Banche Popolari, il banchiere Divo Gronchi: "Lo stato deve intervenire"

L'ex amministratore delegato di Popolare Vicenza oggi in Carismi: "Dopo il fondo Atlante serve una nuova fase di ricostruzione ma va recuperata prima la fiducia"

PADOVA. «Lo stato deve intervenire sulla ricapitalizzazione delle Popolari venete», dice con il suo accento pisano Divo Gronchi. «Il rischio è il fallimento non solo dei Cda ma degli organi ministeriali e della vigilanza tutta» spiega il banchiere, oggi ad della Cassa di Risparmio di San Miniato, in passato due volte ceo della Bpvi.


Dottor Gronchi, lei conosce bene la base sociale di Vicenza. Mancano pochi giorni alla chiusura delle transazioni, il suo consiglio qual è?
«L'offerta si basa su un prezzo congruo nella situazione generale del mercato, dell'economia e delle banche e credo che difficilmente uno possa sperare di avere di più. L'iniziativa dell'azionista è positiva per tutti e di certo logica nella convenienza della banca».

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A questo punto, è auspicabile o necessario l’intervento dello stato per coprire il fabbisogno di nuovo capitale?
«Lo stato deve guardare anche ai depositanti e agli obbligazionisti. A chi, insomma, ha investito in buona fede. Lo stato, secondo me, deve intervenire in via precauzionale: le tecnicalità andranno viste caso per caso ma è opportuno che le due banche siano ricapitalizzate e lo stato deve farsi carico di questo ».


C’è il rischio che non sia l’unica ricapitalizzazione statle, oltre Mps, se il mercato prenderà a riferimento i valori di cessione Npl di Unicredit. Ci aspetta una nuova stagione di svalutazioni e aumenti?
«In questo momento, in Italia, non c'è un mercato dei crediti deteriorati, siamo in una situazione di non trasparenza dove vale la legge del più forte; il problema è capire com’è strutturato chi acquista gli Npl, perché il vero valore è nella gestione; ma vanno compresi, a monte, anche i meccanismi azionati. Ovvero: la banca vende crediti “lavorati” e vicini alla soluzione o che ha solo contabilizzato?»


Lei crede nella fusione delle due popolari venete?
«Quando ero lì ci credevo fortemente: ci sono molte filiali coincidenti ma la sovrapposizione non è un problema, si gestisce. Il problema è cosa si è perso o rotto in questi anni».


Fiducia, clienti e miliardi di raccolta...
«La raccolta può tornare se si dà fiducia e se il cliente capisce c'è stato un vero cambio di scenario. Ho molta fiducia in Viola e Carrus».


E se non bastasse? Secondo lei un bail in è concreto?
«Non prendo neanche in considerazione l’eventualità del fallimento dopo la legge sulla ricapitalizzazione precauzionale. Sarebbe peccaminoso, perché non sarebbe solo il fallimento di un Cda o degli addetti ai lavori ma di tutti gli organi ministeriali e della vigilanza tutta».


Decide l’Europa con i suoi tempi e paletti.
«Non è semplice: con Mps si è cercata per mesi una soluzione di mercato, poi si è varato un piano che teneva conto di una soluzione in parte di compromesso. L’Europa ci sta lavorando da poco, serve tempo per esaminare tutto. Sono situazioni complicate perché queste vicende non colpiscono solo le banche ma la società e i risparmiatori sempre più diffidenti. Anche noi qui abbiamo problemi, il clima generale è incerto».


Ogni giorno che passa il rischio aumenta.
«Il fattore tempo è importante perché, nel caso delle venete, il problema è stato dato per risolto con l'intervento di Atlante ma la situazione forse era più complicata».


Il suo bilancio di Atlante?
«Non ho elementi per pronunciarmi: credo sia stato indispensabile nel momento in cui è sorto; occorreva qualcosa che riportasse fiducia ma ora serve una fase successiva di ricostruzione che è sempre più complicata».

@eleonoravallin
 

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