Agsm Aim investirà 1,1 miliardi in 5 anni: «Pronti a crescere»

Il gruppo sul quinquennio fra 2025 e 2030: «Focus su impianti, reti e clientela». Nuove installazioni per produrre 1 terawatt di energia, il doppio di oggi

Edoardo Bus

È stato presentato giovedì a Verona il nuovo piano industriale di Agsm Aim 2025-2030, definito «ambizioso» dal presidente Federico Testa e certamente sfidante. Sono infatti previsti oltre 1,1 miliardi di euro di investimenti con focus su sostenibilità, crescita nelle rinnovabili e mitigazione del rischio, con l’obiettivo di scalare posizioni tra le multiutility nazionali, puntando su un rapporto diretto e dialogante con i clienti.

I target economico finanziari al 2030 sono di un Ebitda di 250 milioni di euro (+53%), un utile netto di 71 milioni di euro (+62%) e un rapporto di indebitamento inferiore al 4% (Pfn/Ebitda: 3,6). L’amministratore delegato Alessandro Russo ha esordito dicendo: «Siamo i leader del Nord Est e intendiamo crescere a livello nazionale. Già oggi siamo il quarto operatore in Italia per le reti di teleriscaldamento e il quinto nella distribuzione di energia elettrica. Affronteremo questo quinquennio concentrandoci su impianti, reti e clienti».

Nel dettaglio, gli obiettivi sono la realizzazione (o l’acquisto) di nuovi impianti per produrre 1 terawatt di energia (circa il doppio di oggi), di cui l’80% da fonti rinnovabili; per le reti elettriche e gas l’ammodernamento, con investimenti in digitalizzazione e resilienza; per il teleriscaldamento, lo sviluppo della rete (oggi di 200 chilometri) nelle città di Verona e Vicenza, grazie anche al progetto della geotermia, puntando al 50% di energia termica green immessa in rete. Infine, l’introduzione di servizi a valore aggiunto e investimenti in strumenti digitali, per crescere fino a 1,2 milioni di clienti, aprendo ben 48 store sul territorio italiano.

Ma la presentazione del piano è stata anche l’occasione, per il presidente Testa, di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, attaccando in particolare l’Enel, gli ecoterroristi e la politica che non decide. Sul primo punto ha ricordato che l’85% della distribuzione elettrica è in mano ad Enel, quando una vecchia legge prevedeva che da quest’anno si sarebbe dovuto gestire il mercato in modo diverso, non consentendo a singoli operatori di avere più del 25%. «Vogliamo anche noi poter gestire questi asset, visto che si parla tanto di federalismo e che abbiamo a che fare con un soggetto (Enel, ndr) che – ha detto – solo per il 27% è in mano pubblica e per il resto appartiene a investitori istituzionali perlopiù stranieri». Sul secondo punto ha ricordato l’impianto di Monte Giogo al Mugello in Toscana, dove è in costruzione un parco eolico che è stato danneggiato. «Dietro a questo impianto c’è una storia di sette anni di richieste e ricorsi – ha spiegato. - Ora abbiamo tutte le autorizzazioni e lo Stato deve garantire a chi opera in ottica di decarbonizzazione di lavorare senza problemi». Infine, sull’impianto trattamento dei fanghi di Cà del Bue, vicino a Verona: «Non è nostra intenzione voler forzare la mano e attendiamo il parere della Regione su come smaltirli al meglio. Ma bisogna decidere, perché intanto i fanghi veneti vengono dispersi in campagna, dove potrebbero inquinare le falde, o caricati su camion e portati in Romania o Bulgaria facendo mille chilometri a tratta».

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