Addio al re del mandorlato di Cologna, è morto Italo Garzotto

Erede della dinastia, ha custodito la ricetta per quattro generazioni. E ora tocca al figlio Dino
Enrico Ferro

COLOGNA VENETA. Per più di mezzo secolo ha custodito la ricetta dello storico mandorlato di Cologna Veneta, quel magico mix di miele, albume d’uovo, zucchero e mandorle sbucciate divenuto uno dei simboli del Natale, oltre che del Veneto.

Quella del mandorlato “Garzotto Rocco & Figlio” è una storia di passione che inizia nel 1840 e che si tramanda di generazione in generazione, fino alla sesta attualmente alla guida dell’azienda. Lunedì questa storia ha perso uno dei suoi protagonisti, perché all’età di 82 anni è morto Italo Garzotto. Le semplificazioni, quando si parla di brand così forti, sono dietro l’angolo.

Si potrebbe parlare di Italo Garzotto come del “re” del mandorlato, o come uno dei “padri” di questo dolce inconfondibile. “Semplicemente mio padre è stato un grande lavoratore, che ci ha insegnato tutti i segreti di questo prodotto inventato dalla mia famiglia”, dice orgoglioso Dino Garzotto, che ha raccolto il testimone insieme alla figlia Sara. Italo Garzotto era il discendente della famiglia che affinò l'antica ricetta dell'oro bianco, come lo chiamano da queste parti, messa a punto dagli speziali Antonio Finco e Italo Marani, con Rocco Garzotto, che di Italo era il trisavolo.

Lunedì mattina ha accusato un malore, è stato trasportato d’urgenza in ospedale a Legnago e, di lì a poco, è morto. Lavoratore instancabile, aveva festeggiato gli 82 anni giusto il 20 dicembre scorso. Giusto il tempo per uno scambio di auguri con i familiari stretti, per far fronte ai ritmi di un lavoro che in questo periodo dell’anno è al pieno regime. Italo aveva iniziato giovanissimo a frequentare il laboratorio e la bottega del nonno: a 13 anni conosceva già tutti i segreti del tipico dolce veneto, che tanti hanno provato a imitare.

E così a metà degli anni Cinquanta, insieme al padre Rocco, decide di portare avanti l’attività di famiglia e si butta anima e corpo sull’ampliamento del laboratorio. Si deve a lui la trasformazione della piccola attività artigianale in un’azienda di medie dimensioni.

“Il cambio di paradigma è stato proprio in quegli anni” racconta il figlio Dino. “Con i nuovi macchinari riuscirono a incrementare la quantità di prodotto, senza però perdere la qualità”. Il prodotto apprezzato si lega indissolubilmente con il suo marchio riconoscibile, oggi un brand che si colloca a tutti gli effetti tra le eccellenze del “made in Italy”. La sfida vinta da Italo è stata proprio questa, mantenere sempre alto il livello di un prodotto e della sua azienda. Lascia la moglie Natalina, i figli Dino e Maria Antonietta, tre nipoti e un pronipote di appena nove mesi.

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