Lattebusche salva i conti dell’anno più difficile: «E ora la fusione Agriform-Parmareggio»

BELLUNO. Lattebusche archivia un 2020 positivo, nonostante un mercato del latte altalenante e le limitazioni dovute al Coronavirus, conferma un fatturato superiore ai 110 milioni di euro e sottoscrive, da protagonista, l’accordo appena siglato fra Agriform e Parmareggio.
«Un anno difficile», spiega Antonio Bortoli, direttore generale della cooperativa, «che ci ha messo a dura prova. Non è stato facile districarsi fra tutte le limitazioni dovute alla pandemia per una realtà come la nostra, che raccoglie latte, lo lavora e vende un’ampia gamma di prodotti attraverso canali molto diversi. Diciamo, però, che poter agire su diverse leve ci ha consentito di limitare di danni».
Partiamo dal latte...
«Il 2020 era iniziato relativamente bene, poi lo scoppio del Coronavirus e il crollo del prezzo dei formaggi Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Asiago e Montasio, dovuto in gran parte alla forte produzione di latte, hanno segnato a metà anno una situazione di forte crisi del settore. Nell’ultimo semestre, però, c’è stata una decisa ripresa».
Come avete chiuso?
«Dobbiamo vedere gli ultimi aggiustamenti, ma supereremo ampiamente i 110 milioni di euro, confermando sostanzialmente quanto fatto nel 2019».
Come si compone il vostro fatturato?
«A grandi linee, il 50% è dato dalla rete, ovvero Gdo (Grande distribuzione organizzata), Normal Trade (piccoli negozi), Horeca (ristoranti, caffetterie, mense, bar), ingrosso; il 10% deriva dai nove Bar Bianco; il 35% da Agriform, che vuol dire stagionatura del Grana Padano e mercato estero; il rimanente proviene da siero e panne».
Come sono andate queste diverse voci?
«La Gdo ha tenuto bene, così come i piccoli negozi; l’Horeca, invece, ha avuto un crollo drammatico, a causa delle ripetute chiusure di tutte le attività legate alla ristorazione, a causa del lockdown».
I Bar Bianco?
«Abbiamo avuto due andamenti diversi: laddove abbiamo anche il servizio bar, come a Busche e a Sandrigo, il calo è stato netto. Si parla rispettivamente del meno 20%, su un fatturato che era stato di 5 milioni di euro nel 2019, e del –15%, sui 2,5 milioni dei dodici mesi prima. È abbastanza normale se si pensa che queste due realtà godono di un grande traffico di passaggio, che viene drasticamente meno se la gente è bloccata a casa o può spostarsi solo nel proprio comune di residenza. Gli altri sette Bar Bianco, invece, sono degli spacci e quindi si rivolgono soprattutto alla clientela locale e hanno tenuto. Da sottolineare che a Busche e Sandrigo gli scontrini sono diminuiti in maniera maggiore rispetto al fatturato, ovvero abbiamo avuto meno clienti, che però hanno acquistato in media di più, a dimostrazione della grande richiesta dei nostri prodotti sul mercato».
E veniamo ad Agriform, da gennaio è iniziata una nuova avventura.
«Sì, come annunciato a novembre è nata una newco fra Agriform e Parmareggio. Un’aggregazione che interessa, tra società e caseifici, ben 2000 produttori di latte, e unisce le due Dop italiane più importanti: Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Si parte da un fatturato aggregato di oltre 550 milioni e si punta a superare i 600 già quest’anno».
Qual è la strategia?
«Sono realtà complementari, attive da decenni in Veneto ed Emilia Romagna; ParmaReggio più forte in Italia, Agriform all’estero, con evidenti sinergie da sfruttare».
Qual è il ruolo di Lattebusche in questo accordo?
«Lattebusche, che è socio di riferimento di Agriform con quasi il 40% del capitale, è rappresentato nel nuovo Cda dal nostro presidente Augusto Guerriero e conta di beneficiare delle ottime prospettive commerciali che si sprigioneranno da questa nuova società. Agriform detiene il 30% del capitale della newco, con una minoranza qualificata, perché protetta da importanti accordi parasociali che garantiscono il controllo su tutte le decisioni di straordinaria amministrazione. Il presidente sarà espresso da Parmareggio per il primo triennio e poi sarà a rotazione. Vice presidente operativo è Nisio Paganin, che era il direttore generale di Agriform e ha la delega a tutte le Dop venete, come Grana Padano Piave, Montasio ed Asiago».
Torniamo ai numeri di Lattebusche. Quanto latte avete lavorato nel 2020?
«I nostri 350 soci ci hanno conferito 1.440.000 ettolitri di latte, pari a oltre 3.800 quintali di latte al giorno. Lavorando ininterrottamente, sia durante il lockdown che sotto le fortissime nevicate di questi ultimi giorni. Abbiamo sei stabilimenti, a Busche, Sandrigo, Chioggia, Camazzole, San Pietro in Gu e Padola, con diverse specializzazioni produttive, e circa 300 dipendenti, che ci tengo a ringraziare per l’impegno che hanno dimostrato lavorando in condizioni assai difficili: a loro è andato anche un concreto riconoscimento, sia in denaro che in prodotti. Serviamo circa 4 mila clienti in tutta Italia, di cui 3.500 in Veneto, molti quotidianamente con prodotti freschi e freschissimi».
Per i prodotti a marchio Lattebusche la materia prima viene tutta dalla provincia di Belluno, e quasi il 50% dai comuni del Parco delle Dolomiti Bellunesi. Cosa si devono aspettare i soci?
«La redditività sarà inferiore all’ottimo 2019, ma senz’altro buona rispetto all’andamento del mercato. Possiamo dire di aver reagito bene di fronte a un evento eccezionale, come il Coronavirus, che ha condizionato in maniera pesante (influendo sui ricavi, ma anche sui costi) tutti gli aspetti della nostra attività, dalla raccolta alla trasformazione, dalla gestione amministrativa alla vendita diretta, alla distribuzione. E che ci ha obbligati anche a tagliare qualche intervento a favore della cultura e dello sport, perché abbiamo deciso di dedicare quelle risorse ad associazioni che si occupano del disagio sociale ed economico sul territorio». —
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