Mutinelli: «Italian Wine Brands con Enoitalia sarà un polo per il mercato globale»

«L’Italia è il primo produttore di vino al mondo, ma è caratterizzato da una struttura imprenditoriale molto parcellizzata. Il nostro obiettivo è dar vita a un polo del settore sempre più grande per poter competere a livello globale e disporre delle risorse necessarie a investire nello sviluppo commerciale, di marketing e nell’innovazione di processo e di prodotto» dice l’ad di Italian Wine Brands
Luigi Dell’olio
Prosecco in two glasses on a wooden table
Prosecco in two glasses on a wooden table

VERONA. «L’Italia è il primo produttore di vino al mondo, ma è caratterizzato da una struttura imprenditoriale molto parcellizzata. Il nostro obiettivo è dar vita a un polo del settore sempre più grande per poter competere a livello globale e disporre delle risorse necessarie a investire nello sviluppo commerciale, di marketing e nell’innovazione di processo e di prodotto». Alessandro Mutinelli, presidente e ceo di Italian Wine Brands (Iwb), racconta così le strategie del gruppo che ha da poco rilevato Enoitalia, azienda da oltre 200 milioni di fatturato, con sede a Calmasino.

Il 100% delle azioni è stato valutato 150,6 milioni di euro, con la famiglia proprietaria – Pizzolo – che non è passata all’incasso, bensì ha reinvestito nella capogruppo Iwb, diventandone il primo azionista con il 15,91% attraverso la sottoscrizione di azioni di nuova emissione. «Un’operazione che mette insieme la forza di due realtà imprenditoriali consolidate nel mercato con l’obiettivo di acquisire una forza superiore alla somma delle parti», aggiunge Mutinelli. Ricordando che dall’aggregazione prenderà vita il primo gruppo vitivinicolo privato italiano per dimensione, con ricavi aggregati per 405,1 milioni di euro e un margine operativo lordo di 42,7 milioni (base dati: bilanci delle due società a fine 2020), risultati frutto della somma tra le vendite dirette e quelle presso gli scaffali della grande distribuzione organizzata. «L’ingresso di Enoitalia nel gruppo ci darà una spinta importante soprattutto a livello internazionale, grazie alla sua forza soprattutto in Gran Bretagna e Stati Uniti, oltre a consentirci una maggiore capacità produttiva», aggiunge. Quotatasi all’Aim nel 2015 grazie alla Spac Ipo Challenger promossa da Electa di Simone Strocchi, attuale vice presidente del gruppo, Iwb conserva comunque la struttura di public company, con il flottante intorno al 70%. Una condizione che potrebbe renderla oggetto di interesse da parte di realtà più grandi, soprattutto di matrice internazionale. «La scelta di lasciare al mercato la maggioranza dell’azienda è voluta perché crediamo che questa sia la strada maestra per reperire risorse da investire in una fase di grandi cambiamenti per il settore», spiega Mutinelli. «Siamo consapevoli che c’è la possibilità di un takeover, ma sappiamo anche che il modo per ridurre questo rischio è continuare a crescere, creando valore per tutti gli stakeholder. Con la crescita è più facile essere cacciatori e non prede».

Solo nell’ultimo anno Iwb ha più che raddoppiato il proprio valore di Borsa e oggi capitalizza oltre 260 milioni di euro, mentre se il confronto viene fatto a cinque anni la crescita è di tre volte e mezza. Un’esperienza di successo, dunque, in un periodo in cui sono poche le aziende del territorio a quotarsi e molte più quelle che si delistano. «Oltre a raccogliere risorse per la crescita, la quotazione è un banco di prova quotidiano che richiede regole ferree nella comunicazione, trasparenza, confronto con gli azionisti», conclude il timoniere.

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