Se Safilo taglia Longarone: fabbrica eccellente ma sovradimensionata. E ora si spera in Thélios
Lo stabilimento conta 475 persone dopo i tagli del piano 2019
I francesi potrebbero rilevarlo. A marzo le decisioni del management

Gli affari sono affari. E seguendo questa logica che si può leggere la comunicazione di Safilo sul destino dello stabilimento di Longarone: non più ritenuto strategico e sul quale l’azienda sta ricercando soluzioni alternative. Ma quello stabilimento non è solo un pezzo delle poste di bilancio del gruppo padovano dell’occhiale.
Tra quelle linee, dove oggi lavorano 475, c’è un pezzo fondamentale della storia e dell’industria dell’occhialeria italiana. Se questa è la premessa cosa potrebbe avvenire adesso è faccenda che sta nelle valutazioni del management di Safilo.
Angelo Trocchia, ad del gruppo, ha “girato” l’azienda dopo l’addio dei marchi francesi, Dior in primis, storicamente prodotto proprio a Longarone. Tuttavia la ricostituzione del livello dei ricavi (nel 2022 oltre un miliardo a +11%) è stata fatta cambiando profondamente il modello di business. Se prima la top line di Safilo era rappresentata da occhiali della fascia alta, con design e produzione che giustificavano il made in Italy con il prezzo, oggi quel modello non esiste praticamente più.
La virata di Trocchia verso un gruppo più sostenibile sul fronte del business è la prevalenza di un posizionamento di brand sulla fascia premium e accessibile. Un nuovo modello per l’appunto. A Longarone oggi vengono prodotti, tra gli altri, Jimmy Choo (la licenza scade a fine 2023) Hugo Boss e Carrera (brand di proprietà). La produzione è fondamentalmente in metallo. Mentre a Santa Maria di Sala, dove si fa l’acetato, insistono altri brand e sempre lì si produce ancora per Kering Eyewear. L’azienda guidata da Roberto Vedovotto ha esteso il contratto di fornitura fino al 2026. Ergo su quello stabilimento c’è una visibilità di almeno altri tre anni.
Longarone, invece, potrebbe essere interessante per Thelios, che declina ogni commento sulla vicenda. La manifattura che appartiene a Lvmh (79,2 miliardi di euro di ricavi e gli occhiali sono un pezzo importante nella strategia dei suoi brand proprietari: Dior, appunto, ma anche Fendi, Celine, Loewe)dove il big francese ha deciso di internalizzare la produzione di eyewear.
Ma c’è un però. Thélios si estende oggi su 20 mila mq in uno stabilimento che occupa solo a Longarone 800 dipendenti, con una potenzialità di circa 4 milioni di pezzi, già quasi pienamente raggiunta. All’inizio di luglio Thélios è tornata ad investire nel bellunese con l’acquisizione di Metallart, operante nella lavorazione artigianale del metallo. Tutti indizi che potrebbero rendere interessante uno stabilimento che sta dall’altra parte della strada. Ma la fabbrica bellunese di Safilo è ritenuta sovradimensionata.
E questo nonostante una riduzione di 400 unità operata attraverso esodi volontari in base al piano industriale del 2019 concluso lo scorso marzo. Il timore è dunque che sì, probabilmente qualcuno potrebbe intervenire e rilevare quello stabilimento, dove c’è un patrimonio di competenze straordinario nella lavorazione del metallo per il segmento lusso dell’occhiale, ma solo dopo una riduzione delle maestranze.
Cosa farà Safilo lo si saprà solo tra qualche tempo, da quel che risulta, al Capital Market Day di marzo il management dovrebbe arrivare con delle opzioni sul tavolo. Intanto a fine febbraio dovrebbe essere previsto un nuovo incontro con la Regione. Ieri il titolo ha ceduto l’8,74 per cento in Borsa, gli analisti si sono detti delusi dalle vendite in Nord America. Longarone non è stato messo neppure nel radar.
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