Farinetti: «Crediamo in qualità e bellezza, così Eataly diventa modello di sostenibilità»

Oscar Farinetti, il guru del consumo sostenibile, ha scelto il motto Never quiet (mai tranquillo) per raccontarsi nel suo recente memoriale. E lui non si ferma mai. Eataly è Farinetti: 42 negozi in 17 Paesi, da Trieste a Boston e Londra. Anche Eataly, a misura del fondatore, non si ferma mai: «L’Italia post-pandemia sta ripartendo con crescita a doppia cifra. Solo i prodotti tradizionali stentano di più», dice Farinetti. In aprile è stato aperto il primo Eataly del Regno Unito: «Questa è una battaglia che dobbiamo combattere e vincere. Bisogna vaccinare e prevenire quanto è possibile».
Farinetti, ci vuole resilienza...
«La definirei una resistenza pro-attiva. Non possiamo fermarci. Anche l’informazione deve seguire le indicazioni della scienza e smettere di amplificare certe follie no-Vax».
Eataly va avanti?
«Qui a Eataly abbiamo tanto fieno in cascina per tenere duro. In piena tempesta Covid abbiamo aperto a Dallas, a Londra, nel quartiere di Tokyo, il secondo negozio a Seul. Non ci siamo mai arresi. Non si pretende di tornare alla normalità ma dobbiamo cercare di essere migliori di prima. Una Serendipity. Un nuovo Illuminismo».
Tempi difficili per l’agroalimentare fra Brexit e pandemia?
«La Brexit è stato un grave errore. La prima conseguenza è stata che a Londra non si trova più manodopera. Dobbiamo fare i conti con questa nuova inflazione determinata da un aumento delle materie prime che ha provocato speculazioni sui prezzi dei prodotti alimentari, come la farina».
Ha lanciato Fico Eataly World in tempi difficili. Come sta andando?
«Fico, il nostro parco del cibo italiano a Bologna, è il modello vincente della grande biodiversità italiana. Dopo la chiusura forzata per la pandemia lo abbiamo riaperto con una formula nuova. Aspettiamo il ritorno della grande clientela internazionale. Fico nasce per insegnare ai bambini l’educazione alimentare. Devono capire quale fortuna hanno avuto a nascere in Italia».
Lei ha creato anche Green Pea a Torino, primo Green Retail Park al mondo dedicato al tema del Rispetto. Di che si tratta?
«Green Pea è il primo park che si occupa di sostenibilità. La tragedia alimentare, i cambiamenti climatici, l’inquinamento, sono stati prodotti da noi e non da un evento esterno come può essere stata la pandemia. A Green Pea offriamo solo prodotti e servizi costruiti in armonia con mare, acqua e terra».
Consumo più etico e sostenibile. A quale prezzo?
«Bisogna accorciare le filiere produttive come insegna il modello Eataly. Grazie a una catena del cibo più corta riusciamo a offrire al mercato prodotti di altissima qualità a prezzi sostenibili. Il cliente ottiene informazione e consapevolezza grazie al racconto di chi partecipa ai processi di trasformazione del cibo».
Missione compiuta?
«Oggi viviamo il paradosso che la pandemia ci ha come anestetizzato: che senso ha salvare il pianeta se temiamo per la nostra stessa vita a causa del Covid? Tuttavia oggi tutti ci rendiamo conto che per salvare noi stessi e il pianeta dobbiamo cambiare i nostri stili di vita».
Spieghi meglio.
«Dobbiamo credere nella bellezza e nella qualità. Non credo alla decrescita felice e al pauperismo. La nostra vera natura è quella di migliorarci senza smettere di consumare. Usiamo le fonti rinnovabili, viaggiamo su auto elettriche, non acquistiamo prodotti con plastiche monouso. Chi fa impresa deve dedicare spazi al bene comune e non solo pensare al proprio profitto personale».
Quanto cresce l’e-commerce al tempo dei lockdown?
«Siamo primi in Italia e in Usa per l’e-commerce di cibo di qualità. Dallo scorso anno vediamo un vero e proprio boom. Tuttavia è un fenomeno circoscritto perchè il cibo rappresenta appena il 4% delle vendite online. Funziona meglio nel settore della ristorazione con i prodotti già cucinati e consegnati a casa. D’altra parte vendere i prodotti freschi online non è semplice: a Eataly stiamo studiando le migliori soluzioni sul piano logistico e eco-sostenibile. Ci vogliono investimenti adeguati. Mi riferisco al packaging, alla conservazione, alla logistica e alla qualità del prodotto. Siamo i migliori e lo dimostreremo».
Impatto sui prezzi?
«I grandi colossi, come Amazon che ha appena comprato All Food negli Usa, sfruttano le proprie dimensioni con il risultato di abbassare molto i prezzi sul mercato retail. I prodotti consegnati a domicilio e ordinati online dovrebbero costare di più. La qualità, anche nell’e-commerce, va protetta. Se si vuole garantire l’origine e la bontà del cibo ordinato online, e spesso consegnato a domicilio da posti lontani migliaia di chilometri, i prezzi al consumo non possono essere così bassi».
La protezione del Made in Italy. La Croazia che rivendica il Prosecco con marchi di produzione propria. Che ne pensa?
«Il Prosecco croato è un prodotto di nicchia con poche migliaia di bottiglie prodotte. Non ci spaventa. Non basta preoccuparsi della protezione del Made in Italy. Ci imitano perchè siamo i più gravi al mondo. Diceva Eschilo “non è felice l’uomo che nessuno imita o invidia”. Auguriamoci di continuare a essere imitati per molti secoli. Bisogna muoversi e fare lo storytelling del nostro cibo nel mondo: Eataly con i suoi negozi spiega il grande valore dei prodotti italiani. É una perdita di tempo andare a fare i poliziotti in giro per il mondo. Chi cerca di fare l’Italian Sounding è convinto che la sua mozzarella sia uguale a una vera mozzarella. Dobbiamo andare da loro e spiegare che non è così. Bisogna essere intelligenti, garbati, furbi e illuministi».
Trieste va sempre bene?
«Trieste va benissimo. Siamo fieri del nostro Eataly che è diventato il punto di riferimento di una città che è in pieno rinascimento. Sono stato al museo Revoltella e sono rimasto per un’ora affascinato dalla Signora col Cane di Giuseppe De Nittis».
Il recupero del Porto Vecchio la interessa?
«Mi piacerebbe fare un intervento. Vorrei partecipare a questa storia in una delle città più belle d’italia che tornerà agli antichi fulgori della Vienna sul mare».
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