Giovani condannati a star peggio dei padri: l’ascensore sociale scende solamente

Il 43,3% dei nordestini si ascrive oggi a una classe medio-bassa, quota simile a quella di 5 anni fa e inferiore alla media nazionale (56,7%). Sommando a questi il 10,6% che si colloca nella fascia bassa, otteniamo che poco più della metà della popolazione (53,9%, 65,7% in Italia) si situa nella parte inferiore della stratificazione sociale.
Young millennial businessman speaking to a group of young professionals in a conference room in a place of business; Sherwood Park, Alberta, Canada
Young millennial businessman speaking to a group of young professionals in a conference room in a place of business; Sherwood Park, Alberta, Canada

Eppur non si muove. Potrebbe essere declinata così la celebre frase attribuita a Galilei se osservasse in questi anni l’ascensore sociale dei nordestini e ancor più per gli italiani. È il risultato di un paese divenuto vischioso. Dove innovazioni e cambiamenti procedono lentamente e carsicamente, perché incontrano resistenze più o meno latenti, frutto di incrostazioni sedimentate nel tempo.

Gruppi corporativi, intrecci di interessi particolari, resistenze culturali: tutto rema a frenare o irretire. Gli esempi della propensione alla conservazione sono molteplici, e in tutti gli ambiti. Dal sistema economico che accusa una produttività incapace di accelerare, passando per la farraginosità di un sistema burocratico pubblico che impone un’inestricabile giungla di vincoli, fino a un sistema politico incapace a trovare una progettualità che dia uno slancio al Paese.

Al punto che il Presidente Mattarella è dovuto ricorrere a una personalità di indiscussa professionalità e reputazione, come Draghi, al di fuori degli schemi politici per dare una prospettiva al Paese. Ambedue pronti, a ogni piè sospinto, a sottolineare la necessità di fare arretrare le bandiere politiche e identitarie nella ricerca di un bene comune per fare uscire l’Italia dallo stallo in cui si trova.

Sembra che solo nella extra-ordinarietà delle situazioni siamo capaci di colpi d’ala. Una su tutte è la tanto evocata costruzione del ponte “Genova San Giorgio” (ex Morandi): edificato in poco meno di due anni, quando in condizioni normali per una simile infrastruttura ci sarebbero voluti almeno due lustri. Oggi tutti invocano quel modello di gestione delle opere pubbliche per rendere più spedite la realizzazione di infrastrutture.

La pandemia se ha reso ancor più evidenti le difficoltà di un paese bloccato, costituisce una straordinaria occasione per modificare i meccanismi di funzionamento, grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Anche perché bisogna agire sul versante della mobilità sociale delle persone: l’ascensore sociale che in precedenza aveva permesso a diversi gruppi sociali di accedere a condizioni di vita migliori, da troppo tempo si è bloccato. Anzi, per diverse famiglie ha imboccato un percorso discendente.

L’hanno ricordato di recente i dati Istat sulla diffusione della povertà in Italia, così come le Caritas sui loro centri di aiuto. Un riverbero lo troviamo parimenti nella percezione degli italiani (Reputation Science per Open Fiber). Il 43,3% dei nordestini si ascrive oggi a una classe medio-bassa, quota simile a quella di 5 anni fa e inferiore alla media nazionale (56,7%).

Sommando a questi il 10,6% che si colloca nella fascia bassa, otteniamo che poco più della metà della popolazione (53,9%, 65,7% in Italia) si situa nella parte inferiore della stratificazione sociale. Quota che, nel 2016, era il 48,6% (59,2% in Italia). All’opposto, il 46,1% si posiziona nella fascia medio-alta e alta (ben di più dell’Italia (44,3%), ma era il 51,4% un lustro addietro (40,8% in Italia).

Dunque, il Nord Est rimane una società con un benessere più diffuso della media nazionale, ma assistiamo a uno slittamento verso il basso di una parte delle classi sociali, confermando l’arresto del processo di “cetomedizzazione” (di deritiana memoria) che aveva preso avvio negli anni 70. Analizzando i flussi fra i ceti, è più facile avvenga una mobilità discendente, piuttosto che ascendente.

Più della metà di quanti affollano la parte bassa della stratificazione sociale provengono dalla classe medio-bassa (48,7%) e medio-alta (6,2%). In altri termini, assistiamo a un fenomeno di bi-polarizzazione. Da un lato, i ceti medio-alti (78,9%) e alti (83,3%) riescono a conservare più agevolmente le posizioni acquisite. Dall’altro lato, sono in particolare quelli medio-bassi a vedere erose le proprie posizioni e a scendere nei gradini sociali inferiori. In tutto ciò, la possibilità di prendere l’ascensore sociale in ascesa riguarda meno di un decimo della popolazione (8,8%).

A essere più segnati da una mobilità discendente sono i territori del Centro-Nordest, ovvero le aree caratterizzate da un sistema produttivo diffuso, composte da piccole imprese e lavoro autonomo, per un verso. E, dall’altro, il capitale umano dotato di un livello di istruzione basso. Ciò suggerisce almeno due priorità per il PNRR. La prima riguarda una revisione strutturale del sistema di welfare che tenga in considerazione quella parte di lavoro imprenditoriale e autonomo (scelto o imposto dal mercato) che fino ad ora era rimasto nel cono d’ombra dei sostegni nei casi di crisi, ma che non può più essere ignorato.

La seconda indicazione riguarda il capitale umano. Opportunamente il Presidente Draghi ha richiamato l’attenzione e la decisione di investire su ITS e IFTS quali canali di formazione delle giovani generazioni per il loro inserimento sul mercato del lavoro e quale risposta alla domanda diffusa di tecnici di cui le imprese lamentano la scarsità. Ciò non di meno, un’analoga attenzione deve essere dedicata all’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) costruendo una progressività e integrazione verticale nel sistema formativo tecnico-professionale (si veda la proposta di Forma al PNRR).

Gli IeFP del Nord Est coinvolgono quasi 40 mila allievi sui 280 mila a livello nazionale, di cui circa 2,5mila (sui 25 mila in Italia) hanno potuto saggiare l’apprendimento in contesto lavorativo, grazie al Sistema Duale (la cosiddetta “sperimentazione Bobba”). Innovazione che ha generato esiti assolutamente positivi sia sul versante dell’inserimento lavorativo, sia sull’innovazione della didattica degli stessi enti, come rilevato da uno studio di prossima pubblicazione (Fondazione per La Scuola-Community Research&Analysis).

Perché il miglior reddito di cittadinanza che si possa distribuire per l’occupabilità delle persone è quello dell’investimento nella formazione del capitale umano. — © RIPRODUZIONE RISERVATA

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