Baidu, Wechat e Little Red Book, Dal Maso tra i Top 100 under 30 di Forbes: "Ecco come ho portato le aziende sul mercato digitale cinese"

Imprenditore, 25 anni, vicentino, in ambito web marketing e social media manager da quando ne aveva 16, Dal Maso è anche insegnante di scuola superiore e fondatore del Movimento Etico Digitale. E ora guida un team italo-cinese che aiuta le aziende a posizionare il brand e comunicare nel mercato on line cinese

Avviato il China Digital Marketing di Davide Dal Maso, il 25enne social media coach vicentino inserito da Forbes nella Top 100 degli Under 30 italiani leader del futuro.

Imprenditore già da cinque anni in ambito web marketing e social media manager da quando ne aveva 16, Dal Maso è anche insegnante di scuola superiore e fondatore del Movimento Etico Digitale. E ora guida un team italo-cinese che aiuta le aziende a posizionare il brand e comunicare nel mercato on line cinese. Focus su settori abbigliamento, pelletteria e gioielleria.

Le sue competenze per i mercati internazionali sono apprezzate dal direttore di VicenzaOro Marco Carniello, che osserva come molte imprese abbiano bisogno di essere accompagnate nel vasto e complesso mercato cinese con progetti marketing strutturati di medio termine.

Davide, quante e che tipo di imprese supportate?

“Con un team giovane di oltre 10 persone, di cui 4 dedicate alla Cina, operiamo soprattutto nei settori di abbigliamento e pelletteria di fascia medio-alta e gioielleria. Abbiamo affiancato finora oltre 100 PMI tra Veneto e Lombardia, e anche clienti svizzeri dell’orologeria. Nel settore orafo per esempio accompagniamo sui social media varie aziende vicentine, come per esempio Scanavin Gioielli e Fratelli Bovo. Ma collaboriamo anche con aziende meccaniche, tra cui Faresin Industries, produttore di carri miscelatori e sollevatori telescopici per zootecnia, agricoltura e industria, che seguiamo per il mercato europeo e che si sta interessando anche a quello cinese”.

Il target estero è quello principale?

“Molti servizi sono per aziende che vogliono posizionare correttamente il proprio brand all’estero. Affianchiamo le imprese con le nostre competenze e il continuo impegno nello studio, ricerca e sviluppo delle migliori strategie su social e altri canali digitali per lo sviluppo del business in vari mercati, aumentando le performance del team interno aziendale e dell’e-commerce. In particolare abbiamo strutturato una divisione con quattro specialisti italo-cinesi, nati e vissuti in Cina per un certo periodo e poi trasferitisi in Italia, che conoscono bene entrambe le lingue e culture”.

Che tipo di aziende si rivolgono a voi per la Cina?

“Aziende con prodotti e servizi made in Italy che si stanno approcciando al mercato o in parte già ci operano, magari con dei distributori locali (tipo nell’abbigliamento), ma che devono ancora sviluppare il marketing. Marchi che hanno necessità di farsi conoscere”.

Quali sono i numeri del mercato on line cinese?

“Pochi dati per dare un’idea. Gli utenti internet hanno raggiunto i 940 milioni, più della popolazione europea. Su Baidu, il Google cinese, vengono effettuate in media 6 miliardi di ricerche al giorno. In termini economici, si prevede che entro il 2025 la Cina varrà il 50% del mercato mondiale del lusso. Lo scorso 11 novembre 2020, data del Single’s Day cinese dedicata allo shopping, il valore degli acquisti on line in giornata ha raggiunto i 100 miliardi di euro”.

Su quali piattaforme del web cinese supportate le imprese?

“Innanzitutto sul motore di ricerca Baidu. E sulla diffusissima app WeChat, che integra messaggistica e funzionalità social media, molto utilizzata anche per acquisti e pagamenti on line con oltre un miliardo di utenti attivi. Molto interessante è anche la piattaforma Little Red Book (Xiaohongshu), soprattutto per il target di consumatori cinesi più giovani (generazione Z nata dopo il 1995), per l’80% femmine molto attente agli ultimi trend della moda occidentale. Solo nell’ultimo anno Little Red Book ha aumentato di 100 milioni il numero di utenti: è un ottimo canale per gioielli, cosmetica e prodotti di bellezza in generale. Al contempo occorre fare un lavoro mirato sugli influencer, i KOL (Key Opinion Leader), che in Cina sono particolarmente importanti”.

E i grandi market place B2C dell’e-commerce come Tmall e Taobao (Alibaba) e JD?

“Per arrivarci serve prima un percorso di posizionamento sul web del brand e di costruzione di una rete logistica adeguata in Cina. I consumatori si aspettano capacità di interazione immediata e consegne rapidissime. I costi di entrata in queste piattaforme non sono irrisori, anche se le convenzioni siglate da ICE con importanti market place cinesi sicuramente aiutano. A tal proposito è importante sottolineare che anche per le attività di web marketing a supporto dell’export ci sono contributi pubblici per le imprese, che coprono almeno il 50% dell’investimento e che molti nostri clienti stanno utilizzando”.   

Che approccio serve al mercato cinese?

“Occorre innanzitutto analizzare il posizionamento e i contenuti sui vari canali on line dei concorrenti. Una volta definita la strategia e le azioni da mettere in atto, l’azienda decide se procedere o no. Un piano marketing verso il mercato cinese dura almeno 9/12 mesi. Facciamo un lavoro di creazione e pubblicazione di contenuti in cinese studiati per il target. Il plusvalore che forniamo è quello di convertire un piano di comunicazione social europeo traducendo e amalgamando il tutto verso la cultura cinese: per esempio, non si può certo migrare quello che si fa su Instagram direttamente su Little Red Book senza adottare i necessari filtri culturali. Cambiamo quindi il tipo di approccio, perché occorre adattare la comunicazione prestando attenzione a tutti gli aspetti valoriali della cultura cinese. Altrimenti si rischiano scivoloni enormi”.

Alcuni errori ricorrenti?

“Innanzitutto abbiamo notato che molte aziende, anche grandi, sono posizionate su Baidu con un sito in inglese. Non è abbastanza, deve essere in cinese. Ma il contenuto va curato da madrelingua che conoscono la cultura e i social cinesi, al fine di evitare errori di comunicazione anche madornali. Tipo frasi frutto di traduzioni su Google Translator, o tentativi molto controproducenti di produrre messaggi ironici che per un pubblico cinese di ironico non hanno nulla, e anzi possono risultare offensivi. Errori che ho visto anche nella comunicazione di importanti marchi veneti”.

Qualche esempio?

“Meglio evitare contenuti che si riconducono a festività nostre, come il Capodanno occidentale, perché probabilmente non sarebbero capiti. E ovviamente non tradurre in cinese i nostri modi di dire. E poi niente messaggi con la parola cinese che indica il numero ‘quattro’, perché ha un suono molto simile alla parola ‘morte’ (死, pinyin: sǐ, jyutping: sei) [come anche in Giappone e Corea, ndr]”.

Oltre al business, anche l’impegno sociale di Davide Dal Maso. Che cos’è il Movimento Etico Digitale?

“È un movimento no profit che con il progetto Social Warning  interviene nelle scuole per sensibilizzare sulle opportunità e insidie del web attraverso una rete capillare di 200 formatori digitali, professionisti del web. L’idea mi venne quando ero ancora uno studente, ascoltando interventi a scuola sul tema delle trasgressioni nel web e delle relative sanzioni previste dalla legge fatti da persone che si capiva che neanche utilizzavano gli strumenti di cui parlavano. L’educazione digitale è affare di tutti, per questo ho deciso di condividere il format con tanti formatori così da portare beneficio a ragazzi e genitori in tutto il territorio italiano”.

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