A volte ritornano, il libro di Francesco Giacomin: i corpi intemedi si riaffacciano sulla scena

A volte ritornano. Riemerge il ruolo dei corpi intermedi, dopo un trentennio in cui era stato schiacciato dalla stagione esasperata del leaderismo ad oltranza, della personalizzazione dei ruoli pubblici, dell’uomo solo al comando. Ne dà conto con profondità di analisi un protagonista di lungo corso della passata esperienza, con mezzo secolo di militanza nell’associazionismo di categoria ma anche nell’impegno politico.
Francesco Giacomin, trevigiano, la rivisita nel suo “Il ritorno della rappresentanza dei corpi intermedi – Una storia ancora da raccontare” (con prefazione di Dario Di Vico e analitica postfazione di Paolo Feltrin; Posteditori srl), con una corposa rilettura della sua qualificata esperienza, in primis i vertici di Confartigianato. Già il titolo, con quella parola-chiave “ritorno”, suggerisce che non si tratta peraltro di un saggio con lo sguardo nello specchietto retrovisore: l’autore coglie bene i primi sia pur ancora timidi segnali di un’inversione di tendenza, che portano alla riscoperta di quei corpi intermedi che sono stati il cemento della prima Repubblica, specie nella straordinaria fase dei cantieri di un Paese devastato dal fascismo e dalla guerra, e giunto a essere in solo trent’anni la settima potenza industriale del mondo.
Il fatto è che oggi il sistema prodotto dalla cosiddetta seconda Repubblica mette impietosamente a nudo tutti i suoi limiti, con un debito pubblico tra i più alti al mondo, un pacchetto di riforme essenziali eppure continuamente rinviato, una vistosa debolezza delle leadership, e non soltanto di quelle politiche.
Certo, per poter ricostruire quel tessuto intermedio che era stato soffocato occorre rivisitare i meccanismi della sua stagione migliore; e Giacomin lo fa con abbondanza di esempi, attingendo alla sua vasta esperienza in ruoli diversi. Ne esce l’immagine di una stagione indubbiamente dura ma costruttiva, fatta di scontri e confronti, lacerazioni e ricomposizioni, ma fondamentalmente risolta con una mediazione sapiente in cui alla fine a prevalere non era questa o quella parte, ma l’interesse collettivo, in nome del quale ciascuno rinunciava a qualcosa. Certo, erano ben altri tempi: la politica era solida e aveva basi robuste, il collateralismo la saldava con i principali corpi intermedi, gli interessi erano semplici ed essenziali.
Oggi la prima è di cartapesta, il secondo si è sbriciolato, i terzi si sono frammentati in modo esasperato. L’autore è ben consapevole che un ritorno dei corpi intermedi non può avvenire sulle stesse basi; d’altra parte, la situazione è prossima al capolinea, e non si può fermarsi ad aspettare un improbabile Godot.
La rappresentanza, che ha un ruolo strategico in ogni vera democrazia, è ormai scaduta in rappresentazione, e non solo la politica è ridotta a teatrino. In troppi si parlano addosso, incoraggiati in questa deriva da un’informazione scaduta in spettacolo, che si parli di politica come di economia, di cronaca e perfino di sport. I talk show sono diventati una scadente e ripetitiva ribalta dove non si va a ragionare, ma a parlare più forte degli altri.
Comincia ad affiorare il bisogno di concretezza, unita alla consapevolezza della complessità dei problemi. Il libro di Giacomin ha il merito di dare spazio a questo stato nascente, ricordando anche come lo scenario imposto dal Covid possa alla fine rappresentare un incentivo su questa strada, portando l’attenzione su un nuovo senso di interesse pubblico e collettivo. I corpi intermedi in tal senso possono essere l’occasione per capire che nessuna sfida si vince da soli. Insieme, invece, si può.
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