Cimolai dà forma alle creazioni degli archistar

Il gruppo di Pordenone si è specializzato in grandi progetti e in commesse internazionali ad alto contenuto tecnologico

PORDENONE. Due enormi ali, ma di acciaio, sul modello di quelle di una colomba, simbolo di pace e di speranza, che si librano verso l’alto nel luogo dove sorgevano le Torri gemelle a New York, ovvero il quartiere simbolo della ferita ancora aperta dall’integralismo islamico negli Stati Uniti.

Così l’architetto Santiago Calatrava descrive la nuova stazione della metropolitana a Ground Zero da lui progettata, aperta finalmente al pubblico nei giorni scorsi dopo un cantiere durato anni e che ha visto raddoppiare il budget iniziale a oltre 4 miliardi di dollari.

Un simbolo di rinascita e anche per questo di straordinaria sperimentazione architettonica e ingegneristica che porta alcune firme del made in Italy nel mondo.

La pietra bianca viene dal Trentino Alto Adige, il marmo è di Carrara mentre Oculus, ovvero la parte centrale della stazione – le enormi ali d’acciaio che sembrano sollevare l’edificio verso il cielo – è stato forgiato dall’impresa Cimolai di Pordenone.

Non è l’unica collaborazione tra l’azienda pordenonese e la celebre archistar spagnola: sono di Cimolai gli archi dello stadio di Atene realizzati a tempo di record per le Olimpiadi del 2004.

Anche in quel caso la matrice caratterizzante è una struttura costituita da due falde di acciaio e vetro di 20 mila tonnellate; ogni falda ha doppi archi d’acciaio di grande luce pari a 304 metri che raggiungono un’altezza massima di 76 metri.

Prima che Cimolai lo rendesse possibile non c’era al mondo un’altra struttura simile.


Cimolai ha anche trasformato in realtà il disegno architettonico di Calatrava della stazione ferroviaria mediopadana di Reggio Emilia, così come i progetti del ponte sul fiume Crati a Cosenza o del ponte strallato di Gerusalemme.

Tutte opere che hanno una caratteristica in comune, ovvero quella di osare architettonicamente e dal punto di vista ingegneristico.

Ed è questo denominatore comune che, giustificando il rapporto tra Cimolai e Calatrava, riassume l’elemento vincente di un’azienda globale che dalla subfornitura classica ha saputo trasformarsi in un colosso della carpenteria metallica e delle costruzioni di qualità.

Oltre mezzo miliardo di fatturato, gran parte realizzato all’estero – e non potrebbe essere altrimenti, vista la crisi del sistema delle opere pubbliche italiane – circa 1.500 dipendenti di cui 300 in giro per il mondo e i restanti nella sede di Pordenone e negli stabilimenti di Roveredo in Piano, Polcenigo, Artugna, San Giorgio di Nogaro e Monfalcone.

Il gruppo Cimolai conta proprio a Porto Nogaro una piattaforma logistica essenziale, servita ad esempio per portare fino a Panama le enormi paratie che hanno consentito l’ampliamento del Canale di connessione tra i due Oceani.

Il tutto per l’appunto in una logica globale che ha spinto l’azienda pordenonese ad acquisire la svizzera Zeahlen & Mayr Sa e ad organizzare la propria presenza pure in Sud America.

Ma il vero cuore dell’azienda è a Pordenone, dove nella sede centrale opera uno studio di progettazione composto da 130 ingegneri che riesce a fare la differenza.

Il Gruppo Cimolai, come spiega il presidente Luigi Cimolai, è vincente nella competizione globale perché in grado di progettare e realizzare pezzi praticamente unici, strutture di grande complessità come gli enormi archi di acciaio che sono una delle caratteristiche dei progetti di Calatrava ma realizzati con gli stessi principi di una sartoria artigianale, ovvero fatti su misura.

Ecco perché, oltre ai rapporti consolidati con le grandi aziende operanti nelle costruzioni, Cimolai viene scelta per partecipare ai cantieri di opere pubbliche e private di grande complessità.

Un salto di qualità rispetto alla genesi dell’azienda, nata nel 1949 dall’inventiva di Armando Cimolai che, smessa la tuta blu di operaio, decide con la moglie Albina di aprire un piccolo laboratorio per la costruzione di cancelli e infissi metallici a Pordenone.

La sua è una delle tante storie di eccellenza nate nel dopoguerra da chi ha deciso di sfidare un presente difficile per investire su un futuro in proprio.

Cimolai ben presto realizza i primi fabbricati industriali tra i quali quelli della Zanussi che, grazie al genio del patron Lino, è già alla conquista del mondo con gli elettrodomestici made in Pordenone.

Armando capisce ben presto che non bastano l’intuito e la creatività artigianale per crescere e andare oltre la fabbrica artigianale: servono le conoscenze tecniche delle moderne innovazioni ingegneristiche e per questo crea allo scopo un ufficio tecnico di progettazione che gli consente di poter vincere, negli anni Sessanta, importanti appalti pubblici come quelli dei ricoveri balistici nelle basi aeree dell’Aeronautica militare.

È una sfida continua con il futuro e le richieste di un mondo in grande espansione. Le commesse arrivano oltre che da Zanussi pure da Fiat e Valeo.

La nuova generazione, in particolare con il figlio Luigi, apre l’azienda alla prospettiva internazionale: i confini italiani non bastano più, occorre spingersi nel mondo con una strategia di internazionalizzazione che mantiene però proprio in Friuli il cuore, ovvero il centro di progettazione oltre a una buona parte di una manifattura di qualità.

Si sommano le commesse è con esse un’espansione che non incontra rallentamenti neppure nel periodo della grande crisi post 2008 (il fatturato quell’anno dell’azienda era di 286 milioni di euro) proprio grazie alla prospettiva internazionale.

E così, mentre in azienda entra le terza generazione, nel mondo Cimolai inanella risultati. Oltre a quelli citati, le infrastrutture metalliche degli stadi di Brasilia, Johannesburg, Dublino, il ponte levatoio a Bordeaux, che Luigi Cimolai giudica con orgoglio «il più bello al mondo», le paratie del Mose di Venezia, l’hangar di Doha, l’international terminal Molo C di Fiumicino, la torre di Intesa Sanpaolo e l’auditorium di Tiblisi.

E poi ancora il sistema di sollevamento per le navi più grandi del mondo, le All Seas, specializzate nel montaggio e smontaggio di piattaforme, la struttura per il recupero del relitto della Costa Concordia affondata al Giglio, oltre alla nuova copertura della centrale nucleare di Chernobyl, uno scafandro che sovrasta quello realizzato a suo tempo da un’altra industria pordenonese, la Casagrande, e che servirà a garantire per un centinaio di anni che non ci saranno ulteriori fughe radioattive.

Una società del gruppo, la Cimolai Technologies, con sede a Carmignano di Brenta, infine, è entrata a far parte del novero di aziende – Permasteelisa, Pandolfo ed Estel – che realizzerà la copertura vetrata dell’Apple campus di Cupertino, il “disco volante” ideato da Steve Jobs che diverrà il centro dell’azienda informatica statunitense.

L’ennesima commessa che premia capacità progettuale, know how ingegneristico, relazioni internazionali e manifattura di qualità con solidi radici e “cervello” nel Nordest e cantieri in tutto il mondo.

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