Sette grandi famiglie del Collio al Vinitaly con il Pinot bianco

Castello di Spessa, Livon, Pascolo, Russiz Superiore, Schiopetto, Toros, Venica&Venica

a Verona per presentare un vitigno proposto come simbolo di una produzione di eccellenza

Maurizio Cescon

VERONA. La Rete del Pino bianco nel Collio ha scelto di essere protagonista alla 54a edizione di Vinitaly rappresentando le sette importanti aziende che hanno creduto in questo progetto: Castello di Spessa, Livon, Pascolo, Russiz Superiore, Schiopetto, Toros, Venica&Venica. Dopo aver varcato i confini regionali, presentandosi a Milano al mondo della ristorazione con una cena a cura dello chef tristellato Enrico Bartolini, la Rete rilancia, non potendo mancare all’evento più importante del mondo del vino nel panorama italiano e internazionale. La volontà dei produttori consorziati è infatti di promuovere il progetto di aggregazione.

Queste sette cantine hanno deciso di raccontarsi e impegnarsi, mettendo assieme competenze ed esperienze, nella valorizzazione e nella promozione dell’elegante vino bianco in una zona di confine vocata alla viticoltura a ridosso delle aree alpine. Come? Lo hanno fatto con una degustazione guidata dalla sommelier e giornalista enogastronomica Patrizia Pittia e dal giornalista agroalimentare Adriano Del Fabro, dedicata alle nuove annate e alle riserve più rappresentative. Il Vinitaly è la vetrina ideale per presentare un progetto innovativo promosso da cantine che credono in questo vitigno come simbolo di una produzione di eccellenza. Uno degli obiettivi dell’associazione è esaltare le peculiarità del territorio: per questo le sette famiglie si considerano “sentinelle” del Collio, con l’intento di preservare il Pinot bianco e lanciarlo nel firmamento dei vitigni a bacca bianca più conosciuti ed apprezzati. La degustazione è partita dall’ultima annata di ogni cantina, per raccontare la progettualità e il rinnovato entusiasmo, evidenziando le varie sfumature che caratterizzano i vini delle sette famiglie, accomunati da quella inconfondibile freschezza e fragranza tipiche del vitigno e del territorio friulano. Un territorio che è stato raccontato anche attraverso la Riserva di ogni cantina, per sottolineare la sua peculiarità di generare vini di struttura, longevi e apprezzati ovunque anche nella loro maturità. Infatti, è da oltre 150 anni che il Pinot bianco ha preso fissa dimora nel Collio, trovando le condizioni climatiche ottimali per esaltare tutte le sue qualità, per questo si annovera tra i vini bianchi più raffinati ed eleganti al mondo. E questa realtà di impresa si fa promotrice di una visione a lungo termine, di un programma europeo di sostenibilità della filiera e della tutela delle buone pratiche, lanciando un messaggio di unione e aggregazione che nel mondo del vino, in Friuli Venezia Giulia, talvolta manca.

Intanto, sempre riguardo alla presenza del Fvg a Verona, c’è un interesse crescente attorno alla Ribolla gialla, il vino bianco autoctono che la Regione, quest’anno, ha voluto protagonista a Vinitaly. Lo confermano gli apprezzamenti di alcuni big veneti del Prosecco («di Ribolla ne parlano tutti, anche fuori dal Friuli»), gli incontri organizzati dall’Ersa con i buyers di mezzo mondo, l’endorsement di un personaggio noto come Joe Bastianich, che è pure produttore sui Colli orientali («la Ribolla si sta già ritagliando quote di mercato negli Stati Uniti»). E ci sono pure aziende che studiano utilizzi alternativi del vitigno. Forchir ne ha fatto un vermut, con 15 erbe tutte friulane, Collavini ne ha fatto addirittura un igienizzante per le mani.

«Stiamo lavorando per la tutela del vitigno - dice un soddisfatto assessore regionale all’Agricoltura Stefano Zannier - . Da quando abbiamo presentato la domanda, ormai alcuni anni fa, le regole dell’Ue sono cambiate, c’è stata la pandemia di mezzo. Da Roma attendiamo novità a breve». Ma l’esponente della giunta Fedriga (il presidente e l’assessore Bini saranno oggi in visita agli stand del Fvg) ha un cruccio. «Adesso basta con queste vendite sottocosto della Ribolla - afferma -. Bottiglie vendute a 1,99 euro nei supermercati sono cose che non si possono vedere, che fanno male ai produttori e al sistema. Evidentemente c’è chi usa il nome Ribolla gialla come specchietto per le allodole, la smercia senza guadagnarci, pur di attirare i clienti. E poi è vino che non si sa da dove viene». —

M.C.

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