Cottarelli boccia la manovra del governo: «Lascia le imprese senza prospettive»
L’economista analizza la bozza della Legge di Bilancio: «Troppi interventi solamente temporanei che non aiutano la crescita»

«La Legge di Bilancio del governo Meloni è una piccola manovra che non dà prospettive alle imprese. Sono d’accordo con l’analisi del Fondo monetario internazionale». È un giudizio netto quello di Carlo Cottarelli, ieri a Padova per tenere una lezione sulla spesa pubblica nell’ambito di “Segnavie - lo Stato siamo noi”, iniziativa promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. L’economista, con alle spalle una lunga carriera prima a Washington al Fondo monetario e oggi docente di Fiscal Macroeconomics all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, analizza le misure economiche del governo Meloni sottolineandone però l’incapacità di incidere sulla crescita.
Per il Fondo monetario internazionale la bozza della Legge di Bilancio non contiene riforme strutturali e favorevoli alla crescita. È d’accordo?
«Dal punto di vista macroeconomico la manovra non ha un grande impatto sulla domanda aggregata. Ma credo che il Fondo avesse più in mente misure di carattere strutturale. La realtà è che si tratta di una piccola manovra in cui si tagliano un po’ le tasse in maniera temporanea. Ed è questo il problema principale: molte delle misure previste hanno carattere temporaneo e quindi, quasi per definizione, non hanno impatto sulla crescita».
Cosa manca in particolare?
«Per avere effetti sulla crescita bisogna dare prospettive alle imprese. Ma se si tagliano le tasse per un solo anno non si incide. Anche i sussidi alle imprese sono per un solo anno. Per cui non posso che dirmi d’accordo con il Fondo monetario».
Il Pnrr è considerato lo strumento principale per rimettere in moto l’economia. Come valuta l’operato del governo e le modifiche concordate con la Commissione europea?
«Le modifiche non sono particolarmente pesanti: sostanzialmente è stato riallocato l’otto per cento della spesa. Non un granché. Il problema è quello dell’esecuzione. In realtà anch’io ho qualche dubbio se il piano originario fosse così buono. Ma la parte delle riforme andava sicuramente nella direzione giusta. La questione adesso è che l’esecuzione sta procedendo lentamente non solo per la spesa ma soprattutto per quanto riguarda le riforme. Ad esempio per la riforma Cartabia si è deciso di posticipare a fine anno decreti legislativi che andavano fatti a inizio 2023».
L’ultimo rapporto della Banca d’Italia sulle economie regionali ha fotografato per il Nord Est un calo delle esportazioni e dei finanziamenti alle imprese. E i segnali per il futuro parlano di un possibile ulteriore peggioramento. Lo pensa anche lei?
«Non c’è dubbio che ci doveva essere un rallentamento dell’economia per tutte le regioni, e in tutta Europa aggiungerei. Questo è il prezzo che stiamo pagando per calmare l’inflazione, che è scesa già a livelli piuttosto bassi rispetto agli ultimi ventiquattro mesi. Ma, dato che si è registrata una leggera crescita economica a livello dell’area euro e a livello italiano, io preferisco vedere il bicchiere mezzo pieno. Tranne che per le finanze pubbliche dove un’economia che cresce poco resta un problema serio per il bilancio dello Stato».
Le imprese manifatturiere del Nord Est stanno facendo i conti anche con la frenata dell’economia tedesca.
«L’area dell’euro nel suo complesso non è in recessione. Quindi di per sé già aiuta. Il mondo sta crescendo: la Cina, per quanto abbia problemi, sta crescendo del 5 per cento. È chiaro che la frenata tedesca è difficile da rimpiazzare, ma già il prossimo anno, se prendiamo per buone le previsioni del Fondo monetario internazionale, la Germania dovrebbe riprendersi».
Il settore dell’edilizia negli ultimi anni ha ricevuto la spinta del Superbonus. Forza Italia vorrebbe in qualche modo portare avanti gli effetti della misura. Qual è la sua opinione?
«Credo che il governo abbia fatto molto bene a mettere un freno. Inizio infatti a nutrire qualche dubbio sulla dottrina del debito buono e debito cattivo perché ha finito per aprire la strada alla possibilità di fare qualunque cosa. E il Superbonus ne è un esempio. In sé non era un provvedimento sbagliato, ma è stato un errore lasciare che assumesse dimensioni enormi. Il maggiore spreco avviene quando si mettono tutti i soldi in un settore tralasciando gli altri. Quei cento miliardi di euro forse era più produttivo spenderli anche in sanità e istruzione».
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