Anche Eurotech sarà impegnata nella sfida del computer quantistico

La misura con altissima precisione della costante di gravità con un esperimento “quantistico”, apre la strada allo sviluppo di nuove tecnologie quantistiche, con le relative applicazioni in diversi campi. «Dai risultati delle ricerche pubblicate nell’ultimo anno, si può dire che si è ormai molto vicini alla realizzazione dei computer quantistici su scala industriale»

AMARO (UD) - «La sfida quantistica è sempre più aperta e vicina ad uno dei suoi risultati finali: la produzione industriale dei computer quantistici, in grado di affrontare calcoli molto complessi e in grado di aumentare la sicurezza delle comunicazioni digitali. Nei prossimi 3-5 anni, anche Eurotech, potrà prendere in considerazione queste tecnologie».

Lo afferma Roberto Siagri, ad di Eurotech, l’azienda quotata in borsa, impegnata nella progettazione e commercializzazione di piattaforme IoT (Internet of things) e computer ad elevate prestazioni (Hpc).

Lo dimostrano i risultati del recente esperimento, pubblicato dalla rivista ‘Nature Communication’, dal titolo: ‘Magia Advanced, in cui, per la prima volta è stata misurata l’accelerazione di gravità per atomi in stati quantistici.

«La misura con altissima precisione della costante di gravità con un esperimento “quantistico”, apre la strada allo sviluppo di nuove tecnologie quantistiche, con le relative applicazioni in diversi campi. Dai risultati delle ricerche pubblicate nell’ultimo anno, si può dire che si è ormai, molto vicini alla realizzazione dei computer quantistici su scala industriale: la vera sfida, nel campo dei computer, per il prossimi futuro. La mia stima è che nei prossimi 3-5 anni, queste tecnologie usciranno dai laboratori e anche le imprese, come la nostra, potranno cominciare a prenderle in considerazione - spiega Siagri, che intravede l’enorme potenziale della fisica quantistica applicata ai calcolatori -. Non dobbiamo considerare il computer quantistico come una semplice evoluzione del computer attuale, ma come un dispositivo complementare, nuovo, in grado di affrontare calcoli estremamente complessi e specifici. Niente più bit zero e uno dunque, perché in questo ambito si parla di qbit, ovvero bit quantistici e che infatti non sono più solo o zero o uno ma anche uno e zero contemporaneamente. Su questa sovrapposizione di stati si fonda il nuovo paradigma di calcolo. Sembra poco ma se questo concetto lo si estende a tanti bit quantistici la potenza di calcolo cresce, rispetto a quella dei calcolatori classici, in modo esponenziale e il consumo di energia si riduce invece a qualche frazione visto che non ho più correnti elettriche per fare calcoli quantistici».

La componente di base di ogni computer, il transistor, è stata con il tempo rimpicciolita sempre di più per permetterne di ridurre i costi, semplificare i progetti e aumentare la potenza computazionale complessiva disponibile.

Questo processo si ferma più o meno quando il singolo transistor raggiunge le dimensioni atomiche: in quel caso bisogna considerare le leggi della fisica quantistica, che sono completamente diverse da quelle cosiddette classiche.

Senza contare che, a quelle dimensioni, la densità di energia del chip di silicio supera quella delle stelle, rendendo cosi molto difficile la loro realizzazione pratica.

I limiti del comportamento classico a dimensioni atomiche ha spinto la ricerca verso lo sviluppo dei computer quantistici, che si basano sullo stato di polarizzazione delle particelle: elettroni o fotonì.

Non si ha a che fare con un trasporto di elettroni, ovvero correnti elettriche, ma con il loro stato quantistico detto di spin.

Si entra in un campo fisico in cui non è più possibile conoscere con precisione lo stato di una particella, che presenta contemporaneamente più stati possibili, almeno fino a quando non la si misura. Il mondo della meccanica quantistica prevede inoltre che, se due particelle sono state in contatto, serberanno questo ricordo anche quando saranno disgiunte e al cambiare dello stato di una, cambierà lo stato dell’altra.

Il così detto ‘entanglement’ che aveva infastidito Einstein, tanto da indurlo a non credere fino in fondo alla meccanica quantistica e che lo portò a dire: ‘Dio non gioca a dadi’.

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