Si sono sicuramente rafforzate le aziende più strutturate, il dato più bello è quello che vede un aumento dell'occupazione. Ma questo elemento si lega a uno dei nostri crucci: la ricerca di collaboratori è difficilissima. E questo tema è legato al grande nodo del calo demografico, urgenza che ovviamente non è solo industriale ma anche politica e sociale. Mancano persone per le industrie, ma esiste un forte bisogno anche per i servizi alle persone. Stiamo parlando di un punto strategico per la competitività di un territorio, noi stiamo lavorando molto sull'orientamento e sul rapporto con le scuole».
I dati di crescita cosa raccontano?
«Abbiamo delle conferme: la meccanica pesante e di precisione, l'arredamento e l'agroalimentare, sono questi i settori merceologici che funzionano, considerando e allargando lo sguardo a tutto il Cittadellese. Qui siamo forti, esportiamo molto».
Ma il presente non basta...
«Quello che forse manca a livello locale – ma anche a livello nazionale ed europeo, e quindi non è un problema solo di Cittadella – è una forza vera nel settore digitale. Siamo poco competitivi con il resto del mondo, con America, Cina ed India, dove esiste poca regolamentazione. Non c'è un big del Tech da noi, in Europa forse Vodafone, o Spotify. Noi abbiamo un modello ben rodato, con punte di altissima efficienza, ma se non guardo all'oggi ma al dopodomani credo che abbiamo qualche problema».

Dal cloud alla terra, è risolto il tema della viabilità?
«Cittadella è in mezzo alle autostrade, ma non ha un collegamento viario importante. In questo momento noi abbiamo la Pedemontana a nord, la A4 a sud, la Valdastico a ovest, la Venezia-Belluno a est. La Valsugana è una provinciale lenta, non ci sono risposte concrete sull'asse Padova-Bassano, si attraversano centri urbani come Rosà, Belvedere di Tezze, Cusinati, e più a sud San Giorgio in Bosco e Curtarolo».
Cittadella soffre la competizione con il Camposampierese?
«Nell'arco di 15 anni l'area intorno a Camposampiero ha eguagliato il Cittadellese in termini di unità produttive e di dipendenti. Non stiamo facendo nessuna gara, ma è un dato di realtà che consente di evidenziare quanto una infrastruttura possa supportare lo sviluppo industriale e pure urbanistico. Padova si sta espandendo lungo alcune arterie, verso il veneziano e verso Campodarsego, ma non verso nord-ovest».
Piccolo è ancora bello?
«La flessione delle unità produttive non equivale a una decrescita economica. Si stanno consolidando le realtà più importanti, che aumentano il fatturato, superando i livelli pre-Covid. Per quel che riguarda le costruzioni, ovviamente siamo di fronte ad un sistema drogato dai bonus fiscali: il settore ha attraversato una sofferenza pesante fino al 2015, poi le agevolazioni hanno determinato una crescita di imprese, addetti e fatturato».
Ma che sarà di questa zona, storicamente il cuore del Nordest, il concentrato di miracoli e laboriosità, ricchezza e dinamismo?
Vilnai sa bene che il passato è passato e che esiste solo un tempo verso cui si può andare: «Il futuro è un problema vero. Questo è un anno che per la prima volta segnala una minor crescita perché c'è una minor crescita globale, la Cina rallenta, di conseguenza gli esportatori europei rallentano, e noi che stiamo nella filiera vediamo il futuro non nero, ma di sicuro grigio. Ci preoccupa l'aumento dei tassi: molti investimenti sono stoppati». —
L’intervista/1
Sirmax Group continua a investire, tra nuove tecnologie e sostenibilità
Sirmax Group è un’azienda storica di Cittadella. Da 60 anni produce e trasforma granuli di plastica rendendoli adatti ad ogni tipo di applicazione: dal componente per l’automotive a quello per gli elettrodomestici, dalla sedia di design al prodotto per l’edilizia. L’azienda conta 13 stabilimenti nel mondo e dà lavoro a 850 collaboratori. Parla Massimo Pavin, presidente e Ceo di Sirmax Group.

Qual è lo stato di salute dell’azienda e il suo punto di forza?
«Sirmax viene da due anni di crescita straordinaria, il 2021 e il 2022, in cui di fronte alla rigidità dei grandi gruppi petrolchimici e alla fragilità dei piccoli produttori di materie plastiche, messi a dura prova dalla pandemia, si è saputa muovere bene conquistando nuove quote di mercato, grazie a due fattori strategici, velocità e flessibilità, che sono da sempre i nostri punti di forza. E ci permette di dire che lo stato di salute è ottimo, stabile e rassicurante».
Ha ancora senso investire in Italia?
«Non abbiamo mai smesso di investire, prova ne sono le operazioni che abbiamo intrapreso qualche anno fa, partendo proprio dall’Italia, sulla strada della sostenibilità, della circular economy e della bio-produzione. Più che di mete geografiche, parlerei di settori: ha senso investire in nuove tecnologie, in processi produttivi all’avanguardia, in strumenti organizzativi e previsionali moderni e, naturalmente, in sostenibilità. Il futuro è questo».
Come si resta azienda leader?
«Cercando di anticipare i trend di mercato, seguendo le logiche di business dei clienti per poter essere al loro passo, facendo crescere la propria azienda nelle persone e nella tecnologia. Il particolare momento storico in cui viviamo, le tensioni geopolitiche, l’inflazione alta, non aiutano; dobbiamo essere consapevoli del momento difficile ma non preoccupati per il futuro».
L’intervista/2
FuturaSun è un player globale leader nel settore del fotovoltaico
Fondata a Cittadella nel 2008 da un team di manager del distretto italiano del fotovoltaico, in 15 anni FuturaSun è divenuta un player globale leader nel settore. Oggi l’azienda, guidata da Alessandro Barin, è presente in oltre 70 Paesi con i suoi pannelli fotovoltaici ad alta efficienza. La crescita degli ultimi anni è stata esponenziale. Sta raggiungendo la capacità produttiva di 2 GigaWatt in Cina, mentre in Italia sta lavorando al progetto della Gigafactory che contribuirà alla creazione della filiera europea. In Cina, ha appena posato la prima pietra dell’avveniristico polo industriale che a regime produrrà 10 GW di celle fotovoltaiche.

Barin, qual è lo stato di salute del mercato fotovoltaico?
«Con i suoi alti e bassi, si trova in uno stato di salute complessivamente buono. Tuttavia, per mantenere il ritmo di installazioni e raggiungere gli obiettivi prefissati, è necessario superare alcune sfide, tra cui la possibilità di implementare l’energia solare a 360 gradi. Questo richiede il miglioramento delle reti, delle infrastrutture, l’accelerazione delle procedure burocratiche e la formazione dei professionisti del settore, al fine di garantire un equilibrio nella catena produttiva e rimuovere ostacoli che potrebbero bloccarla».
E la parte tecnologica? «Il fotovoltaico sta andando velocemente, dovrebbe assestarsi un momento e andare a stabilizzare alcuni processi. Tuttavia, questo andamento è guidato dalle leggi di mercato e il mercato dei player non è molto prudente».
Quali sono i nuovi investimenti?
«Ci stiamo concentrando sulla produzione di celle poiché rappresenta un passaggio chiave a cui ogni produttore globale deve dedicare attenzione. Il nostro investimento principale mira a crescere in upstream. Stiamo poi investendo nell’aumento della capacità produttiva, sia in Cina che in Italia». —
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