Confindustria – Governo, alleanza contro il Green Deal
Orsini, presidente degli industriali: «Un regalo ai nostri competitor». La premier Meloni: Misure da correggere»

La parola d'ordine è: coesione. Con la vicendevole promessa di sedersi a un tavolo e collaborare già da oggi. Poi, sui temi concreti, domani si vedrà.
Ieri al Parco della musica di Roma è andato in scena il grande rito della reciproca rassicurazione fra la Confindustria di Emanuele Orsini, alla sua prima assemblea dopo l'elezione della scorsa primavera, e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Una liturgia binaria. Il primo a snocciolare le priorità dell'impresa: in primis competitività, taglio del cuneo fiscale, transizione green, costo del denaro, con un sì al piano Draghi sul debito comune europeo e contemporaneamente con il riconoscimento della necessità del rigore di bilancio già dalla prossima manovra. E la premier, che in un articolato intervento ha risposto punto per punto alle precedenti sollecitazioni di Viale dell'Astronomia, pronta a usare toni distensivi senza prendere troppi impegni, tranne che sulla necessità di adoperarsi in Europa per salvare la filiera dell'automotive.
L'uno e l'altra, davanti a una platea di 2 mila esponenti di vertice della politica e del mondo economico, hanno sottolineato anche l'orgoglio sulla resilienza del sistema economico nazionale. In particolare Meloni considera ancora raggiungibile l'obiettivo della crescita dell'1% del Pil. «Sono fiduciosa» ha detto «che si possa fare qualcosa di meglio rispetto alle previsioni della Commissione, continuo a ritenere che il +1% del Pil sia a portata di mano soprattutto dopo i primi due trimestri, ogni trionfalismo sarebbe infantile ma non era scontato dopo anni trascorsi in fondo alle classifiche».
La premessa messa avanti da Orsini, comunque, è che «da diciotto mesi la produzione industriale italiana ha un segno negativo. Gli ordini di molte nostre filiere» ha continuato «sono in calo, sia in Italia che all'estero. La frenata europea, e soprattutto quella tedesca, continuano a spingerci verso il basso». Se questo è lo scenario, il presidente di Confindustria considera «una vera e propria responsabilità collettiva, di tutti i soggetti sociali e politici del nostro Paese, di realizzare un deciso balzo in avanti della produttività italiana». A questo proposito c'è la «necessità vitale di un cambio di passo della nostra Europa sulla competitività, in riferimento alle politiche industriali che grandi Paesi come Stati Uniti e Cina stanno adottando, senza farsi trascinare da politiche ambientali autolesionistiche». Perché le transizioni, energetica, ambientale e digitale, «hanno bisogno di tempo adeguato. Senza che qualcuno» continua Orsini «confonda, come sta avvenendo in Europa, politiche ambientali autoreferenziali con politiche industriali per la crescita».
Qui il bersaglio del presidente della Confindustria è sistematicamente Bruxelles. Applausi dalla platea, quando Orsini scandisce che «la decarbonizzazione inseguita anche al prezzo della deindustrializzazione è una debacle». Continuando così «regaleremo ai nostri competitor internazionali, come sta avvenendo per l'automotive, anche l'acciaio, il cemento, la metallurgia, la cerami ca, la carta». E Meloni fa eco con «l'impegno per correggere queste scelte». «Lo vogliamo dire» dice Meloni «che è non intelligentissima come strategia? E lo diciamo perché siamo amici dell'Europa e vogliamo difendere la capacità industriale europea. Le persone amiche dell'Europa devono avere il coraggio di dire le cose che non funzionano». Sul punto la premier affonda il colpo: «La sfida della transizione ecologica non può voler dire distruggere migliaia di posti di lavoro, smantellare interi segmenti industriali che producono ricchezza e occupazione. L'addio al motore endotermico entro il 2035, in poco più di un decennio, è uno degli esempi più evidenti di questo approccio autodistruttivo. Si è scelta la conversione forzata a una tecnologia, l'elettrico, di cui però non deteniamo le materie prime, non controlliamo le catene del valore, con una domanda relativamente bassa, con un prezzo proibitivo per i più e una capacità produttiva europea insufficiente».
Piena sintonia, allora, nel forte richiamo all'Europa che «deve cambiare marcia» , dice Orsini auspicando progressi anche sul debito comune invocato dal piano Draghi. Ma anche l'Italia è chiamata a «scelte coraggiose». Innanzitutto «il nucleare di ultima generazione, invece di continuare a rifornirci a prezzi crescenti dalle vecchie centrali francesi». Un'altra priorità è l'intelligenza artificiale, «dove possiamo eccellere sfruttando l'inventiva di cui siamo capaci». C'è anche il cuneo fiscale, con il richiamo a concentrare adeguate risorse. E sul piano interno Orsini chiama i sindacati al confronto, in primis sugli infortuni sul lavoro, ma anche su retribuzioni e contratti. Tema, quello dell'occupazione, su cui la premier evidenzia i risultati raggiunti. «Il prossimo obiettivo che abbiamo è aumentare la produttività del lavoro» dice Meloni «mai così tanti italiani avevano lavorato dall'unità d'Italia oggi».
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