Licenziamenti in calo, ma crescono le dimissioni. Difficile ritrovare impiego
Il picco massimo nel 2012, nel 2024 sono stati circa 28 mila. Resta il nodo ricollocazione: solo un lavoratore su dieci trova un nuovo impiego entro un mese

Dopo il picco raggiunto a seguito della crisi economico-finanziaria del 2008, il fenomeno dei licenziamenti ha registrato in Veneto un progressivo ridimensionamento. La riduzione dei licenziamenti si è accompagnata poi a un aumento delle dimissioni volontarie, segnando un rafforzamento della mobilità occupazionale. Ma resta il nodo della ricollocazione dei lavoratori.
Nel rapporto diffuso ieri, Veneto Lavoro ha messo sotto la lente i licenziamenti e i percorsi dei lavoratori licenziati in regione. Il picco massimo dei licenziamenti si è raggiunto nel 2012, con poco meno di 60.000, cui è seguita una fase di contrazione che ha portato il flusso di licenziamenti ad attestarsi, nell’ultimo triennio, su una media di 35.000 unità.
Nel 2024, ultimo anno di osservazione, i licenziamenti dal tempo indeterminato sono stati nel complesso circa 28.000 (inferiori ai dati pre-Covid), il 15% del totale delle cessazioni. Nella maggior parte dei casi i licenziamenti riguardano recessi per volontà del datore di lavoro riferiti a procedure individuali, nel caso di oggettive difficoltà o necessità aziendali.
Nell’ultimo triennio sono stati poco meno di 20.000. Tra questi rientrano anche le cessazioni unilaterali del rapporto di lavoro legate al cambio di appalto. «Il Veneto continua a distinguersi per la sua vitalità occupazionale e i numeri ci dicono che la nostra Regione tiene, anzi cresce: i licenziamenti calano e sempre più lavoratori scelgono nuove opportunità» commenta l’assessore regionale al Lavoro, Valeria Mantovan «è la conferma che il nostro mercato del lavoro è vivo, dinamico e capace di adattarsi ai cambiamenti».
In Veneto resta però il nodo della ricollocazione: solo 1 su 10 tra i lavoratori licenziati riesce a ricollocarsi entro il primo mese, mentre circa il 30% non trova un nuovo impiego in regione nemmeno dopo un anno. La percentuale sale attorno al 35% entro i 6 mesi, al 50% entro 12 mesi (percentuale passata dal 44% dei licenziati del 2019 al 48% del 2023).
Nella maggior parte dei casi l’ambito di reimpiego rimane lo stesso del rapporto di lavoro concluso (nei servizi è attorno all’85%, nel comparto industriale più contenuto). Su questo terreno la Regione Veneto intende rafforzare il proprio impegno. «Non possiamo permetterci che tante persone restino ai margini del mercato del lavoro per periodi così lunghi» ha sottolineato Mantovan «per questo la Regione continuerà a rafforzare le politiche attive, i servizi per l’impiego e gli strumenti di formazione e riqualificazione. Basti pensare alle nuove campagne che abbiamo lanciato da poco proprio sui servizi, gratuiti, offerti dai Centri per l’Impiego diffusi capillarmente su tutto il territorio regionale».
Le procedure di licenziamento collettivo poi, ammesse per le aziende con più di 15 dipendenti che superano determinate soglie di esuberi, rappresentano una parte minoritaria del complessivo numero delle conclusioni contrattuali dal tempo indeterminato. Nel 2024 sono stati poco più di 1.400, il 5% del totale.
Ma i licenziamenti non sono riconducibili soltanto a situazioni di crisi o difficoltà dell’azienda e possono anche rappresentare strumenti di gestione del personale, specie nel caso dei licenziamenti disciplinari: dal 2015 hanno mostrato un peculiare incremento anche a seguito delle modifiche normative introdotte dal Jobs Act. Nel 2024 in Veneto sono stati 7.400, pressoché il doppio di quelli registrati nel 2015, molti dei quali per giusta causa.
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