Industria e lavoro Agrusti: «In Ghana la prima Academy, per formare operai»

Lanciata l’iniziativa di Confindustria Alto Adriatico

Molte aziende interessate al progetto che partirà a gennaio

Elena Del Giudice

Carenza di manodopera e inverno demografico, difficoltà per la migrazione interna, miss-match persistente e un territorio che resta fortemente manifatturiero. Un mix di fattori «che vanno affrontati con intelligenza, e questo progetto è parte della risposta». A dirlo Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico, nell’annunciare l’avvio a gennaio di una Academy in Ghana che si occuperà di formare persone di quel Paese interessate ad acquisire competenze spendibili in Friuli Venezia Giulia.

«I fatti sono evidenti - spiega Agrusti -: manca nel nostro territorio sia manodopera specializzata che profili generici. Siamo in pieno calo demografico, basta ricordare che il prossimo anno scolastico inizierà con 135 mila ragazzi in meno. E se anche oggi - rimarca il presidente degli industriali - riuscissimo a imprimere una inversione al trend delle nascite, i bimbi di domani entreranno nel mondo del lavoro tra 20 anni. E nel frattempo?».

Incrociare le geografie del Paese, favorendo la mobilità di persone che vivono in regioni in cui l’offerta di lavoro è possibile ma non sempre agevole: «molti giovani non vogliono abbandonare i propri luoghi, e quindi andrebbero create le condizioni per incentivare questa mobilità, favorendo rientri frequenti e alleviando le spese logistiche», è la proposta che Confindustria ha anche già consegnato alla politica.

E dunque ecco un progetto per affrontare il problema manodopera «utilizzando le leggi che ci sono e andando a formare i lavoratori nei loro Paesi di origine» ancora Agrusti. La scelta è caduta sul Ghana, forti dell’esperienza già vissuta in Electrolux, che ha dimostrato la buona capacità di integrazione della comunità ghanese nel territorio. «Nel pordenonese - cita il dato Agrusti - i ghanesi sono il 12% della popolazione, con punte del 20% a Casarsa. Sono di religione cristiana, cattolici o protestanti, ed è quello religioso uno dei fattori che possono facilitare o meno l’integrazione».

Il progetto è già in fase avanzata: la prima sede dell'Academy sarà ad Accra «ed abbiamo coinvolto diversi soggetti, a partire da Umana, che possiede già un ottimo know how per la formazione all’estero, abbiamo il sostegno della ambasciatrice italiana in Ghana che ci ha segnalato un istituto salesiano che già si occupa di formazione tecnica». Venerdì un primo summit al quale parteciperanno anche aziende interessate, tra cui Fincantieri e Friul intagli. Si partirà dalla formazione di base su profili individuati per arrivare «all’Its, che resta uno dei nostri obiettivi» ancora Agrusti.

Ovviamente il progetto garantisce ai lavoratori ghanesi una corsia preferenziale per l’ingresso in Italia: «il decreto flussi - ricorda Agrusti - favorisce proprio questo genere di iniziative. E dell’iniziativa abbiamo informato il ministero degli Esteri e anche la Regione».

Superabili i vincoli che il Fvg pone per l’accesso ad agevolazioni? Penso ai requisiti di residenza... «La Regione sa che un territorio manifatturiero ha necessità di manodopera che oggettivamente non c’è, così come è un problema che mette a rischio la tenuta del sistema un rapporto pensionati-occupati già critico. Vanno trovate modalità per affrontare questi temi, favorendo gli spostamenti interni da aree ad alto tasso di disoccupazione ad aree ad alta richiesta di manodopera, mettendo a disposizione strutture alberghiere per chi proviene da città distanti oltre 500 km. Abbiamo anche suggerito una proposta di legge che renda più “corta” l'Italia, agevolando i trasferimenti, consentendo la detrazione di viaggi low cost».

Intanto l’Academy in Ghana «che non è un’iniziativa spot - sottolinea Agrusti - ma un disegno organico in grado di produrre effetti positivi per lungo tempo, nel quale investiamo anche quello che io ho definito “sistema Fvg” e che tiene insieme la scuola superiore, gli Its, il Polo tecnologico, la Lef, e che diventa un patrimonio a disposizione anche di chi arriva in questo territorio e sceglie di rimanere. L'alternativa al non affrontare il tema manodopera - conclude il presidente degli industriali -, è la desertificazione industriale».

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