«Anche a Nordest non sopravvive il più forte, ma chi è predisposto al cambiamento»

«A sopravvivere non è la specie più forte o la più intelligente, ma quella più predisposta al cambiamento». L’incipit è darwiniano, non darwinista, e a fornire la chiave di lettura non è la critica, ma l’autore stesso di “L’Onda Perfetta.
Cavalcare il cambiamento senza esserne travolti”, (Luiss University Press, 2020, pag 148, 14 euro), l’ultima fatica dell’economista Marco Magnani. Attivo da trent’anni tra Europa e Stati Uniti, Magnani è docente di “Monetary&Financial Economics” e di “International Economics” alla Luiss e “Senior Research Fellow” alla Harvard Kennedy School. Penna molto prolifica, collabora con il Sole24Ore e quest’anno è già alla sua seconda pubblicazione.
Prima dell’Onda perfetta, infatti, aveva già dato allo stampe (per Utet) “Fatti non foste a viver come robot”, un saggio dove ha affrontato, da un’altra chiave di lettura, gli stessi temi di fondo al centro del suo ultimo libro, quello del cambiamento, della globalizzazione, e delle strategie per affrontarli senza esserne travolti.
Di cavalcare l’onda, in sostanza, per provare a entrare in quel mondo, come suggerisce lo stesso Magnani citando Marchionne, «dove le persone non aspettano che le cose accadano, ma le fanno accadere».
Darwin, cioè il mercato come selezione naturale? Tutt’altro, risponde Magnani: «A sopravvivere nel lungo periodo non è la specie più forte, ma quella più capace di adattarsi ai cambiamenti. Vale per le imprese, ma anche per i distretti, per i territori, per interi Paesi». Nel libro gli esempi negativi e positivi si sprecano: Fujifilm e Kodak, Netflix e Blockbuster, Nokia, Motorola e Blackberry contrapposte a Ibm.
«Kodak era più forte di Fujifilm, Blockbuster, un impero di cui oggi è rimasta solo una vecchia insegna in una sperduta cittadina dell’Idaho, aveva addirittura rifiutato di salvare Netflix, che allora noleggiava film. Sappiamo com’è andata a finire».
Non chiamatele soltanto sliding doors. «Il caso può metterci lo zampino, ma non eccediamo in fatalismo. L’Olanda, che è storicamente la capitale mondiale della floricoltura, sarebbe stata spazzata via dalla concorrenza a basso costo di Kenya e Colombia, se non si fosse mossa in anticipo per creare università e tribunali dei fiori, centri di trading, investire su fattori che le hanno poi consensito di conservare la sua leadership. Vale anche per paesi come Israele, Sud Corea, Finlandia, Singapore, resi più resilienti e più coraggiosi da quello che nel mio libro definisco “fear factor”, fattore paura, cioè dalla vicinanza di nemici potenzialmente mortali».
Per Magnani, profondo conoscitore dell’economia del Nordest, lo stesso metro può essere applicato anche per comprendere l’evoluzione dei distretti. A giocare d’anticipo sul futuro non sono soltanto gli Steve Jobs o i Bill Gates, ma anche chi sa leggere per tempo le dinamiche del mercato in cui opera: «Quello che hanno saputo fare nel Distretto del Livenza, per citare un esempio a voi vicino, ma non a Manzano».
In un mondo dove la frequenza delle rivoluzioni industriali e tecnologiche è aumentata esponenzialmente, e dove i vantaggi acquisiti durano molto meno che in passato, anche ciò che appare come una catastrofe può essere un’opportunità. Covid compreso? «Certo, e se vuole chiedermi come sta reagendo l’Italia, credo che siamo stati bravi a non farci travolgere e costruire le mura davanti allo tsunami.
L’impressione, però, è che siamo fermi alla fase della resistenza. Quello che ancora non si vede è la resilienza: abbiamo costruito le mura, per citare un proverbio cinese, non i mulini a vento. Uscendo dalla metafora, e tornando all’economia, mancano quei fattori che saranno decisivi, in una fase che si annuncia di globalizzazione debole e di accorciamento delle catene di produzione, non solo per far tornare a casa le aziende che hanno delocalizzato, ma anche per attrarre sull’Italia nuovi investimenti esteri.
Meno fisco, meno burocrazia, più infrastrutture fisiche e digitali, più investimenti sul green e sull’economia circolare. Senza dimenticare la sanità, presidio fondamentale in un’era dove le epidemie rappresentano la nuova grande sfida».
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