Piaserico, neo presidente di Federorafi: “Focus mercati su USA, Dubai ed Estremo Oriente”

Stati Uniti e Medio Oriente, innanzitutto. E, con la necessaria dose di pazienza e organizzazione, anche Cina e Giappone. Sono questi i mercati internazionali strategici dei prossimi anni per la gioielleria italiana. Lo sottolinea Claudia Piaserico, neo presidente di Federorafi eletta in rappresentanza di Fope Spa, storica azienda vicentina quotata in Borsa

Federico Piazza
Claudia Piaserico
Claudia Piaserico

VICENZA. Stati Uniti e Medio Oriente, innanzitutto. E, con la necessaria dose di pazienza e organizzazione, anche Cina e Giappone. Sono questi i mercati internazionali strategici dei prossimi anni per la gioielleria italiana. Lo sottolinea Claudia Piaserico, neo presidente di Federorafi eletta in rappresentanza di Fope Spa, storica azienda vicentina quotata in Borsa.
Federorafi rappresenta oltre 500 imprese industriali del comparto orafo, argentiero, gioielliero e del corallo e cammeo italiano: un settore con più di 31.000 dipendenti e un fatturato di 7,5 miliardi di euro (pre Covid), l’85% esportato. E l’export, dopo la forte contrazione dell’anno scorso, nel primo trimestre 2021 è tornato a crescere segnando +20% sul primo trimestre 2020 (dati Centro Studi Confindustria Moda). Numeri incoraggianti, anche se in parte influenzati dal forte aumento dei costi delle materie prime. In risalto il mercato statunitense (+49,7% tendenziale), che rappresenta oltre il 15% del valore.
Claudia Piaserico parla degli obiettivi che il sistema Italia del gioiello persegue sui principali mercati target internazionali, mentre riprendono gli eventi con i due importanti appuntamenti di VicenzaOro e JGT Dubai. Ma anche delle perduranti incertezze sui viaggi all’estero che anche quest’anno rendono difficile, e sicuramente limitata, la presenza delle aziende italiane alle fiere di Las Vegas e Shanghai.
Inoltre Piaserico evidenzia due temi al centro del suo mandato quadriennale in Federorafi: la formazione coordinata tra tutti i distretti orafi italiani per riavvicinare i giovani al settore e la legalità su cui ha istituito una delega ad hoc.

Presidente, il mercato USA rimarrà di grande soddisfazione per il gioiello Made in Italy?
“È tra i mercati che stanno rispondendo di più. E per svilupparlo ulteriormente stiamo lavorando su più fronti. Notevole è stato il successo del modello promozionale approntato da ICE in collaborazione con Federorafi: accordi con i retailer americani basati sulla formula del no consignment, che prevedono l’impegno ad acquisti effettivi, non in conto vendita, di determinati volumi di prodotti italiani in cambio di budget promozionali per il gioiello italiano finanziati da ICE. I dati a consuntivo di 4 anni e mezzo di attività sono di estremo interesse e certificano il successo di operazioni finalizzate all’incremental business misurabile: 38 accordi stipulati con 17 partner del dettaglio organizzato (Amazon Online, Ben Bridge, Costco, Evine, Fred Meyer, Helzberg, Homeshopping, JC Penney, Ross-Simons, Lee Michaels, London Jewelers, Lux Bond & Green, Macy’s, Neiman Marcus, Piercing Pagoda, Saks Off 5th, Zales), che hanno coinvolto 7.802 punti vendita generando 222,4 milioni di dollari di ordini effettuati con la formula del no consignment e 341,5 milioni di dollari di vendite reali. E su 933 aziende italiane partecipanti, oltre un terzo (383) sono quelle che hanno fatto il loro debutto nel mercato USA come nuovi fornitori”.

Ci saranno aziende italiane alla fiera JCK Show di Las Vegas di quest’anno?
“Gli eventi sono ancora purtroppo una nota dolente in USA, perché permangono importanti limitazioni sui viaggi. Il workshop previsto per luglio a New York è stato cancellato. E le tante aziende italiane che non hanno una presenza sul territorio americano faticano a organizzare e gestire la partecipazione alla fiera di Las Vegas di fine agosto, perché ad oggi non è possibile accedere agli Stati Uniti se non con una dichiarazione di interesse nazionale da parte delle ambasciate”.

Quali sono le fiere internazionali su cui si punta nei prossimi mesi?
“Vicenza e Dubai. VicenzaOro di settembre non potrà ancora essere la fiera come la conoscevamo ma siamo convinti che sarà un input importante per riprendere i contatti in presenza. E in scia a Expo 2021, a febbraio 2022 si terrà la prima edizione di JGT Dubai (Jewellery, Gem & Technology) organizzata da IEG (Italian Exhibition Group) e Informa Markets. Molto rilevante è l’hub di Dubai per l’area medio-orientale e africana e per il dialogo con la Turchia. In occasione della fiera si terrà una mostra d'immagine di tre settimane con esposizione di gioielli Made in Italy presso l'Istituto Italiano di Cultura di Abu Dhabi. E a Dubai ci saranno un evento di networking in cui l'Ambasciata italiana in UAE e l’ICE inviteranno i buyer per incontri con le nostre aziende e un talk istituzionale sul tema della sostenibilità per il settore orafo”.

Quale strategia per il grande mercato cinese del lusso?

“In Cina la questione chiave è l'organizzazione, l'improvvisazione non può funzionare. Ho avuto un'esperienza diretta con il mercato cinese e la necessità di un partner locale è conditio sine qua non per l'operatività. L'approccio culturale e gli stili di comunicazione e di vendita sono molto differenti dai nostri, anche sugli utilizzatissimi canali digitali. E le policy in materia di controllo qualità, logistica e assistenza post vendita sono molto complesse”.

Sempre più vendita diretta in Cina e meno intermediazione dell’hub di Hong Kong?
“Il trend è quello. Indubbiamente in Cina c'è interesse verso il prodotto italiano, e ha aiutato il taglio dei dazi nel 2018 sulle importazioni di oro e gioielli da 20-30% a 8-10%. Ma occorre organizzarsi per raggiungere le diverse strutture di distribuzione cinese. I test con la fiera campionaria CIIE (China International Import Expo) di Shanghai, dedicata solo agli espositori non cinesi, hanno dato un buon riscontro. Purtroppo anche quest'anno ci sono complicazioni di quarantena, e quindi non sappiamo quante delle aziende italiane interessate a partecipare all’edizione di novembre 2021 saranno effettivamente presenti”.

Perché rilanciare l’approccio al Giappone?
“Certamente il Sol Levante è un mercato difficile per approccio culturale, molto attento ed esigente su qualità, precisione e puntualità. E oggi per noi conta solo per l’1%, a confronto del 15,2% di USA, del 13,2% di UAE per via dell’hub di Dubai, e dell’8,8% combinato di Hong Kong e Cina. Ma una volta conquistato è anche un mercato fedele, che quindi paga e appaga. Ed è importante anche in chiave Cina, perché i cinesi guardano a ciò che accade in Giappone: un brand che si radica in Giappone è un brand anche per la Cina. Pertanto, con la dovuta pazienza, cercheremo di replicare con la grande distribuzione giapponese il modello che ha avuto successo in USA. Quindi, sempre con ICE, si sta avviando un primo test nell’ambito del progetto Gioielleria Giappone studiato nel 2019, che era stato rallentato dalla pandemia”.

Ci sono già risultati?
“ICE sta definendo un primo accordo di collaborazione, non ancora ufficiale, con un importante network di televendite, che in Giappone è un canale di acquisto molto utilizzato dai consumatori. L’obiettivo è migliorare e sviluppare le performance di vendita delle aziende orafe italiane già fornitrici del network, incrementare stabilmente il numero di prodotti e fornitori italiani, accrescere la conoscenza dell'autentico gioiello Made in Italy tra i consumatori giapponesi, anche con dei live streaming in aziende italiane presso i distretti produttivi e un documentario sulla gioielleria italiana realizzato entro la fine dell’anno sempre dal network televisivo”.

Formazione e lavoro. Nella dichiarazione di insediamento lei ha sottolineato l’obiettivo di “far tornare i giovani ad innamorarsi del nostro mestiere e, di conseguenza, offrire loro gli strumenti per poterlo praticare”.
“Stiamo parlando di una parte importantissima della cultura del nostro paese che rischia di perdersi e che, invece, ha ancora tanto da offrire alle nuove generazioni di questo paese. Assieme ai giovani dovremo valorizzare il saper fare italiano che a tutti i livelli, dall’alta artigianalità al prodotto realizzato con le più moderne e sofisticate tecnologie, continua a far sognare i consumatori di tutto il mondo.

Che professionalità sono richieste nel settore orafo? 
“In produzione servono ingegneri (soprattutto meccanici, perché ci sono sistemi di produzione molto industrializzati), prototipatori, lustraresse, operai a banco, varie figure specializzate. Ma anche statisti analisti nel comparto delle leghe, e marketer con una particolare propensione al mondo del bello e alla comunicazione della moda”.

Si fatica a trovare profili adeguati in produzione?
“L'evoluzione delle nostre realtà negli anni non è stata accompagnata da una corretta comunicazione di quello che le aziende effettivamente necessitano, e di come una fabbrica orafa oggi sia una realtà diversa rispetto al passato. Sicuramente la propensione ad avvicinarsi al nostro settore è venuta meno, anche a causa di un generale fenomeno culturale e sociale che ha portato i giovani e le famiglie a scegliere spesso percorsi di studio che non preparassero a lavorare in ambito fabbrica”.

Cosa occorre fare quindi?
“Per poter attrarre i giovani dobbiamo essere bravi a comunicare quello che facciamo, come lo facciamo, cosa siamo diventati, come effettivamente si sta all'interno delle nostre fabbriche. Comunicare contenuti e opportunità. Per esempio, la smaltatura: l'interpretazione e l'applicazione del colore è una tecnica artistica, chi ha fatto il liceo artistico può incanalare la sua attitudine in un settore che offre la possibilità di farlo. Ma se non si è a conoscenza di questa opportunità si rischia di buttare all'aria attitudini e capacità perché non si sa dove impiegarle”. 

Come fare?
“Ci siamo posti la sfida con Alessia Crivelli, che ho voluto come vice presidente con delega alla formazione, perché a Valenza con la Fondazione Mani Intelligenti ha iniziato un ottimo percorso di recupero dell'artigianalità orafa e di tutte le arti legate al settore. Evitando l’equivoco ricorrente di concepire la figura dell’artigiano come era una volta: oggi occorre creare e produrre con strumenti che per forza di cose devono essere evoluti. Spero che l’esperienza di Valenza possa cadere a pioggia a livello nazionale, con un coordinamento tra i distretti che comunichi le opportunità del settore in maniera più esaustiva. Servono corsi integrati e studiati in maniera omogenea per tutti i distretti, in modo che ci sia una formazione comune. Anche con l'integrazione di un ITS e di una scuola e un'effettiva alternanza scuola-lavoro”.

In evidenza anche la questione della legalità.
“Ho introdotto una delega specifica alla cultura e alla legalità, in capo a Egidio Chini. In questo momento in cui la pandemia ha fatto sì che iniezioni di denaro si rendessero necessarie in molte aziende per far fonte alle difficoltà, ci può essere un avvicinamento della criminalità organizzata. Le questioni dell'antimafia e dell'antiriciclaggio vanno affrontate assieme alle forze dell'ordine, per tenere più sicure le nostre imprese. Idem per la contraffazione: la legalità è il presupposto per una leale concorrenza e di conseguenza un benessere per l’intero comparto. Quello della legalità è un tema da affrontare in maniera esplicita”.

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