La frenata di Miko è controllata «Nel 2020 cresceremo meno»

Il vento di Berlino soffia anche sul Friuli Venezia Giulia. Il gigante tedesco ha perso il passo e gli effetti iniziano ad avvertirsi anche nelle diverse realtà produttive della regione, che proprio nella Germania vedono il loro principale importatore. Tra queste una delle prime a saltare alla mente è la goriziana Miko, azienda leader nella produzioni di tessuti per il settore dell’automotive, che nel proprio portafoglio clienti vanta marchi del calibro di Mercedes-Benz, gruppo Volkswagen, gruppo Bmw (per il marchio Mini) e, ultimo solo in ordine di tempo, Porsche, che ha deciso di vestire con i tessuti goriziani l’ultimo modello Taycan, svelata al Salone di Francoforte tre mesi fa.
Primi segnali a novembre
Ma qual è la percezione che, dalle sponde dell’Isonzo, si ha del momento di difficoltà che sta attraversando l’economia tedesca? Ci aiuta a capirne qualcosa di più l’amministratore delegato di Miko, Lorenzo Terraneo. «Da novembre stiamo assistendo a un primo rallentamento degli ordini – ammette – che potremmo stimare tra il 10 e 20 per cento rispetto alle previsioni che ci eravamo fatti a inizio anno. Va anche detto che parte di questo dato si giustifica anche con il periodo di fine anno, sempre incerto, quando tutte le case cercano di arrivare a una chiusura positiva e tendono a rivedere gli ordini. La crisi tedesca non ha fatto altro che anticipare di quasi un mese queste incertezze. Il settore è in apprensione e anche confrontandoci con i colleghi tedeschi si respira un clima di grande preoccupazione. Non ci fa stare tranquilli. Ma altra cosa sono i numeri, che a ottobre per fortuna sono ancora nettamente positivi con un più 15 per cento rispetto a un anno fa. Sul 2020 stiamo rivedendo un po’ le nostre previsioni e, ora come ora, potremmo prevedere un calo del 5 per cento sul mercato tedesco ma, complessivamente, un anno ancora in crescita. Certo, se la situazione dovesse protrarsi, lo scenario a cui andremmo incontro sarebbe ben diverso».
A rappresentare l’incognita maggiore, secondo gli elementi raccolti da Miko nel corso dei recenti meeting con i colleghi tedeschi, sarebbe il segmento dell’elettrico, che a fronte di investimenti miliardari non sembra garantire un ritorno adeguato alle aspettative per le case automobilstiche. Non bastasse lo spettro della recessione tedesca, resta poi ancora da capire come evolverà la Brexit e come si muoveranno, di conseguenza, le case britanniche, Jaguar e Land Rover in primis. «Stiamo lavorando davvero molto bene con la Volvo - aggiunge l’ad goriziano - che ha rispettato i budget, sta investendo molto negli Stati Uniti, dove ha sede la nostra casa madre, la Sage Automotive Interiors che ha acquisito Miko nel 2015, e ha voluto i nostri tessuti su tutta le versioni della linea R-Design, nonché in Asia, soprattutto in Cina grazie a Volkswagen e in Corea con Hyundai e Kia».
Per avere un quadro più chiaro delle dimensioni che sta raggiungendo Miko e delle possibili conseguenze che la crisi tedesca potrebbe provocare anche in regione, vediamo alcuni dati. Nel 2018 Miko ha venduto quasi 3 milioni di metri di Dinamica, la sua microfibra ecologica, e il fatturato si è decuplicato nel giro di 10 anni, dagli 8 milioni di euro nell’anno del debutto nel settore automotive, ai 70 milioni del 2017 e agli 80 milioni dell’anno scorso. Ad oggi, tra i vari marchi con cui collabora, i modelli di auto che “vestono” Dinamica sono 80, compresa l’attesissima Taycan, la prima auto di Porsche completamente elettrica e con interni totalmente ecologici. E su questo aspetto il prestigioso marchio di Stoccarda non poteva trovare un partner migliore di Miko, una delle prime imprese italiane a credere nell’economia green.
Scelte ecologiche
Miko, infatti, come la sua storia testimonia, attribuisce da sempre grande importanza alle scelte ecologiche e al rispetto dell’ambiente. Non è un caso che l’azienda goriziana sia stata la prima (nel 1997) a produrre in Italia una microfibra ecologia, Dinamica, utilizzando bottiglie di plastica riciclata, e che oggi sia quella stessa azienda a diventare pioniera di una autentica “rivoluzione verde” con un progetto di ripristino e conservazione di Bosco Sacile, a Carlino, che ha come obiettivo quello di compensare l’anidride carbonica emessa da tutta l’organizzazione produttiva.
In parole povere, Miko intende farsi totalmente carico del proprio impatto ambientale e, nel giro di 5 anni, diventare carbon neutral. Il progetto, sviluppato assieme alla veneta Etifor, nel dettaglio prevede interventi di riforestazione e miglioramento forestale, tra cui la pulizia del bosco e la piantumazione di 5 mila querce, che garantiscano la cattura e conservazione di 5.600 tonnellate di CO2 ogni anno, ossia l’equivalente di quanto emesso dalla Miko in dodici mesi di produzione. «Da sempre ci sta a cuore il tema ambientale – commenta Terraneo – e ora investiamo in questo progetto perché contribuisce alla costruzione di una cultura della sostenibilità, direzione che sta cercando di seguire anche il mercato dell’auto con un numero sempre maggiore di motorizzazioni elettriche e una attenzione sempre maggiore ai temi ambientali».
Non basta, perché l’approccio green di Miko si declina anche attraverso un impianto fotovoltaico che alimenta la sede goriziana dell’azienda e che ha contribuito a ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera per circa 576 tonnellate all’anno, a cui si sommano i dati sul riciclo delle plastiche (388 tonnellate, praticamente il peso di 160 suv) convertite in tessuto Dinamica, e ai litri di acqua che, dopo essere stata utilizzata nelle fasi di tintura, viene depurata e in parte riutilizzata. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © il Nord Est