Caltagirone entra in Mediobanca con l'1 per cento del capitale

Tra i soci storici delle Generali, dove spesso è stato considerato «alleato» di Leonardo Del Vecchio, Caltagirone affianca così lo stesso Del Vecchio anche nella partita Mediobanca, che di Generali è il primo azionista
Italian newspaper Francesco Gaetano Caltagirone at the end of the second edition of the meeting 'Il Messaggero dell'Economia', Convegno "Obbligati a crescere-L'Europa dopo la Brexit" (The Economist's Messagger- Conference "Obliged to Grow-Europe After Brexit") at Altieri's Palace in Rome, 9 November 2017. ANSA/ ALESSANDRO DI MEO
Italian newspaper Francesco Gaetano Caltagirone at the end of the second edition of the meeting 'Il Messaggero dell'Economia', Convegno "Obbligati a crescere-L'Europa dopo la Brexit" (The Economist's Messagger- Conference "Obliged to Grow-Europe After Brexit") at Altieri's Palace in Rome, 9 November 2017. ANSA/ ALESSANDRO DI MEO

MILANO. Più che l’ammontare dell’operazione, ad assumere rilievo sono le possibili ricadute e i nomi dei protagonisti. Francesco Gaetano Caltagirone ha comunicato alla Consob di detenere l’1% del capitale di Mediobanca (ai valori attuali corrisponde a circa 79 milioni di euro), che a sua volta è il primo azionista di Generali con il 13,02% del capitale.

Le due società, a lungo considerate il principale snodo del sistema del potere finanziario ed economico italiano, sono da tempo alle prese con movimenti nell’azionariato. In particolare, la banca di Piazzetta Cuccia ha visto l’ingresso nell’azionariato da parte di Leonardo Del Vecchio, che in breve tempo è divenuto il principale azionista e oggi detiene il 13,2%, quota destinata a rafforzarsi ulteriormente dato che mr.Luxottica ha ottenuto il via libera della Bce per salire fino al 20%.

Del Vecchio e Caltagirone si sono rinforzati nel tempo anche nel capitale di Generali, di cui detengono rispettivamente il 4,84% e il 5,66%, quote che li rendono i principali azionisti proprio alle spalle di Mediobanca. E il costruttore romano è dal 2007 anche nel board del Leone, dove dal 2010 ricopre il ruolo di vicepresidente vicario, oltre che membro di comitati cruciali come quello relativo a nomine e remunerazioni e quello relativo agli investimenti.

Tra i suoi colleghi nel cda vi è dal 2016 anche Romolo Bardin, chief executive officer di Delinf, la finanziaria di Del Vecchio. In sintonia da tempo, i due imprenditori sono considerati il nocciolo duro intorno al quale potrebbero aggregarsi altri azionisti della Penisola (a cominciare dai Benetton, che hanno in mano il 3,98% del capitale) in difesa dell’italianità del Leone qualora lo stesso finisse nel mirino di un concorrente internazionale.

Da anni, infatti, si vocifera di un possibile interessamento per il gruppo triestino da parte degli altri big europei, che nel tempo hanno visto crescere più rapidamente la propria capitalizzazione di borsa in seguito a rafforzamenti patrimoniali e perché slegati dal rischio-Paese che caratterizza l’Italia.

Il cda di Generali arriverà a scadenza con l’assemblea della primavera 2021 e il ceo Philippe Donnet vuole arrivare all’appuntamento con i principali indicatori di redditività in accelerazione, grazie anche al contributo dell’asset management, sul quale il management francese sta puntando da due anni.

Dopo aver apportato alcuni avvicendamenti nel top management, il gruppo assicurativo nei giorni scorsi ha presentato Fenice 190 (quanti sono gli anni dalla fondazione), un piano di investimenti da 3,5 miliardi di euro per sostenere il rilancio delle economie europee colpite dal Covid 19, a cominciare da Italia, Francia e Germania, per proseguire durante i cinque anni del piano in tutti i Paesi europei in cui il gruppo è presente.

Del Vecchio e Caltagirone non hanno apprezzato la scelta di Donnet di far diventare Generali il primo azionista di Cattolica: anche su questo fronte il manager francese sarà atteso al giudizio dei risultati.

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