Interporti, porti e ferrovie a Nord Est: «Saranno snodo della ricostruzione»
La logistica al centro della Conferenza di Roma: Trieste e Venezia vogliono diventare scali della nuova Ucraina

Mentre in Ucraina i bombardamenti russi proseguono senza ancora una chiara soluzione all’orizzonte, l’attenzione internazionale è invece già concentrata sul futuro del Paese aggredito.
E l’Italia, attraverso il sistema logistico e portuale del Nord Est, si candida a giocare un ruolo di primo piano nella ricostruzione che, secondo la Banca mondiale, costerà oltre 500 miliardi di euro.
Un tema fondamentale, quello del sostegno logistico all’Ucraina, che ieri pomeriggio a Roma, nel corso della Conferenza per la ripresa dell’Ucraina, è stato anche oggetto di uno specifico incontro bilaterale tra Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, e il vice primo ministro slovacco Peter Kmec.
Al centro del confronto la creazione di nuovi corridoi logistici tra Italia, Slovacchia e Ucraina con l’obiettivo di sviluppare a Nord Est hub multimodali e terminal cargo coinvolgendo le competenze logistiche italiane.
«L’Italia è al centro del processo per la ricostruzione dell’Ucraina con le sue imprese», ha detto ieri Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy. E il bilaterale con Kmec è stato l’occasione per fare il focus sul «potenziamento dei corridoi logistici e commerciali tra i Paesi anche attraverso i porti di Trieste e Venezia» che, è l’obiettivo del ministro, vogliono diventare anche “porti” dell’Ucraina, dato che l’alto Adriatico rappresenta un punto nevralgico della logistica europea.
Qui infatti insistono scali strategici – come quelli di Trieste e Monfalcone – e una rete intermodale articolata che, attraverso gli interporti di Cervignano, Trieste, Pordenone, Gorizia, Verona e Padova, può collegare efficacemente l’Europa centrale e orientale al Mediterraneo.
Una struttura logistica che ha già assunto rilevanza in occasione dello scoppio della guerra in Ucraina nel 2022: la chiusura del porto di Odessa, la riduzione dei traffici con Mariupol e le necessarie riconfigurazioni delle filiere industriali ucraine hanno infatti offerto al Nord Est l’opportunità di sostenere l’Ucraina sia nel breve che nel lungo periodo.
Il potenziale del sistema logistico del Nord Est, è stato sottolineato ieri, si esprime in particolare nella componente intermodale, dove l’integrazione tra ferrovia e porto rappresenta un asset competitivo in chiave europea. In questa prospettiva, lo scalo di Cervignano del Friuli – snodo cruciale tra i corridoi Adriatico-Baltico e Mediterraneo – è destinato a diventare un hub centrale per i futuri flussi di ricostruzione da e verso l’Ucraina.
E un tassello fondamentale di questa visione è il progetto per la realizzazione del terminal intermodale per le merci di Horonda, cittadina ucraina alla frontiera con Slovacchia e Ungheria. Promosso da Rfi in collaborazione con Ukrzaliznytsia, il “Dry Port” dovrà trasferire merci tra scartamenti ferroviari differenti e funzionerà da centro logistico per cereali, oli vegetali e componenti industriali. Sebbene rallentato dagli eventi bellici, il progetto resta una priorità per i prossimi anni.
E in questo senso il dialogo con la Slovacchia è decisivo dato che rappresenta il secondo snodo fondamentale verso l’Ucraina. Il transhipment hub di Čierna nad Tisou, già operativo al confine ucraino, e i collegamenti intermodali attivi dal 2016 tra Trieste e Dunajska Streda hanno infatti dimostrato di poter sostenere flussi crescenti: nel 2024 sono stati movimentati quasi 30.000 Teu con una crescita media annua del 20% dal 2020.
E l’interesse slovacco a integrare i propri corridoi ferroviari con l’Italia, recentemente confermato anche dal presidente del Paese nel corso di una visita a Trieste, rafforza l’idea di un asse strategico che dovrà sfruttare anche la direttrice ferroviaria di Tarvisio che diventerà uno degli assi più rilevanti in quanto soluzione più efficiente per gli operatori che servono destinazioni collocate verso l’Est Europa.
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