Il calzaturiero torna in affanno: «La guerra blocca la ripresa»
L’analisi di Piazzetta Cuccia: le principali aziende venete fatturano 2,7 miliardi. Badon: «Nel 2022 cresciuti del 18%, Ucraina e Russia pesano il 3% dell’export»

VENEZIA. Leader per numero aziende di medie e grandi dimensioni e distretti sul territorio. È l’immagine del Veneto che emerge dallo studio sul settore calzaturiero realizzato dall’Area Studi di Mediobanca. Gli analisti di Piazzetta Cuccia hanno analizzato i dati finanziari di 170 aziende produttive nazionali con un fatturato superiore a 10 milioni di euro, oltre ad approfondire la mappa produttiva e l’andamento del comparto a livello mondiale.
Secondo lo studio, nel 2021 vi è stato un forte rimbalzo rispetto al primo anno di pandemia (+21%), con un fatturato arrivato a 9,5 miliardi di euro. Un dato comunque ancora inferiore del 6% rispetto al 2019. Fino a qualche settimana fa sarebbe stato lecito attendersi nuovi massimi nell’anno in corso, ma l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, con le conseguenze sull’interscambio commerciale e sui prezzi dell’energia rende molto difficile il raggiungimento dell’obiettivo. Le esportazioni verso la Russia rappresentano una quota contenuta del totale del settore calzaturiero (2,7%), ma le sanzioni potrebbero limitare la spesa dei consumatori russi, in particolare i detentori di grandi patrimoni interessati soprattutto alle calzature di lusso.
Tornando allo studio, il Veneto è la regione con il maggior numero di imprese calzaturiere con ricavi superiori ai 10 milioni: la regione ne conta 59, sostanzialmente il doppio delle Marche (30), che ottiene la piazza d’onore, mentre a completare il podio è la Toscana con 24 aziende, tre in più della Lombardia.
«Il 2021 è stato un anno di grande ripresa, con una crescita del 18% sia in termini di quantità vendute, che di valore», commenta Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici. «Abbiamo iniziato il 2022 con un ritardo ancora dell’11% rispetto al pre-pandemia e contavamo di colmarlo, ma la crisi ha fatto saltare i piani». L’imprenditore padovano adesso vede grigio: «La ripresa economica nazionale prosegue, ma il clima di incertezza pesa sui consumi». Senza considerare i rapporti con il mercato ucraino e quello russo, sostanzialmente azzerati. «In totale contano per il 3% dell’export, ma mi metto nei panni degli imprenditori che hanno inviato gli ordini e probabilmente non verranno mai pagati».
Mediobanca ha inoltre realizzato un approfondimento ad hoc per questo giornale sulla situazione regionale, che si ferma al bilancio 2020. Le 59 aziende calzaturiere venete hanno registrato ricavi totali per oltre 2,68 miliardi di euro (il valore più alto in Italia), pari al 34,3% del giro d’affari totale, con quasi 17.500 dipendenti. Rispetto al 2019, il fatturato è calato del 21,9% (poco meno della media nazionale, il 22,4%), mentre il numero dei dipendenti è sceso del 4,8% (media nazionale dell’1,5%). La filiera della calzatura ha una forte connotazione distrettuale che riguarda 140 società rappresentative dell’85,9% del fatturato totale.
In Veneto sono presenti tre dei quindici distretti industriali del settore calzaturiero attivi sul territorio nazionale, tra cui il più popolato sportsystem di Asolo e Montebelluna specializzato in scarpe sportive, dove operano 27 imprese con un fatturato aggregato di 1,78 miliardi di euro (il valore più alto in Italia). Seguono il calzaturiero della Riviera del Brenta (18 imprese e 0,55 miliardi di euro di ricavi) e il calzaturiero Veronese (8 imprese e 0,25 miliardi di euro).
Se invece si guarda la classifica nazionale per fatturato, due dei primi quattro gruppi calzaturieri italiani sono veneti: Lir (Geox-Diadora) al secondo posto dopo Salvatore Ferragamo, e Tecnica Group, al quarto dopo Tod’s. E se si allarga lo sguardo alla Top15 calzaturiera, cinque sono aziende venete: oltre alle già citate Lir e Tecnica, troviamo Manufacture de Souliers Louis Vuitton (gruppo Lvmh) al sesto posto, Grisport al nono e Calzaturificio S.c.a.r.p.a. al 14esimo.
Riproduzione riservata © il Nord Est