Laura Dalla Vecchia: «L’Europa chiarisca le regole: nessuna ideologia sulla sostenibilità»
L’analisi della presidente di Confindustria Vicenza sugli orizzonti dell’economia e delle imprese «Speriamo in un 2024 che riporti alla stabilità ed agli investimenti. La questione energetica al centro»

«La gravissima stasi normativa in Europa ci impedisce di avere una reale visibilità sugli investimenti». Laura Dalla Vecchia, presidente di Confindustria Vicenza, aveva tuonato contro il nebuloso impianto normativo europeo in tema di transizione verde già nella sua relazione all’annuale assise degli imprenditori berici.
Sul palco quella volta dopo di lei salì il commissario Gentiloni che dedicò una parte consistente del suo intervento sulla frenata mondiale e sulla grande occasione per l’Italia data dal Pnrr. Ma per la leader di una delle province più ricche e industrializzate d’Europa il tema resta il cardine attorno al quale costruire qualsiasi punto di svolta. Per giunta in un momento di debolezza della domanda internazionale e tassi di interesse ancora sopra i livelli dell’ultimo decennio (la Bce li ha fermati a 4,5% a settembre del 2023 ndr.). L’attesa è per un allentamento della politica restrittiva della Banca Centrale. Ma poi guardandosi attorno la situazione è parossistica: una crisi geopolitica nel cuore dell’Europa cui si somma quella Israelo-palestinese che non cessa di bruciare, innescando timori di possibili reazioni a catena in Medio Oriente. E tutto ciò, come sottolinea la stessa Dalla Vecchia, all'alba di un anno che sarà caratterizzato da elezioni in mezzo mondo, con un occhio ovviamente alle urne aperte in Europa e negli Stati Uniti.
Presidente Dalla Vecchia partiamo dalla fine, che 2023 è stato. Vicenza è tra le principali province esportatrici del paese e quindi avamposto anche per capire a più ampio raggio l’economia del Nord Est?
«Vicenza, con la sua forte componente manifatturiera, ha affrontato il 2023 come un anno più impegnativo rispetto al 2022. La provincia, che ha un’ampia e variegata attività industriale che spazia dalla metalmeccanica alla chimica, dalla concia alla plastica, fino ai beni strumentali, ha visto andamenti diversificati nei suoi settori. È stato un anno a macchia di leopardo, con una tendenza alla riduzione rispetto al 2022. L’anno scorso, l'accumulo di incentivi e l'aumento dei prezzi, uniti alla paura di una mancanza di beni, hanno spinto all'accaparramento delle merci, creando una domanda esagerata. Tuttavia, nell’anno che sta per chiudersi questo impulso è venuto meno, soprattutto a causa della cessazione degli incentivi, la riduzione del ricorso al credito, tutto ciò ha creato uno stop significativo. L'aumento dei tassi di interesse, combinato all'incertezza geopolitica, ha ulteriormente frenato gli entusiasmi, portando a un rallentamento sia nei consumi privati che negli investimenti finanziari delle aziende».
È stato un anno a due facce, un po’ la coda degli ordini incamerati nel 2022 ha tenuto su la prima parte dell’anno. Ma poi il rallentamento globale e in generale la frenata di automotive e altri beni durevoli hanno impresso una frenata generalizzata.
«È andata così, il primo semestre è stato caratterizzato da un'attività sostenuta, con ordini elevati, ma nella seconda metà dell'anno si è assistito a un blocco significativo. I settori più colpiti sono stati l'automotive e quelli ad esso connessi, come la componentistica e la pelle. Poi sono venuti meno anche gli incentivi. Pensiamo alla questione dei bonus. Il blocco della cessione del credito ha particolarmente influenzato molte aziende, che non hanno più potuto beneficiare di questa facilitazione, portando a un rallentamento generale e a una difficoltà nello smaltimento dei magazzini».
Le tensioni internazionali hanno fatto il resto...
«La situazione geopolitica internazionale ha avuto un forte impatto sull'andamento mondiale, con una perdita totale del mercato russo, precedentemente molto importante per diversi settori importanti anche da noi nel vicentino, dalla vinicoltura alla componentistica meccanica. Lo sviluppo dei mercati internazionali è stato reso incerto da queste tensioni, rendendo difficile per le aziende capire dove e come investire».
L’automotive è un comparto cardine anche per un’economia come quella italiana dove l’industria dell’auto non è più a livello di quella francese o tedesca.
«Ma noi siamo fornitori fondamentali di quelle filiere, non solo le parti meccaniche, ma anche elettronica, plastica, pelle».
C’è anche una questione di nuove norme sul fronte dell’elettrico che non ha reso semplice leggere il mercato.
«Un'altra componente di impatto, che vale per tantissimi settori, è stata la posizione europea riguardo all'energia, caratterizzata da molte buone intenzioni ma con una realizzazione non così semplice. La transizione verso l'elettrico, ad esempio, si è rivelata complicata senza incentivi adeguati, essendo economicamente insostenibile per molte famiglie. Queste difficoltà hanno portato a un rallentamento degli investimenti e alla necessità di una pianificazione più chiara e graduale».
Che orizzonte vede per le imprese?
«Sarà un 2024 spero di ritorno alla stabilità».
Ci attende un 2024 di elezioni, a giugno quelle europee a Novembre gli Stati Uniti.
«Vedremo cosa uscirà dalle urne. Penso soprattutto in Europa alla componente dei “verdi” decisa a implementare regolamenti a favore delle energie rinnovabili. Questa spinta ambientalista suggerisce che sarebbe vantaggioso avere una commissione tecnica dedicata all'energia, che possa elaborare un piano di sviluppo sostenibile di 7-8 anni, anziché di quattro. Un orizzonte temporale più esteso potrebbe risultare più sostenibile per le imprese, che sono sempre più orientate ad investire in prodotti richiesti dal mercato».
Il tema energetico resta in cima all’agenda?
«La Commissione Europea, guidata da intenzioni nobili ma talvolta tecnicamente inadeguate, dovrebbe focalizzarsi su una conversione energetica basata su dati concreti e sostenibilità reale, piuttosto che su ideologie. L'energia, in particolare, è un ambito che richiede un approccio ingegneristico, con una pianificazione che consideri l'intero ciclo di produzione e consumo per garantire la sostenibilità. Gli incentivi rivestono un ruolo cruciale in questo contesto; la loro mancanza potrebbe portare le aziende a dover sostenere interamente i costi, facendo fronte alla concorrenza dei paesi low-cost che potrebbero minare l’industria europea. Pensiamo alla dipendenza dai paesi asiatici per tutta la componentistica elettrica ed elettronica: dalle pompe di calore ai motori».
Nel 2024 scade anche il mandato di Carlo Bonomi, abbiamo letto a più riprese i nomi dei possibili futuro presidente. Tra questi è emerso anche il nome del leader degli industriali veneti Enrico Carraro.
«Per quanto riguarda Confindustria, è emersa la necessità di una forte rappresentanza nazionale, con un presidente capace di dialogare con il governo e di portare avanti le istanze del settore. I nomi dei possibili candidati sono vari, ma ciò che conta è la capacità di rappresentare efficacemente l'industria in un periodo di incertezza geopolitica e di sostenere gli investimenti nelle aziende».
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