Antonio Bortoli: "Lattebusche sempre più bio, cresceremo con le fusioni"

Fatturato record a cento milioni nel 2017 grazie alla ripresa dei consumi interni. Bortoli: «Una cooperativa che sa stare sul mercato è per definizione valida e attuale»

BUSCHE. Lattebusche supera i cento milioni di fatturato e punta a crescere ancora. Ma come? Per vie interne o con qualche altra acquisizione? «Il mercato del latte e dei suoi derivati, specie quelli tradizionali, in Italia non cresce», commenta Antonio Francesco Bortoli, direttore generale di Lattebusche, «quindi pensare di portare via quote ad altri competitor vuol dire esporsi a un inevitabile bagno di sangue sul versante dei prezzi; scelta illogica che, ovviamente, noi non vogliamo perseguire. Restano allora altre due strade: quella che da sempre abbiamo imboccato, con la fusione con altre aziende da inserire nella nostra cooperativa, e quella di dar vita a prodotti innovativi, che iniziano da una piccola nicchia, ma possono dare grande soddisfazione. Penso, ad esempio, al nostro latte Bio».


Perché il mercato non cresce?
«Non solo non cresce, ma è in calo. E questo sostanzialmente perché ormai da tempo gran parte degli italiani consuma almeno un pasto fuori di casa. E le nostre aziende sono soprattutto fornitrici del consumatore finale, delle famiglie, molto meno dell'Horeca (hotel, ristoranti, bar, ndr)».


Eppure voi chiudete il 2017 con un fatturato che supera i 100 milioni, record storico per l’azienda, in crescita ulteriore sul 2016, che aveva segnato 98,7 milioni. Come avete fatto?
«Dopo un anno orribile per il latte, come il 2016, era ipotizzabile assistere a un rimbalzo dei prezzi. Due anni fa l'estremo disagio per il nostro settore era dovuto a una perversa combinazione fra un surplus della produzione, dovuto anche alla fine delle quote latte, che aveva intasato le scorte di ogni tipo, con la minor domanda, a causa del calo dei consumi interni, dell'embargo russo, delle ridotte importazioni da parte della Cina, della diminuzione del potere d'acquisto dei Paesi Arabi, delle continue guerre in Nord Africa».


Invece nel 2017?
«A livello generale è stato un anno abbastanza positivo, superato il momento iniziale di difficoltà. Tutti gli indicatori, dal secondo semestre, sono improvvisamente cresciuti: dal latte spot alle polveri di latte e di siero, dalle creme al burro; inoltre si sono fermate le importazioni selvagge sia di latte che di prodotti finiti, che avevano condizionato in maniera pesante il 2016 ed anche il primo semestre 2017».


E Lattebusche?
«Ha assecondato l'andamento del mercato, in maniera particolarmente positiva soprattutto nella seconda parte dell'anno, tanto da poter garantire ai nostri soci una remunerazione del latte che dovrebbe assestarsi sul 7/8% in più rispetto al 2016 (che era stata di 43,60 centesimi di euro al litro, ndr), un valore molto più elevato rispetto al prezzo medio del Veneto».


Quindi la forma cooperativa funziona ancora?
«Certo. Una cooperativa che sa stare sul mercato, che ha saputo attuare un puntuale aggiornamento tecnologico e innovarsi adeguatamente, è per definizione valida e attuale, perché la redditività che sa creare la trasferisce direttamente ai produttori. Basta vedere cosa è accaduto in questi ultimi due anni, nei quali il mondo della cooperazione, e in particolare i detentori delle Dop più competitive, sono riusciti a dare ai propri soci una redditività superiore alla media».


I «Bar Bianco» sono oggi una catena con una sessantina di addetti, oltre 2 milioni di presenze all'anno, per un fatturato 2017 che sfiora i 10 milioni sugli oltre 100 milioni complessivi dell'azienda.
«La scelta di aprire il primo Bar Bianco è stata una scommessa vincente e oggi questa catena di negozi rappresenta per Lattebusche un punto fermo in un mercato del latte estremamente variabile e esposto alle tempeste internazionali. È stato il Bar Bianco, infatti, a dare inizio alla storia commerciale di Lattebusche e a cambiarne le regole, con il passaparola. Prima avevamo pochi prodotti e non molto conosciuti, mancavano le risorse per pubblicità e comunicazione, non c'era una rete distributiva, ma effettuavamo solo la vendita all'ingrosso. Il Bar Bianco è diventata la vetrina per le nostre produzioni e l'opportunità di comunicare con il consumatore, di lanciare i nuovi prodotti. Oltre a consentire da subito disponibilità finanziaria e una buona redditività. Inoltre la nostra rete di negozi di vendita diretta non va a scapito della Grande distribuzione organizzata, che per noi è in costante aumento e ci garantisce 47 milioni di euro del nostro fatturato».


Fra i principali prodotti di Lattebusche ci sono quattro Dop: il Grana Padano, il Formaggio Asiago (Pressato e d'Allevo), il Montasio e il Piave; poi un'ampia gamma lattiero casearia fino al sorbetto. Novità all’orizzonte?
«Ultimo arrivato il latte biologico munto nell'area montana che va da Cortina a Sappada e che sarà presto seguito dai prodotti trasformati nella latteria di Padola in Comelico Superiore, da qualche mese in affitto di ramo d'azienda. Lassù trasferiremo tutta la lavorazione dei prodotti bio. Una nuova opportunità in cui crediamo molto e che vogliamo far crescere. Per ora in quell'area abbiamo una decina di produttori che conferiscono a noi il loro latte. Ma il numero sta crescendo».


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