«Energia pulita, sfida per il Nordest. Così sarà hub europeo dell'idrogeno»
L’analisi di Marco Alverà, ex amministratore delegato di Snam e oggi alla guida di Tree Energy Solutions: «Tassi alti e crisi geopolitiche ci portano verso una transizione non più basata sull’utopia ma sulla realtà»

«L'Italia e il Nordest giocheranno un ruolo fondamentale nella transizione energetica. Tanto che alla prossima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si terrà a Dubai dal 30 novembre, proporremo di ospitare proprio a Venezia un congresso annuale sull'energia pulita del Mediterraneo. Sottolineando così il ruolo dell'Italia come hub europeo per fornire energia pulita dal Nord Africa e Medio Oriente a prezzi accessibili».
Marco Alverà, nato 48 anni fa a New York ma con profonde radici veneziane, è uno dei massimi esperti del settore energetico. Tra i numerosi incarichi è stato ai vertici di Enel e Eni per poi guidare Snam fino al 2022. Oggi è co-fondatore di Zhero e amministratore delegato di Tree Energy Solutions, società globale che opera nel campo dell'idrogeno verde su scala mondiale e produce e-NG, il metano sintetico prodotto dall'idrogeno verde che, combinato all'anidride carbonica catturata, consente un approvvigionamento illimitato di energia pulita attraverso l'utilizzo delle infrastrutture esistenti.
Viviamo in una fase di forte instabilità geopolitica: prima la guerra in Ucraina, ora la crisi in Israele. Ritiene che la transizione energetica ne uscirà danneggiata?
«Sono convinto che stiamo andando verso una transizione più pragmatica, forse più intelligente a causa di inflazione e tassi alti la cui origine va ricercata più nelle misure di contrasto alla pandemia che nell'instabilità geopolitica. I tassi di interesse saliti a causa del Covid hanno fatto sì che improvvisamente il mondo sia passato da sentirsi infinitamente ricco a sentirsi molto povero».
Cosa vuol dire?
«Il denaro si stampava a tasso zero. I governi non pagavano interessi e quindi erano quasi indifferenti al debito che continuava a salire. Gli Stati Uniti hanno messo centinaia di miliardi sull'Inflation Reduction Act. La Germania, che non ha praticamente debito, di colpo si sente più povera e i suoi investimenti da decine di miliardi di euro ora sono diventati da decine di milioni. Con un mondo molto più povero la transizione sarà quindi più intelligente, non più basata sull'utopia ma sulla realtà, sulla forza di gravità».
L'Europa però si è data dei programmi ambiziosi da raggiungere in breve tempo.
«Gli obiettivi di green deal dell'Europa prevedono ulteriori 500 giga watt di rinnovabili al 2030 di cui la metà in Germania che, per raggiungere il target, dovrebbe installare in sei anni pannelli solari per l'equivalente di 43 campi da calcio al giorno spendendo un trilione di dollari. Paradossalmente il contesto macroeconomico favorisce il ruolo dell'Italia nella transizione e il Governo ne è consapevole».
Dunque l'auto elettrica può aspettare.
«L'auto elettrica è fantastica, ma il vero tema è quello delle reti. Elon Munsk dice chiaramente che non potrà più vendere macchine se non si raddoppiano o triplicano le reti elettriche. Ma per fare una cosa del genere ci vogliono 15 anni. Probabilmente si arriverà a soluzioni ibride».
Lei ha quindi deciso di investire nell'idrogeno. Perché?
«Il prezzo del gas continuerà ad essere volatile, come abbiamo visto con la guerra in Ucraina o durante l'emergenza Covid, con la Cina che ha cominciato a comprare gas facendone schizzare le quotazioni. Il prezzo dell'idrogeno è destinato invece ad essere stabile e a scendere. Ma guardiamo i numeri: ipotizzando per il metano fossile un prezzo medio di 40-50 euro a MWh, se a questo si somma il costo degli Ets ci si avvicina a 70 euro. L'e-NG, il gas naturale a zero emissioni prodotto combinando l'idrogeno verde con l'anidride carbonica "catturata", costa attorno a 150 euro a MWh. Ma se si considerano gli incentivi americani previsti dal piano IRA, il costo si dimezza».
L'Italia e il Nordest che ruolo possono giocare nella partita della transizione green?
«Da grandi importatori di gas l'Italia e il Nordest possono diventare esportatori di gas rinnovabile. Sia per questioni logistiche che geopolitiche e di competenze, il nostro Paese è nelle condizioni ideali per diventare un hub europeo del metano rinnovabile. Gli impianti, per poter produrre la molecola, devono essere collocati in aree particolarmente soleggiate o esposte al vento: il Nord Africa e il Medio Oriente risultano essere tra le zone più adatte ad ospitare questo genere di produzioni che possono essere poi stoccate e trasportate nello stesso modo in cui viene scambiato il metano fossile. Per questa ragione possono essere utilizzate le infrastrutture che già collegano l'Italia al continente africano e a sua volta quelle che dal nostro Paese raggiungono il Nord Europa».
In passato lei aveva parlato di "diplomazia del clima". È una formula ancora valida?
«Il Medio Oriente, che ospiterà la prossima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, avrà un ruolo fondamentale nella transizione green. Tra cinque o dieci anni la maggioranza della loro popolazione sarà composta da chi oggi ha meno di 30 anni. Una generazione iperconnessa e che tiene tantissimo al clima. Direi che tiene più al clima che al possedere una macchina. Si preparano quindi a un mondo in cui finirà l'uso dei fossili, e quindi guardano al business, ma lo vedono anche come leva per politiche di appeasement. Oggi la liquidità del mondo è soprattutto in Medio Oriente e produrre elettricità rinnovabile da solare lì o in Nord Africa costa meno che produrla in Nord Europa. Si tornerà quindi a parlare di clima e diplomazia per diversi progetti come per esempio gli interconnettori elettrici nel Mediterraneo verso l'Italia. Nascerà così una nuova diplomazia dei cavi e dei tubi».
Per giocare questa partita serve credibilità. Come valutano dall'estero il governo Meloni?
«L'Italia è considerato un Paese affidabile perché ha dimostrato efficacia in politica estera. Anche per come ha gestito con la Cina la questione dell'uscita dalla Via della Seta. Al G20 in India la presidente Meloni ha firmato anche l'accordo per il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa per rafforzare l'integrazione tra Asia, regione del Golfo ed Europa. La premier è quindi apprezzata, poi c'è la complessità di un Paese che ha goduto per 15 anni di tassi simil zero e che, a causa di covid e guerra, ora si trova con un debito pubblico più costoso».
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