Pioggia di profitti sulle maggiori banche ma i sindacati lanciano l’allarme prestiti
I conti della First Cisl, sindacato dei bancari. Colombani: finanziamenti a famiglie e imprese, approccio non giustificabile

Le banche italiane hanno ripreso a macinare utili, ma tengono ben stretti i cordoni della borsa quando si tratta di concedere prestiti. Una situazione che non ha paragoni nelle altre grandi economie europee, riconducibile in parte al timore di una recessione nei mesi a venire e in parte alla desertificazione degli sportelli – particolarmente forte a Nord Est – che evidentemente non permette di fare valutazioni caso per caso sulle storie aziendali, lasciando spazio alle sole analisi dei software.
Analizzando i dati del terzo trimestre, la First Cisl ha rilevato che i primi cinque gruppi bancari della Penisola hanno messo a segno un aumento dei proventi operativi del 21,8%, grazie ad una crescita del margine di interesse del 56,7% rispetto allo stesso periodo del 2022. Un risultato che non è da ascriversi come merito degli istituti, quanto piuttosto alla stretta monetaria della Bce, dato che costituisce la differenza tra il costo al quale si finanziano gli istituti e il tasso che applicano ai finanziamenti che concedono. Le commissioni di Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps e Bper sono risultate – nel loro insieme – in leggero calo (-2,7%), mentre i costi operativi sono rimasti sostanzialmente fermi (-0,3%), anche se hanno continuato a contrarsi i costi del personale (-1,1%), dato che stanno proseguendo i prepensionamenti.
Il mix di questi fattori ha prodotto un’impennata degli utili (+78,6%) e l’ulteriore riduzione del cost/income ratio (42,5%), cioè il rapporto tra i costi operativi – come quelli amministrativi, per il personale e per le proprietà - e il margine di intermediazione.«Si tratta di dati che evidenziano il buono stato di salute delle banche italiane, ma non giustificano in alcun modo l’approccio seguito nel momento in cui si tratta di finanziare famiglie e imprese», commenta il segretario generale First Cisl, Riccardo Colombani. Infatti gli impieghi scendono del 5,8% nel confronto annuo, in controtendenza con i maggiori paesi europei. Secondo i dati Bce (al 30 giugno 2023), che si riferiscono alle banche europee di peso, vigilate direttamente da Francoforte, il calo degli impieghi in Italia è del 3,7%, mentre il valore medio Ue è +1,3%, in linea con quello di Spagna e Germania, mentre la Francia registra un incremento addirittura del 3,2%.
«Se guardiamo alla congiuntura, non siamo di certo messi peggio degli altri Paesi presi come riferimento», aggiunge Colombani. Che, da sindacalista, sottolinea anche un altro aspetto: continua a salire la produttività: aumentano sia il prodotto bancario (+ 3,9%), che il risultato di gestione (+51%) per dipendente.
«Queste tendenze sono determinate dall’ulteriore calo dei lavoratori (- 3,5%, poco più di 8.500 persone, dato medio di periodo) e dall’aumento dei ricavi. L’incidenza del costo del personale sui proventi operativi scende dal 32,2% al 26,1%. Intanto continuano a scendere anche gli sportelli, con un calo del 5,9% nel confronto a un anno, pari a 740 chiusure.
Una scelta che per il momento paga in termini di bilancio degli istituti, ma che a lungo andare rischia di rivelarsi di corto respiro senza un tessuto sociale ed economico vivace e consistente».
Tirando le fila, Colombani sottolinea «che la richiesta economica avanzata dai sindacati unitariamente per il rinnovo del contatto nazionale dei bancari è assolutamente coerente con il contesto».
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