De Luca: «Trieste sarà l’avamposto europeo del Corridoio Imec»

Il diplomatico già Ambasciatore in India e Nepal fino al 2024: «Serve una cornice di regole omogenee su standard e procedure»

Marco Ballico
Una veduta su Trieste e il Molo VII (Lasorte)
Una veduta su Trieste e il Molo VII (Lasorte)

Trieste può tornare a essere ciò che fu all’alba dell’età moderna: soglia tra mondi, porto ponte tra Europa e Oriente. È lo scenario che si apre con Imec, il Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa.

Fermo restando che vanno assicurate «visione, prospettiva più che ventennale e le giuste alleanze», avverte Vincenzo De Luca, già Ambasciatore d'Italia in India e Nepal dal 2019 al 2024, consulente dello studio legale internazionale Gianni & Origoni. Il diplomatico sarà tra i relatori domani all’incontro “Trieste e le nuove rotte globali: il futuro nell’Imec”.

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La redazione

Ambasciatore, perché Imec è destinato a diventare una seria alternativa alle attuali rotte economiche?

Questo Corridoio nasce da una realtà geopolitica ed economica evidente. Se sommiamo gli interscambi tra Europa, India e Paesi del Golfo, parliamo di circa 500 miliardi di dollari l’anno. Una cifra destinata a crescere, perché sia l’Ue sia l’India stanno negoziando accordi di libero scambio e di protezione degli investimenti. È un progetto da guardare su un orizzonte di venti o trent’anni: nel 2047 l’India potrebbe contare su un’economia da 50mila miliardi di dollari.

Chi sono i principali attori che stanno spingendo per la sua realizzazione?

Ero a Delhi nel settembre 2023, al G20, quando Imec fu annunciato ufficialmente, presenti Usa, Ue, Italia, Francia, Germania, Emirati Arabi, Giordania e India, oltre a Israele. Da allora lo scenario è cambiato, con la crisi di Gaza che ha pregiudicato l’integrazione regionale. Ora speriamo che il processo di pace prosegua e si aprano nuove prospettive per l’area. Poi c’è la posizione americana sul Corridoio, non ancora ben definita. Ma il progetto resta strategico per la diversificazione delle rotte e delle catene di approvvigionamento.

Teme che l’incognita Trump possa cambiare gli equilibri?

Finora l’amministrazione americana non ha assunto posizione esplicita su Imec, ma gli Usa restano tra i promotori originari del progetto. E hanno tutto l’interesse che si realizzi.

Chiarita la prospettiva lunga, a che punto siamo?

In fase iniziale. Per attrarre investimenti internazionali serve una cornice di regole omogenee che armonizzi standard e procedure lungo il Corridoio. È un aspetto spesso trascurato, ma decisivo per dare stabilità e sicurezza giuridica agli investitori. Tuttavia, si delineano sin d’ora tre pilastri fondamentali: trasporti, energia e connettività digitale.

Imec sarà la nuova Suez?

In un certo senso sì. Offrirà una rotta alternativa e più sicura che, grazie a infrastrutture ferroviarie e digitali, collegherà il Golfo al Mediterraneo passando per la Giordania. Diversificare le vie di trasporto è oggi una questione di sicurezza economica e geopolitica.

C’è nel passato un progetto simile?

Per capire la portata di Imec tornerei alle reti europee Ten degli anni Novanta, che integrarono i mercati occidentali con quelli dell’Est. Imec potrebbe avere un effetto simile, ma su scala intercontinentale.

Prima il ministro Tajani, poi il viceministro Rixi, che ha annunciato una visita in India per chiudere l’intesa, hanno indicato Trieste come terminale europeo del Corridoio. Previsione realistica?

Sì, direi anche naturale. Trieste è il porto più collegato al cuore manifatturiero dell’Europa ed è cresciuto più di altri scali del Mediterraneo. Ha posizione, infrastrutture e connettività.

Può nuocere questa lunga fase priva di una guida in Autorità, nell’attesa della presidenza Consalvo?

Al di là di questo problema di gestione, che mi auguro sarà superato a breve, sul piano strutturale Trieste resta l’avamposto europeo del Corridoio tra Mediterraneo, Medio Oriente e India.

Giorni fa il presidente francese Macron è stato in visita a Lubiana, c’è chi teme la concorrenza di Marsiglia e Capodistria. Dobbiamo preoccuparci?

Non necessariamente. Il Corridoio non avrà un unico terminale. Come nella Belt and Road cinese, più porti potranno essere coinvolti. Ma i volumi di traffico contano, e i grandi flussi commerciali guardano all’area dove Trieste è collocata. Lì si concentra l’interesse reale degli investimenti.

In un contesto globale quale ruolo può giocare l’Italia?

L’Italia ha un partenariato strategico con l’India, rilanciato nel 2023 e rafforzato negli ultimi due anni. Anche l’Europa sta negoziando un accordo di libero scambio e protezione degli investimenti. L’India è il Paese più popoloso del mondo e cresce al 6,6% annuo, il doppio della media globale. È naturale che l’Italia voglia essere un ponte stabile tra Asia ed Europa: è la nostra vocazione storica. Non a caso il governo italiano mostra grande attenzione: ha nominato un inviato speciale, l’ambasciatore Francesco Talò, per seguire il dossier. È il segno che l’Italia ci crede.

Che ruolo può svolgere la politica regionale?

Vedo grande fermento. Trieste sta giocando bene le sue carte, sia attraverso il Forum Trieste per l’Imec, sia con il coinvolgimento di Università e operatori locali. 

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